A metà del 2025, l'industria automobilistica europea si trova nel mezzo di una tempesta perfetta, un crocevia fondamentale dove le scorie di crisi recenti si scontrano con le pressioni di una trasformazione epocale. Il settore, da sempre pilastro economico e occupazionale per il continente, naviga in acque complesse, modellate dagli strascichi della pandemia, da una crisi delle catene di approvvigionamento non ancora del tutto risolta, dall'impennata dei costi energetici e da un'arena competitiva globale sempre più agguerrita.
L'analisi dei dati di produzione, occupazione e mercato rivela un quadro ricco di sfide strutturali, ma anche di opportunità decisive che plasmeranno il futuro della mobilità in Europa.
Un mercato in lenta risalita
Per comprendere la situazione attuale, è essenziale guardare al recente passato. Il 2019, ultimo anno prima della crisi sanitaria, rappresenta un punto di riferimento di stabilità e volumi. La pandemia ha innescato un crollo verticale, seguito da una crisi dei semiconduttori che ha paralizzato le linee di montaggio fino al 2023.
Oggi, a giugno 2025, i dati mostrano una ripresa fragile e incompleta. La produzione di veicoli nell'Unione Europea nel 2024 ha registrato un modesto incremento di circa il 5% sull'anno precedente, ma il dato più allarmante è che rimane ancora inferiore di quasi il 15% rispetto ai volumi del 2019.
Le immatricolazioni seguono un andamento simile: dopo un timido rimbalzo nel 2024, i primi mesi del 2025 indicano una stagnazione. La domanda dei consumatori fatica a decollare, frenata da un'inflazione persistente e da un costo della vita elevato che erodono il potere d'acquisto delle famiglie, spingendole a posticipare l'acquisto di un'auto nuova, il cui prezzo medio, peraltro, è aumentato in modo significativo.
Germania e Italia a confronto
La contrazione della produzione non è uniforme nel continente; al contrario, colpisce in modo asimmetrico i due pilastri storici dell'automotive europeo: Germania e Italia. La Germania, tradizionale motore industriale d'Europa, sta vivendo una fase di difficoltà senza precedenti. Nonostante rimanga il primo produttore per volumi, gli impianti tedeschi a metà 2025 viaggiano a un ritmo significativamente ridotto.
La produzione si attesta ancora a un livello inferiore di circa il 12-15% rispetto al periodo pre-pandemico del 2019. Questa flessione non è solo congiunturale, ma sintomo di problemi più profondi: l'alta dipendenza dall'export verso mercati in rallentamento come la Cina, i costi energetici che penalizzano l'intera filiera della componentistica e la complessa e costosa riconversione dei grandi poli produttivi verso l'elettrico.
Se la situazione tedesca è difficile, quella italiana appare ancora più critica e strutturale. L'Italia ha visto la sua capacità produttiva erodersi costantemente negli ultimi due decenni. Nel 2024, la produzione di autovetture ha faticato a superare le 500.000 unità, un dato che, se confrontato con i livelli pre-Covid, segna una contrazione drastica, superiore al 40%.
Il confronto è ancora più impietoso se si guarda ai picchi storici del passato, quando il Paese produceva quasi due milioni di veicoli. Questa emorragia produttiva è il sintomo di una progressiva perdita di centralità del Paese nelle politiche industriali dei grandi gruppi e di scelte strategiche mancate, che hanno portato ad avere impianti che operano ben al di sotto della loro capacità massima.
Le ripercussioni sull'occupazione
L'industria automobilistica europea garantisce, direttamente e indirettamente, lavoro a quasi 14 milioni di persone. Questa vasta forza lavoro sta affrontando l'impatto combinato del calo produttivo e della transizione tecnologica. La contrazione dei volumi si traduce in un crescente ricorso agli ammortizzatori sociali e mette a rischio la sopravvivenza di molte piccole e medie imprese della componentistica.
A questo si aggiunge la sfida della riconversione imposta dalla mobilità elettrica. La produzione di veicoli elettrici, essendo meno complessa dal punto di vista meccanico, richiede meno manodopera per l'assemblaggio di motore e trasmissione. Si stima che quasi un terzo dei posti di lavoro nel settore richiederà una riqualificazione significativa entro il prossimo decennio.
Nasce una forte domanda di nuove competenze – software, ingegneria elettronica, chimica delle batterie – ma la riconversione della forza lavoro tradizionale procede con lentezza, creando un pericoloso divario di competenze e un potenziale problema sociale.
La corsa all'elettrificazione
La transizione verso l'elettrico è ormai in una fase avanzata e complessa. A metà 2025, i veicoli completamente elettrici (BEV) rappresentano circa il 20% del mercato europeo. Tuttavia, la loro crescita ha subito un rallentamento. La fine o la riduzione degli incentivi governativi in molti Paesi, unita a prezzi di listino ancora elevati e a una rete di ricarica percepita come non ancora capillare, sta frenando l'adozione di massa.
È proprio in questa crepa che si inserisce con forza la competizione globale, in particolare quella cinese. I marchi cinesi, forti di un controllo strategico sulla catena di approvvigionamento delle batterie e di modelli aggressivi per prezzo e tecnologia, hanno rapidamente guadagnato terreno.
La loro quota di mercato in Europa nel segmento elettrico è passata da una cifra trascurabile a quasi il 10% in pochi anni, con l'obiettivo di raddoppiarla a breve. Questa dinamica sta costringendo i produttori europei a una difficile rincorsa, specialmente nel segmento delle auto compatte e accessibili, dove la profittabilità è una sfida enorme.
Prospettive per il futuro
L'orizzonte per l'industria automobilistica europea è denso di incognite. La strada da percorrere richiede un equilibrio complesso tra il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione imposti dall'UE, la salvaguardia della competitività industriale e la gestione della transizione occupazionale. Le prospettive per la seconda metà del 2025 suggeriscono una continuazione del trend attuale: crescita modesta, pressione costante sui margini e competizione intensa.
Il successo futuro non dipenderà solo dalle strategie delle singole aziende, ma dalla capacità del continente di agire come sistema. Sarà cruciale accelerare sull'innovazione, ridurre la dipendenza da fornitori extra-europei per batterie e software attraverso politiche industriali mirate e, soprattutto, riuscire a offrire una mobilità elettrica che sia veramente accessibile per la maggioranza dei cittadini. Senza una chiara e forte politica industriale a livello europeo, il rischio di un ulteriore declino produttivo e di una perdita di rilevanza strategica è più concreto che mai.