Indagini e leggi sulla privacy

Abbiamo chiacchierato con Luciano Ponzi e scoperto quanto la tecnologia pesi nell'investigazione privata.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

In chiusura vale la pena ricordare che in Italia e altrove esistono leggi precise per quanto riguarda la privacy dei cittadini. "Come investigatori siamo anche noi nell'occhio del ciclone quando si parla di privacy, ma è giusto così. Io sono per le regole: se tutti le rispettassero non ci sarebbe l'amico del giaguaro che passa le informazioni all'investigatore. Invece c'è quello che riesce ad avere tutto, quello che non riesce ad avere niente, e c'è una sorta di concorrenza sleale perché c'è quello che riesce a farsi fare il favore dall'amico".

Questo significa che alcuni forzano le regole, o le violano apertamente per arrivare dove altri non possono. Ad esempio in Italia non è possibile, ufficialmente, visionare la dichiarazione dei redditi di un privato – ma in altri paesi sì, citando il numero del caso.

Una penna elegante, ma anche qualcos'altro

Oltre a quanto detto nelle pagine precedenti, Luciano Ponzi suggerisce a tutti di "non diventare paranoici come alcuni che vengono da me. È inutile diventare maniaci del controllo, non si vive bene. Agli utenti privati consiglio innanzitutto di esporsi il meno possibile: io non ho un profilo Facebook personale né uno aziendale", che pure aiuterebbe a trovare nuovi clienti, "non che abbia niente da nascondere, ma la mia vita privata è privata. Lo dico pur essendo conscio che con il telefono, il telepass o la carta di credito siamo monitorati e controllati in ogni momento".

"Contro gli spioni illegali o abusivi non bisogna esporre il fianco; il problema del furto d'identità è più sentito in Usa che da noi, ma anche qui ci sono hacker che ci mettono molto poco a rubare informazioni". Bastano poche buone abitudini a stare tranquilli, come distruggere la posta cartacea prima di buttarla, o non cliccare mai su link in posta elettronica anche se i messaggi che li contengono sembrano affidabili.

I più determinati a difendere la riservatezza delle proprie comunicazioni possono comunque scegliere i migliori strumenti crittografici disponibili, come per esempio il Blackphone presentato di recente. Seguire questa strada mette ben al riparo da occhi indiscreti, ma è bene comprendere che non ci si guadagna così una protezione totale anche dalla sorveglianza da parte delle Forze dell'Ordine.

Blackphone

La nostra legge infatti ammette che, se c'è l'ordine di un giudice, ogni comunicazione dev'essere esaminabile. Siamo di fronte quindi a un'ambiguità legale con le comunicazioni crittografate, che in linea di massima non sono "scardinabili" a meno d'investimenti di risorse enormi.

Ecco perché Luciano Ponzi sottolinea che "non c'è il diritto alla riservatezza delle comunicazioni in Italia, tu devi essere controllabile. Non c'è la libertà che hanno negli USA, dove ti puoi prendere una SIM non intestata senza documenti". Siamo ovviamente liberi di usare un Blackphone o un BlackBerry blindato da 2.700 euro, che di certo rendono tutte le nostre comunicazioni molto più sicure. Ma è una scelta da fare con la consapevolezza che non ci sono garanzie assolute.