La crisi dell'automotive europeo cerca ancora la sua strada verso una soluzione definitiva, mentre i vertici dell'Unione Europea continuano a puntare tutto sulla transizione elettrica. Ursula von der Leyen torna a ribadire la sua visione con una proposta che mette al centro un'auto elettrica "made in Europe", pensata per essere accessibile, pulita e competitiva contro l'invasione cinese. Una strategia che però deve fare i conti con le resistenze del mercato e le pressioni contrastanti che arrivano dall'industria stessa.
La presidente della Commissione Europea sembra non lasciare spazio a interpretazioni: "Qualunque cosa accada, il futuro è elettrico e l'Europa ne farà parte. Il futuro delle auto - e le auto del futuro - deve essere prodotto in Europa". Una dichiarazione che suona come un manifesto politico, ma che nasconde la complessità di una transizione tutt'altro che semplice.
Al centro della proposta di von der Leyen c'è un concetto simbolico ma concreto: l'auto con la E. Non solo elettrica, ma anche ecologica, economica ed europea. "Credo che l'Europa dovrebbe avere la sua auto elettrica, E sta per ecologico, l'auto deve essere pulita, efficiente e leggera. Ma E sta anche per economica: accessibile a tutti. Come E sta per europeo, costruito qui in Europa, con filiere europee perché non possiamo permettere alla Cina e ad altri di conquistare questo mercato".
L'iniziativa delle piccole auto accessibili
Questo approccio si traduce nella Small Affordable Cars initiative, un piano che riecheggia le posizioni già espresse da figure di spicco dell'industria automobilistica europea. Luca de Meo, ex amministratore delegato di Renault, e Jean-Philippe Imparato, responsabile di Stellantis Europa, hanno più volte sottolineato l'importanza di sviluppare veicoli elettrici economicamente accessibili per contrastare la supremazia asiatica nel segmento entry-level.
Tuttavia, le modalità per incentivare la produzione di auto piccole rimangono ancora da definire. Imparato ha chiarito la posizione dell'industria chiedendo facilitazioni per le aziende piuttosto che incentivi diretti ai consumatori. Una distinzione fondamentale che verrà discussa durante il Dialogo Strategico UE previsto per venerdì 12 settembre, appuntamento cruciale per definire gli strumenti concreti di questa strategia.
La presidente della Commissione ha anche annunciato aperture sui tempi della transizione: "Abbiamo concesso al settore maggiore flessibilità per raggiungere gli obiettivi del 2025 e questo sta funzionando. Poi nel rispetto della neutralità tecnologica, stiamo preparando la revisione del 2035". Parole che lasciano intravedere possibili aggiustamenti al calendario della transizione ecologica.
Queste aperture di von der Leyen si scontrano però con la posizione di una parte significativa dell'industria. Oltre 150 aziende del settore - tra costruttori di auto, produttori di batterie e operatori della ricarica - hanno indirizzato una lettera alla presidente chiedendo di mantenere fermi gli obiettivi del 2035. La loro motivazione è chiara: "Le nostre imprese hanno investito centinaia di miliardi di euro e creato già oltre 150mila posti di lavoro".
Secondo questi protagonisti dell'industria, un ripensamento degli obiettivi "minerebbe la fiducia degli investitori e darebbe un vantaggio permanente ai concorrenti mondiali". Una posizione che evidenzia come anche all'interno del mondo produttivo europeo esistano visioni diverse sui tempi e le modalità della transizione elettrica.
Il contrasto tra la necessità di flessibilità invocata da alcuni e la richiesta di certezza normativa avanzata da altri riflette la complessità della sfida che l'Europa sta affrontando. Da un lato c'è l'urgenza di non perdere ulteriore terreno rispetto alla Cina, dall'altro la necessità di non compromettere gli investimenti già effettuati e i posti di lavoro creati nel settore delle tecnologie pulite.
La strategia europea dovrà quindi bilanciare competitività, sostenibilità e coesione industriale, in una partita che resta completamente aperta e che nei prossimi mesi potrebbe definire il destino dell'automotive del Vecchio Continente per i decenni a venire.