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Altro che boomer, sono i giovani i meno sgamati online

Una ricerca svela che gli utenti più giovani sono anche quelli che più spesso cadono vittima delle trappole online

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Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 25/09/2023 alle 13:34 - Aggiornato il 11/12/2023 alle 15:49
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I giovani adulti della Gen Z, persone nate tra la fine degli anni 90 e i primi anni ‘10, sono più facilmente vittima di truffe online rispetto ai loro padri. A suggerirlo è una recente ricerca di Deloitte (pubblicata da Vox), che mina la convinzione secondo cui i più giovani sono anche più bravi a usare le moderne tecnologie.

Una narrazione fondata sull’idea (tutta da dimostrare) che se sei un “nativo digitale” allora te la cavi meglio nell’uso della tecnologia. Sembra però che le cose stiano diversamente: secondo l’indagine di Deloitte “gli statunitensi della generazione Z hanno tre volte più probabilità di essere coinvolti in una truffa online rispetto ai boomers (rispettivamente 16% e 5%)”. Hanno anche “il doppio delle probabilità di subire l'hackeraggio di un account sui social media (17% e 8%)”.

Secondo un’altra ricerca, poi, è aumentato anche il costo delle truffe online ai danni di giovanissimi (meno di 20 anni): si passa da 8,2 milioni di dollari nel 2017 a 210 milioni di dollari nel 2022.

Le possibili spiegazioni sono più di una. Tanto per cominciare, i giovani usano la tecnologia più delle generazioni precedenti, e di conseguenza sono più esposti. In secondo luogo hanno una grande familiarità con i dispositivi, il che potrebbe alimentare un falso senso di sicurezza, che magari li spinge a preferire la comodità. In terzo luogo, è totalmente carente la parte educativa: non facciamo nulla per insegnare ai bambini e ai ragazzi come usare i dispositivi in sicurezza; devono imparare da soli, o al massimo da qualche genitore competente - che ovviamente non tutti hanno. Eppure a volte basterebbe poco, come applicare le buone pratiche relativamente alle password e ai password manager, e magari dotarsi di un buon antivirus.

Secondo Deloitte e Vox la differenza sta anche nel fatto che per la Gen Z certe tecnologie sono sempre state disponibili, mentre gli altri hanno imparato a usarle nel corso della vita. I più anziani quindi non sono necessariamente più bravi, ma sono apparentemente meno esposti ai rischi.

Vale la pena ricordare che l’essere giovani implica anche essere meno sensibili a rischi e pericoli; soprattutto per chi cresce in un ambiente tutto sommato sicuro. Prendersi rischi superflui fa parte della vita, di come siamo e come cresciamo; il cervello umano funziona così e non cambierà solo perché siamo passati da grossolani attrezzi di pietra a sofisticati smartphone multitasking.

In natura i cuccioli sono le vittime preferite dei predatori anche perché non hanno ancora imparato la prudenza. 

Sicuramente la dicotomia tra sicurezza e praticità ha un suo (notevole) peso specifico: se le app che usiamo ogni giorno chiedessero una conferma del login ogni volta, con tanto di token monouso, possiamo star certi che non ci sarebbero centinaia di milioni di persone che le usano ogni giorno.

Non possiamo immaginare uno scenario del genere, ma allo stesso tempo è evidente che bisogna intervenire; presto la Gen Alpha comincerà a essere connessa, e se il quadro non migliora la “questione sicurezza” potrebbe diventare un “incubo sicurezza”. Uno scenario che nessuno di voi vorrebbe affrontare.

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