Flippy, il robot dei fast food che ruba altro lavoro

Miso Robotics ha presentato Flippy, un robot che sa cuocere gli hamburger. Se saremo sostituiti dagli automi anche in cucina che futuro ci aspetta?

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a cura di Alessandro Crea

Una volta, d'estate, quando si andava ancora a scuola o all'università, per avere qualche guadagno extra da spendere per sé si andava spesso a lavorare "al McDonald's", indicando genericamente lo svolgimento di un "lavoretto" di sostentamento, in una tavola calda o in un pub. Ma se presto i robot ci sostituiranno anche in questi compiti di base che sarà di noi, del nostro lavoro. E delle nostre adolescenziali vacanze estive?

flippy miso robotics 2

Un'azienda chiamata Miso Robotics infatti ha presentato Flippy, una macchina robotizzata definita "assistente di cucina", che, almeno stando al video, sa occuparsi perfettamente degli hamburger. Non sappiamo se al momento sappia fare anche altri piatti ma immaginiamo che essendo programmabile e dotata di accessori intercambiabili, in futuro possa ulteriormente evolversi. È solo questione di tempo. Flippy "vede" gli hamburger grazie a delle telecamere, mentre il programma di cui è dotato è in grado di valutarne lo stato di cottura, decidendo quand'è il momento di girarli o di toglierli dalla griglia.

Nel video tutti sono felici dell'arrivo di Flippy, il proprietario del locale che può così ottimizzare la linea di produzione e il ragazzo, che invece di star lì a girare gli hamburger può dedicarsi alla parte "creativa", preparando il prodotto finale in tutte le sue varianti. In realtà però la presenza del robot significa che un secondo ragazzo non sarà mai assunto, perché tanto c'è Flippy.

Il futuro è questo, è inutile nascondersi dietro a un dito, magari non sarà domani o tra due anni, ma in prospettiva il prossimo decennio segnerà una rivoluzione nel mondo del lavoro, che vedrà un'automazione sempre più spinta in molti settori, soprattutto nei lavori manuali.

Per com'è organizzata la nostra società attuale e il nostro sistema economico però se non si lavora non si guadagna uno stipendio, con tutte le conseguenze ovvie. Che farà questa massa crescente di disoccupati del futuro? Una ricetta univoca al momento non c'è. Da molte parti si parla di reddito di cittadinanza o di tassazione sul lavoro robotizzato o di pagamento dei contributi da parte dei robot per compensare la perdita di lavoro umano, ma non è ancora chiaro se si tratti di misure davvero sostenibili da un punto di vista economico e sociale.

Una soluzione interessante è il dividendo nazionale, di cui ha recentemente parlato l'ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis. L'idea è che ogni azienda, pubblica e privata, destini parte delle sue azioni a un trust pubblico, trasformando così di fatto ciascun cittadino in un azionista. In pratica si tratterebbe di redistribuire a ciascun membro della nazione una porzione uguale di utile derivato dalla capacità produttività complessiva di tutta la società d cui fa parte. Secondo questa concezione, tutte le aziende che traggono profitto dalle risorse naturali o artificiali - compresi gli investimenti a lungo termine per sviluppare i robot - siano considerate come capitale sociale e dovrebbero quindi contribuire al benessere dell'intera società.

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In questo modo la robotizzazione del lavoro potrebbe andare avanti senza tassazioni che disincentivino sviluppo e ricerca, e senza necessità di redditi di base o di cittadinanza che dir si voglia, difficili da sostenere. Inoltre grazie al dividendo nazionale anche un'economia completamente automatizzata sarebbe in grado di mantenere tutti, perché sarebbero i robot a lavorare per noi e a produrre ricchezza.

Non mancano però anche le preoccupazioni "etiche": cosa farebbero quotidianamente queste masse di uomini liberati dal lavoro quotidiano? Non tutti avrebbero infatti aspirazioni artistiche o creative o amerebbero viaggiare, conoscere e crescere come esseri umani e molti temono che la società finirebbe nell'accidia e nell'ingordigia. Finiremo come in Zardoz di John Boorman? Non possiamo saperlo, quel che è certo è che l'automazione del lavoro procederà e prima o poi si renderà necessario un cambiamento sociale ed economico per far fronte alle masse crescenti di disoccupati.