Come raccontare una brutta esperienza.

Truffe e raggiri: usare Internet per chiedere aiuto senza passare dalla parte del torto.

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a cura di Tom's Hardware

"Quel negoziante è un ladro". Come raccontare una brutta esperienza.

Premesso che la materia è molto complessa e sarebbe necessario verificare ogni singolo caso, è bene rilevare che non basta essere querelati per diffamazione perché il procedimento si termini con una condanna, dovendo ricorrere tutti i presupposti di cui all'art. 595 c.p..

Il buon senso è uno strumento fondamentale in questi casi che spesso supera qualunque prescrizione della Cassazione.

Un po' di buon senso prima di criticare qualcuno su Internet evita molti problemi

Ad esempio, rivolgersi al negoziante, descrivendolo "ladro", "delinquente", "truffatore" per un ritardo di consegna, può essere certamente considerata una diffamazione a mezzo internet. Sappiamo infatti che il consumatore ha già una serie di strumenti da utilizzare in caso di problemi con gli acquisti (attraverso il modello di diffida ad adempiere) o nel recuperare il denaro perso (attraverso il modello di messa in mora) per tutelare in sede civile gli inadempimenti contrattuali di cui è stato vittima.

Infatti, il mancato rispetto dei termini di vendita, costituisce un illecito civile, di natura contrattuale, che non giustifica offese e denigrazioni all'onore e alla reputazione del negoziante. La critica quindi potrà anche essere "spietata" ma dovrà pur sempre rientrare nel buon senso.

Riportiamo alcuni consigli da tenere a mente che possono essere di riferimento per evitare di passare dalla parte del torto nel raccontare la propria esperienza.

Costituiscono diffamazione:

  • le informazioni false, meramente insinuanti, le subdole allusioni (anche se riportate in forma dubitativa);
  • le parole offensive, gli epiteti denigratori e gli accostamenti lesivi socialmente interpretabili come offensivi;
  • le informazioni denigratorie (se pur vere) che non rientrino nel pubblico interesse e non siano riportate con obiettività e correttezza di forma;
  • le frasi altrui con le caratteristiche di cui sopra, anche se riprese da altri e riportate tra virgolette.

Informazioni false, allusioni, parole offensive o denigratorie costituiscono diffamazione

    Vi è poi da tenere in considerazione le seguenti circostanze:

    • l'eventuale violazione del diritto all'onore viene valutato sia considerando le singole parole e sia nello scritto d'insieme;
    • l'individuazione dell'effettivo destinatario dell'offesa è condizione essenziale perché vi sia una rilevanza penale; perché possa configurarsi la fattispecie, è sufficiente che il destinatario sia determinato o determinabile anche se non viene direttamente esplicitato il nome;
    • poiché la "ditta" non è altro che il nome sotto il quale l'imprenditore esercita l'attività commerciale, l'addebito infamante rivolto all'impresa è riferibile in modo immediato e diretto all'imprenditore; in questo senso, la capacità di essere titolari dell'onore sociale e di essere soggetti passivi del reato non può essere esclusa anche nei confronti di entità giuridiche di fatto;
    • per configurare il reato non è necessaria l'intenzione di offendere la reputazione (animus diffamandi) ma basta il dolo generico, cioè la volontà di usare espressioni offensive con la consapevolezza di offendere l'altrui reputazione (sez. 5 sent. 28661 del 30-06-2004).