Le metropoli di tutto il mondo stanno vivendo una trasformazione profonda della mobilità urbana, e il protagonista di questa rivoluzione non è l'auto elettrica tanto pubblicizzata dai colossi tecnologici, ma un mezzo molto più antico e sorprendentemente efficace: la bicicletta. Secondo un'analisi dell'Economist, le due ruote stanno conquistando spazi che sembravano definitivamente perduti a favore delle automobili, grazie soprattutto alla diffusione delle versioni a pedalata assistita. Il fenomeno sta ridisegnando gli equilibri della mobilità dal Nord America all'Asia, passando per l'Europa e persino l'Africa, dove le moto-taxi elettriche stanno diventando sempre più comuni.
Sempre più diffuse
I numeri raccontano una storia chiara: a Tokyo il 23% dei professionisti ha abbandonato i treni affollati per pedalare verso l'ufficio, mentre nel cuore finanziario di Londra le biciclette superano ormai le automobili con un rapporto di due a uno durante le ore diurne. Il settimanale britannico The Standard certifica che l'uso delle due ruote nella capitale inglese è cresciuto del 57% in appena due anni. Ma è forse il confronto con i taxi a guida autonoma a rendere meglio l'idea delle proporzioni del fenomeno: Waymo, l'azienda di Alphabet, si vanta di effettuare 250mila corse settimanali, eppure a New York il sistema di bike sharing raggiunge lo stesso risultato in soli tre giorni.
La capitale francese rappresenta un caso emblematico di questa trasformazione urbana. Sotto la guida della sindaca Anne Hidalgo, che ha fatto della mobilità sostenibile una priorità politica, Parigi ha visto le biciclette superare moto e scooter nell'intero territorio cittadino. Il sistema di bikesharing parigino da solo totalizza quasi quanti noleggi l'intera sharing mobility italiana, un dato che evidenzia il divario ancora esistente nel nostro Paese. A Copenhagen la rivoluzione è ancora più avanzata: circa metà della popolazione usa la bici per andare a scuola o al lavoro, mentre a Montreal un quinto di tutti gli spostamenti urbani avviene su due ruote, con un terzo dei residenti che pedala almeno una volta a settimana.
E l'Italia?
Anche l'Italia sta gradualmente abbracciando questo cambiamento, sebbene con ritmi e numeri ancora lontani dalle realtà europee più virtuose. Le bici elettriche vendute nel nostro Paese sono aumentate del 40% rispetto al 2019, raggiungendo quota 274mila unità l'anno scorso, contro circa un milione di biciclette tradizionali. Gli italiani hanno percorso complessivamente 25 milioni di chilometri sulle bici a noleggio, ma Milano, che guida la classifica nazionale con diecimila bici elettriche in bikesharing, seguita da Roma con 7.000 e Bologna con 2.700, resta comunque distante dai parametri delle grandi città europee.
L'Economist individua tre fattori chiave dietro questa rinascita delle due ruote. Innanzitutto l'eredità del Covid, che ha spinto molte persone a evitare i mezzi pubblici affollati preferendo soluzioni individuali. In secondo luogo, lo sviluppo tecnologico ha reso le e-bike più accessibili ed economiche, eliminando ostacoli pratici significativi: con la pedalata assistita si può arrivare in ufficio senza sudare o dover cambiarsi, e diventa più facile trasportare bambini o spesa. A Chicago, per esempio, le e-bike del sistema Divvy vengono utilizzate il 70% in più rispetto alle biciclette tradizionali, nonostante il costo superiore, rendendo finalmente redditizi i servizi di bike sharing.
Il terzo elemento decisivo è rappresentato dalle infrastrutture dedicate. Le piste ciclabili separate non sono un vezzo urbanistico ma una necessità concreta: come spiega il settimanale britannico, le biciclette quasi scomparvero a metà del Novecento non solo perché le auto erano più veloci e comode, ma soprattutto perché rendevano pericoloso circolare su due ruote. I sondaggi dimostrano che il numero di ciclisti è più elevato nei Paesi dove chi pedala si sente sicuro, al riparo da conducenti distratti o aggressivi al volante di suv sempre più ingombranti.
Piste ciclabili: l'infrastruttura necessaria
Ed è proprio la carenza di piste ciclabili protette uno dei motivi principali per cui nelle grandi città italiane la bici resta meno diffusa rispetto alle corrispettive europee. Le cifre sugli incidenti sono eloquenti: l'anno scorso in Italia sono morti 185 ciclisti, contro gli 82 del Regno Unito, che pure ha una popolazione maggiore. A questo si aggiunge una certa resistenza culturale degli italiani all'uso del casco, fattore che contribuisce alla pericolosità. Le città storiche, come molte di quelle del nostro Paese, affrontano oggettivamente maggiori difficoltà nel creare corsie separate e devono spesso adattare le strade esistenti, imponendo limiti di velocità o restrizioni al traffico automobilistico.
È qui che la questione tecnica diventa inevitabilmente politica. Fare spazio alle bici viene percepito come sottrarre territorio alle automobili, scatenando vere e proprie guerre culturali che l'Economist definisce caratteristiche di "qualsiasi tecnologia rivoluzionaria". In molte città italiane, a partire da Milano, le forze politiche di destra hanno costruito campagne elettorali sulla promessa di rimuovere le piste ciclabili, presentate come un fastidio inutile. Questo approccio ideologico ignora però i vantaggi concreti che il settimanale britannico attribuisce alle biciclette: sono altamente efficienti dal punto di vista energetico, costano pochissimo, riducono traffico e inquinamento ed eliminano la necessità di enormi parcheggi.
In sostanza, le biciclette ottengono risultati che i dirigenti dell'industria automobilistica e i magnati della tecnologia si aspettavano dalle auto elettriche, ma a costi infinitamente inferiori e con il vantaggio aggiuntivo di contrastare la sedentarietà, diventata una seria minaccia per la salute pubblica. Dalle strade di Pechino, dove le bici stanno tornando dopo anni di dominio automobilistico, a quelle di Dacca in Bangladesh, dove proliferano i risciò elettrici, il messaggio sembra chiaro: rendere le città meno trafficate, meno inquinate e più vivibili richiede scelte pragmatiche piuttosto che battaglie ideologiche sulla mobilità del futuro.