L'Italia si trova di fronte a un paradosso giuridico che rischia di mandare in tilt l'intero sistema delle multe stradali. Dopo 33 anni di attesa, il decreto ministeriale che dovrebbe stabilire i criteri per l'omologazione degli autovelox non è mai stato adottato, lasciando tutti i dispositivi di rilevamento della velocità in una zona grigia normativa. La conseguenza è che ogni multa elevata tramite questi strumenti può essere impugnata con successo, creando un caos amministrativo e giuridico senza precedenti.
La situazione si è ulteriormente complicata il 19 aprile 2024, quando la Cassazione ha "certificato" definitivamente il problema. In quella data storica, la Suprema Corte ha stabilito che omologazione e approvazione sono due procedimenti completamente diversi e, mancando la prima, le sanzioni devono essere annullate. Da quel momento, una valanga di pronunce successive ha confermato questo orientamento, arrivando persino a disporre la restituzione dei punti sottratti dalle patenti.
Ma proprio quando sembrava che la questione avesse trovato una direzione chiara, ecco il colpo di scena. Due ordinanze firmate nello stesso giorno dalla stessa sezione della Cassazione, con lo stesso relatore, hanno creato una contraddizione che lascia automobilisti e operatori del settore nel più totale smarrimento. La prima conferma l'annullamento delle multe senza ulteriori complicazioni, la seconda alza drasticamente l'asticella richiedendo anche una querela di falso contro chi ha redatto il verbale.
Mauro Renna, professore ordinario di diritto amministrativo all'Università Cattolica di Milano, non nasconde la sua perplessità:
"La Corte costringe i sanzionati a proporre ben due giudizi, peraltro dall'esito positivo sicuro, dato che è falso che gli autovelox possano essere stati omologati secondo quanto previsto dalla legge".
Un aggravio che colpisce il cittadino per un'inadempienza dello Stato stesso. Il meccanismo è diventato kafkiano: se nel verbale compare la parola "omologato", quella dichiarazione fa piena prova grazie alla fede privilegiata di cui gode, costringendo chi vuole contestarla a intraprendere un'azione legale complessa e onerosa. Se invece la parola non c'è, la sanzione può cadere con una semplice opposizione.
Luigi Altamura, comandante della Polizia Locale di Verona e referente Anci, ha già preso le sue contromisure:
"Ho già fatto eliminare dai nostri verbali la dizione omologato, ma siamo tutti sospesi perché continua a mancare il decreto ministeriale da 33 anni".
La sua frustrazione rispecchia quella di migliaia di colleghi in tutta Italia, costretti a operare in un limbo normativo che mina alla base la loro autorità.
La provocazione di Giordano Biserni, presidente dell'Asaps, suona come un ultimatum: "Se è così, basta. Spegniamo tutto". Le sue parole arrivano dopo un weekend che si è chiuso con 37 vittime sulle strade italiane, record negativo del 2025. La contraddizione è stridente: da una parte l'emergenza sicurezza stradale, dall'altra un sistema di controlli che rischia il collasso per questioni burocratiche.
Il vuoto normativo ha già prodotto effetti concreti. Un Comune di una grande città italiana è stato condannato in primo grado proprio per questa vicenda, confermando che non si tratta più di ipotesi accademiche ma di una realtà giudiziaria consolidata. Nel frattempo, gli introiti messi a bilancio dalle amministrazioni locali rischiano di trasformarsi in perdite secche, considerando che le spese per redigere e notificare le multe saltano per via delle pronunce dei giudici.
Nei mesi scorsi, il governo aveva tentato una soluzione inviando a Bruxelles una bozza di decreto sul tema, ma dopo le polemiche è stata ritirata dal Ministero delle Infrastrutture. Il risultato è un sistema paralizzato dove ogni multa diventa un azzardo e dove i comandanti della Stradale e della Municipale rischiano di essere trascinati in tribunale per colpe non loro.
Come sottolinea il professor Renna, la legalità vale per tutti, anche per lo Stato. Ma mentre si attende da oltre tre decenni una soluzione definitiva, le strade italiane continuano a mietere vittime e il sistema dei controlli sulla velocità si sgretola giorno dopo giorno, vittima di un paradosso normativo che sembra non avere fine.