Venere come meta per l'Uomo, terra di fuoco e ghiaccio

Gli studi e i progetti esplorativi su Venere si moltiplicano: ecco il punto fra ghiacci, vulcani e dirigibili per le colonie umane.

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a cura di Charles Q. Choi

Venere è una delle destinazioni prioritarie individuate dal National Research Council statunitense, che fra le altre cose definisce le priorità scientifiche in blocchi di 10 anni. L'interesse verso questo Pianeta, spesso definito "la sorella della Terra", non è una novità: uno studio pubblicato nel 2013 sulla rivista Science rivela che Venere potrebbe addirittura essere candidato ad ospitare la vita, in virtù della presenza di vapore acqueo nell'atmosfera, che potrebbe essere sufficiente per mantenere al suo interno una temperatura sostenibile.

venus surface magellan spacecraft
Venere

L'informazione ai tempi fece scalpore perché secondo le misurazioni fatte finora le condizioni su questo pianeta sarebbero tutto fuorché sostenibili. La temperatura media al suolo, misurata per la prima volta dal lander sovietico Venera 7 nel 1970, è di 460 gradi centigradi. La pressione è di circa 90 atmosfere terrestri, ossia analoga a quella che sulla Terra si misura a 900 metri sotto la superficie dell'Oceano.

Nonostante questo fervono le ricerche e i progetti relativi a Venere, che riepiloghiamo in questo articolo includendo le ultime novità per tenervi informati su quello che accade nella ricerca spaziale.

Aerei e dirigibili per Venere

L'azienda aerospaziale Northrop Grumman Corporation sta sviluppando un aereo gonfiabile a elica per una crociera di lunga durata nei cieli sulfurei di Venere e si sta preparando a realizzare un concept da far partecipare al prossimo concorso NASA New Frontiers.

Northrop ritiene che il suo Venus Atmospheric Maneuverable Platform (VAMP) abbia le carte in regola per aggiudicarsi il finanziamento di 1 miliardo di dollari in palio. Il concorso avrà inizio il 1 ottobre, in concomitanza con l'avvio del nuovo anno fiscale 2016, e la missione che si aggiudicherà in finanziamento dovrebbe essere pronta per decollare nel 2021.

VAMP (Venus Atmospheric Maneuverable Platform)
VAMP (Venus Atmospheric Maneuverable Platform)

Quello che più assomiglia al un prototipo di VAMP oggi è una coppia di ali ultraleggere costruita nel 2008 e nel 2010 da L.Garde Inc., azienda californiana partner di Northrop, per l'iniziativa Rapid Eye della Defense Advanced Research Projects Agency. Stiamo parlando di un esperimento - che non ebbe seguito - finanziato dal Pentagono che mirava a creare un drone pieghevole trasportato da un razzo, capace di recarsi nei luoghi di ricognizione ovunque sulla Terra in un'ora dal lancio.

Le due ali fabbricate da L.Garde, che consistevano essenzialmente in telai leggeri rivestiti con una "pelle" ultrasottile, non sopravvivrebbero nell'atmosfera venusiana, e sono state testate nella galleria del vento, ma non in cielo. La più grande delle ali era di circa 2 metri, mentre VAMP dovrebbe avere un'apertura alare di 55 metri. Ron Polidan di Northrop reputa tuttavia che avrà tutto il tempo per far fronte all'obiettivo, anche se attualmente VAMP è in sostanza solo un "proof of concept".

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Però c'è da dire che se al suolo le condizioni sono quelle che abbiamo descritto all'inizio dell'articolo, qualche decina di chilometri più in alto le cose sembrano diverse. È per questo che a fine 2014 la NASA aveva messo in cantiere un progetto per portare dirigibili nell'atmosfera superiore di Venere. Stando ai dati di cui siamo in possesso, volando a un'altitudine compresa fra 50 e 70 chilometri sopra alla superficie di Venere la pressione è di circa 1 atmosfera, ossia la stessa sulla Terra a livello del mare. A questa quota anche la temperatura dovrebbe essere più sopportabile.

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Il piano di massima è di iniziare con l'esplorazione robotica, poi in una seconda fase inviare una missione con equipaggio in orbita per 30 giorni, e se tutto dovesse procedere senza problemi spedire una seconda missione in atmosfera per 30 giorni. La quarta fase sarebbe la permanenza in atmosfera per un anno, per arrivare alla quinta e ultima fase, che contempla uno stanziamento umano permanente a bordo di dirigibili lunghi circa 130 metri, rivestiti con pannelli solari, che dovrebbero essere spediti in loco ripiegati all'interno di un veicolo spaziale, prima dell'arrivo degli equipaggi.