Il P2P non danneggia musica e film, sono tutte scuse

Drew Wilson firma un'analisi sul file sharing e i suoi effetti sul mercato musicale: per i produttori non ci sono veri danni, ma gli avvocati aiutano a contenere la concorrenza e rinviare un inevitabile cambio nel paradigma economico.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Il file sharing non ha effetti negativi sul mercato di musica e film, e i produttori farebbero meglio a innovare le proprie attività e a trovare un modello di business moderno. Perseguire legalmente il P2P è semplicemente una causa persa, che non porta da nessuna parte. Affermazioni che abbiamo sentito altre volte, ma in questo caso si tratta delle conclusioni di Drew Wilson, che ha analizzato ben 20 studi sull'argomento.

Il punto di partenza è il cosiddetto Studio Phoenix, l'insieme di ricerche sul file sharing con cui si cercava di sostenere la discussa legge SOPA, poi bocciata. Stando alle elaborazioni di Wilson e colleghi, non sarebbe quindi una questione di profitti, ma piuttosto un tentativo di limitare la concorrenza e l'innovazione, e di conservare un modello di business ormai inadatto ai tempi.

Wilson trae le proprie conclusioni dopo un'analisi incredibilmente estesa pubblicata in ben diciannove parti, ognuna delle quali affronta un diverso studio su uno specifico argomento. Le sue conclusioni sono riassunte in un'essenziale serie di coppie dicotomiche riassunte di seguito:

I pirati catturarono molte navi, ma il commercio era comunque fiorente

Affermazione: Creare leggi per bloccare le infrazioni online è una scelta apprezzata dai politici (il riferimento è a leggi come SOPA, ACTA e simili).

Fatto: Non ci sono basi scientifiche che possano sostenere tali leggi. Il miglior approccio al file sharing non è nella legge, ma nel cambio del modello di business per adattarsi all'ambiente digitale. "Anche se molti indicano il prezzo (come variabile determinante, NdR), alcuni suggeriscono di provare a cercare nuovi modi di vendere musica, com'è accaduto con iTunes".

Affermazione: Il file sharing è come un furto, toglie stimoli alla creatività, e nel tempo riduce la quantità di lavori creativi.

Fatto: Nella parte 8 della serie di analisi si dimostra che ciò è falso. Non ci sono prove che colleghino la riduzione in quantità di lavori creativi e il file sharing. Se c'è stato un declino, è una tendenza iniziata da prima di Napster. Molti studi indicano un aumento dei profitti per gli artisti nel periodo considerato, e che solo i più ricchi e famosi possono aver subito un mino danno (parte 19).

Affermazione: È provato che il file sharing riduce le vendite legali.

Fatto: "Un classico caso di errore per omissione. Abbiamo scoperto che ci sono molte ragioni per cui le vendite di musica erano già in calo all'inizio degli anni 2000. Le spiegazioni includono l'aumento in altri settori dell'intrattenimento, il ritorno al modello dei singoli e il ridotto potere acquisitivo dei consumatori". Non è quindi il file sharing a ridurre le vendite, ma altri fattori.

Un pirata ci guarda con aria di sfida

Affermazione: Il file sharing è un danno sociale che dev'essere fermato.

Fatto: L'affermazione si basa sul principio sbagliato secondo cui a un download equivale una vendita persa. Non è così, e nel peggiore dei casi si perdono 2 dollari per album.

Affermazione: Tutte le perdite dell'industria dell'intrattenimento sono causate dal file sharing.

Fatto: Ci sono troppe variabili di mercato per sostenere un'affermazione del genere, che è del tutto infondata. Ci sono altre spiegazioni per ogni possibile perdita, e anche un noto e documentato effetto benefico sulle vendite del file sharing.

A quanto pare non ha fatto poi molti danni

Affermazione: Si dovrebbe parlare di come fermare (con leggi apposite, NdR) il file sharing online e le violazioni di copyright, e abbandonare l'idea che il furto di proprietà intellettuale non causi nessun danno.

Fatto: È un problema meramente di affari, non legale. Persino i processi sono stati etichettati, nella maggior parte, come dei fallimenti. Nella migliore dei casi la pressione legale potrebbe funzionare se ci fosse un'alternativa legale al file sharing. Uno studio in particolare (Parte 9) ha evidenziato che la cause legali favoriscono in modo ingiusto le società a svantaggio dei consumatori.

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Insomma, la lotta contro il P2P a colpi di avvocati è inutile. Non solo, a leggere le parole di Drew Wilson si tratterebbe di una causa persa in partenza, il cui unico scopo ed effetto è quello di mascherare un'altra verità: l'industria dell'intrattenimento digitale non può andare avanti così, perpetrando un modello economico troppo vecchio e inadatto ai tempi moderni.

Il problema di fondo? Cambiare modello economico significa quasi certamente accettare una riduzione dei profitti, almeno in un primo momento. Piuttosto che affrontare tale eventualità le major sono pronte a trascinare in tribunale chiunque, perché guadagnare un po' meno, per una moderna corporation, è più o meno come dire a chi usa Android o iOS che dovrebbe usare un po' di più l'altro sistema prima di giudicare; meglio farlo con un armatura addosso.

Invitiamo chi voglia approfondire a leggere il post su zeropaid.com, dove si trovano anche numerosi collegamenti alle analisi precedenti che hanno portato a questi risultati (molti dei contenuti linkati sono a pagamento).