La ribellione contro le politiche ambientali di Emmanuel Macron ha trovato un nuovo teatro di scontro nell'Assemblea nazionale francese, dove una coalizione trasversale di deputati ha deciso di sfidare apertamente l'Eliseo votando per l'abolizione delle Zone a faibles émissions. Il risultato del voto, con 98 favorevoli contro 51 contrari, rappresenta molto più di una semplice questione urbanistica: è l'ennesimo segnale di una crescente frattura tra il presidente e il Parlamento, amplificata dalla presenza di alcuni esponenti del partito macroniano tra i sostenitori dell'abolizione.
Le ZFE, introdotte nel panorama francese nel 2019, avevano inizialmente interessato quindici città prima di essere estese quest'anno a tutti i centri urbani con popolazione superiore ai 150 mila abitanti. Il sistema prevedeva il divieto di circolazione per i veicoli immatricolati prima del 1997 e l'obbligo del bollino "Crit'Air" per tutti gli altri, un meccanismo di classificazione articolato in sei categorie basate su emissioni e tipologia del veicolo.
L'iniziativa parlamentare porta la firma di Pierre Meurin del Rassemblement National, il partito di Marine Le Pen che ha saputo catalizzare un malcontento che va ben oltre i confini dell'estrema destra. La mozione ha infatti raccolto consensi trasversali, compreso il sostegno di alcuni deputati del movimento presidenziale, evidenziando come il tema delle restrizioni alla mobilità tocchi nervi scoperti anche all'interno della maggioranza governativa.
Le restrizioni più severe erano state implementate nelle principali metropoli francesi: Parigi, Lione, Montpellier e Grenoble rappresentavano i laboratori più avanzati di questa politica ambientale, con controlli rafforzati e sanzioni per chi non rispettava i parametri stabiliti. Tuttavia, il crescente disagio sociale legato ai costi di adeguamento del parco auto e alle limitazioni imposte ai cittadini meno abbienti ha alimentato un movimento di opposizione sempre più organizzato.
Il tentativo del governo di trovare una via di mediazione attraverso un emendamento volto ad alleggerire le restrizioni si è rivelato insufficiente e tardivo. La bocciatura a larga maggioranza di questa proposta di compromesso dimostra come il Parlamento non fosse interessato a soluzioni intermedie, preferendo invece un approccio più radicale che mette in discussione l'intera architettura delle zone a basse emissioni.
Nonostante il successo ottenuto all'Assemblea nazionale, il cammino verso l'effettiva abolizione delle ZFE presenta ancora diversi ostacoli procedurali. Il Senato dovrà esprimersi sulla proposta, rappresentando il primo banco di prova per verificare se il sentiment anti-ZFE si estenda anche alla camera alta del Parlamento francese.
Successivamente, la misura dovrà essere incorporata in un disegno di legge più ampio che tornerà all'Assemblea nazionale per il voto definitivo, programmato per il mese di giugno. Solo dopo questo passaggio, il Consiglio costituzionale potrà pronunciarsi sulla legittimità della normativa, completando un iter che potrebbe riservare ancora sorprese e colpi di scena.
La vicenda delle ZFE francesi si inserisce in un contesto europeo più ampio dove le politiche ambientali urbane stanno incontrando crescenti resistenze popolari, alimentate dalla percezione di misure che penalizzano principalmente le classi meno abbienti senza offrire alternative concrete e accessibili per la mobilità sostenibile.