L'integrazione dell'intelligenza artificiale nel tessuto operativo delle imprese sta innescando una profonda riconfigurazione delle competenze richieste ai professionisti della tecnologia. Coinvolge l'intera filiera IT, dai sistemisti agli sviluppatori, dai data scientist ai CIO. Questo cambiamento, in atto a livello globale, non riguarda il futuro, ma un presente in cui l'automazione sta assorbendo un numero crescente di attività tecniche di routine, costringendo i professionisti a spostare il proprio baricentro di valore.
Questa dinamica non rappresenta una semplice sostituzione di mansioni, ma una ridefinizione della funzione stessa dell'IT all'interno delle organizzazioni. Il dipartimento tecnologico è sempre meno un centro di costo focalizzato sulla manutenzione e sempre più un motore strategico per l'innovazione del business. Comprendere quali abilità stanno diventando centrali e quali invece perdono di importanza è fondamentale per orientare carriere, investimenti formativi e strategie di assunzione.
L'incertezza è palpabile tra i leader del settore, come evidenziato da recenti sondaggi condotti da società di analisi come PwC, dove emerge la difficoltà nel tradurre il potenziale dell'IA in risultati di business tangibili. La transizione richiede un'evoluzione congiunta di persone e tecnologie. Di seguito, un'analisi delle cinque tendenze in crescita e delle cinque in declino che stanno definendo il nuovo paradigma del lavoro tecnologico.
Le nuove bussole della professione IT: le competenze in crescita
La prima e più importante tendenza in crescita riguarda il dominio del pensiero critico, della creatività e della capacità di gestire scenari ambigui. Man mano che l'intelligenza artificiale eccelle nel lavoro tecnico di precisione, basato su regole e pattern, il vantaggio competitivo umano si sposta sulla capacità di "allargare lo sguardo". Diventa cruciale saper inquadrare un problema di business, orientare una soluzione complessa e capire quando l'output della macchina non è adeguato o eticamente sostenibile. Il valore non risiede più solo nella scrittura del codice, ma nella capacità di tradurre la complessità in strategia.
- Pensiero strategico e creativo: Capacità di gestire l'ambiguità e tradurre la complessità in soluzioni di business.
- Architettura di sistemi AI-nativi: Progettazione di piattaforme e flussi di lavoro che integrano l'intelligenza artificiale.
- Cybersecurity ibrida (uomo-IA): Supervisione umana di sistemi di difesa automatizzati per contrastare minacce complesse.
- Competenze interdisciplinari: Abilità di operare trasversalmente tra tecnologia, dati, marketing e business.
- Sviluppo di prodotti con IA integrata: Creazione di nuovi servizi e applicazioni basati sull'intelligenza artificiale.
Di conseguenza, emerge una forte domanda per chi è in grado di progettare architetture intelligenti e adattive. Non si tratta più soltanto di data scientist, ma di ingegneri, architetti e product owner capaci di integrare nativamente l'IA in piattaforme, flussi di lavoro ed esperienze utente. Le figure più richieste, come conferma Jean-Philippe Avelange, CIO di Expereo, sono quelle che sanno trasformare requisiti complessi in soluzioni modulari e scalabili. Ruoli come l'AI systems engineer e l'automation strategist diventano perni di ogni iniziativa di trasformazione.
Parallelamente, il settore della sicurezza informatica si evolve verso un modello intrinsecamente ibrido. Con i criminali informatici che utilizzano l'IA per lanciare attacchi sempre più sofisticati, la difesa non può che basarsi sulla stessa tecnologia. Tuttavia, l'automazione da sola non basta. Serve l'intuito umano per investigare incidenti complessi, anticipare minacce non ancora note ai sistemi e prendere decisioni critiche in scenari imprevisti. La nuova frontiera della cybersecurity è l'alleanza strategica tra uomo e macchina.
Un altro trend in netta ascesa è quello del professionista "jolly" interdisciplinare. L'epoca degli specialisti chiusi nel proprio silo tecnico sta finendo. Le aziende cercano persone in grado di contribuire in più aree, muovendosi con agilità tra dati, ingegneria, marketing e persino aspetti legali. Team interfunzionali più piccoli e agili, supportati da agenti AI, saranno in grado di raggiungere risultati che un tempo richiedevano interi dipartimenti. La capacità di integrare competenze diverse diventa un fattore chiave per l'innovazione.
Infine, la competenza più strategica è la capacità di creare prodotti abilitati dall'intelligenza artificiale. Molte organizzazioni stanno ancora cercando di capire come integrare l'IA nelle operazioni quotidiane, ma il vero salto di qualità risiede nello sviluppo di nuovi servizi e modelli di business che la usano come motore centrale. Gli specialisti capaci di colmare il divario tra le potenzialità della tecnologia e le reali esigenze del mercato, accelerando l'adozione dell'IA su larga scala, saranno le figure più preziose.
Zavorre del passato: le competenze in fase di ridimensionamento
In uno scenario dove gli strumenti evolvono a ciclo trimestrale, l'iperspecializzazione tecnica fine a sé stessa sta diventando una zavorra. Cercare di padroneggiare ogni singola nuova tecnologia è inefficiente. Come osservato da analisti di società come Deloitte, in questo panorama "l'ampiezza è la nuova profondità". È più utile possedere una conoscenza sufficiente su più fronti per collaborare efficacemente, piuttosto che una conoscenza enciclopedica su un unico strumento destinato a diventare obsoleto.
- Iperspecializzazione su singoli strumenti: Conoscenza profonda ma isolata di tecnologie soggette a rapida obsolescenza.
- Manutenzione di codice e task di routine: Attività a basso valore aggiunto progressivamente assorbite dall'automazione.
- Rilevamento manuale delle minacce: Approcci tradizionali alla sicurezza, ormai inadeguati per volume e sofisticazione degli attacchi.
- Certificazioni IT di base come differenziante: Titoli entry-level che diventano uno standard minimo, perdendo valore distintivo.
- Competenze tecniche senza visione di business: Ruoli puramente esecutivi, slegati dalla strategia e dalla creazione di valore aziendale.
Diretta conseguenza dell'ascesa degli assistenti AI è il declino della manutenzione di codice legacy e delle attività di programmazione di base. Strumenti come i "copilot" sono ormai in grado di gestire scrittura, correzione e aggiornamento di porzioni significative di codice, liberando gli sviluppatori esperti da compiti a basso valore aggiunto. Questo sta già portando a un rallentamento nelle assunzioni di ingegneri software da parte di aziende come Google o Meta, con una crescente enfasi su ruoli di supervisione e architettura.
Sul fronte della sicurezza, il rilevamento puramente manuale delle minacce è un approccio ormai insostenibile. Setacciare manualmente milioni di data point alla ricerca di anomalie è impossibile. Sebbene l'intervento umano rimanga cruciale per l'analisi strategica, affidarsi a metodi tradizionali per il monitoraggio quotidiano significa esporsi a rischi inaccettabili. L'incapacità di stare al passo con le minacce automatizzate rende queste competenze obsolete.
Anche il valore di alcune certificazioni IT sta cambiando. Quelle di base, come CompTIA A+ o le certificazioni cloud fondamentali (es. AZ-900), stanno perdendo il loro vantaggio competitivo. Non sono più un elemento distintivo, ma uno standard minimo di partenza. La domanda si sta spostando verso certificazioni avanzate che dimostrano una specializzazione in architetture moderne, ingegneria dei dati o intelligenza artificiale, attestando una capacità progettuale e non solo operativa.
Infine, la tendenza al ribasso più significativa riguarda le competenze tecniche slegate dagli obiettivi di business. Il ruolo del tecnologo puramente esecutivo, che si limita a "mantenere le luci accese", sta scomparendo. Ogni professionista IT, a qualsiasi livello, deve oggi essere in grado di capire e dimostrare come il proprio lavoro contribuisca alla trasformazione strategica e al raggiungimento dei risultati aziendali. L'isolamento tecnico non è più una opzione praticabile.
La transizione in corso non è una semplice sostituzione di ruoli, ma un'elevazione delle responsabilità richieste al mondo tecnologico. La sfida più grande per le organizzazioni non sarà tanto l'adozione di nuovi strumenti, quanto la capacità di costruire percorsi formativi e culturali che accompagnino le persone in questo cambiamento. Senza una visione strategica sulla sostenibilità delle carriere e sulla gestione del capitale umano, il rischio è quello di creare una frattura tra chi governa l'innovazione e chi ne viene superato, con impatti profondi non solo sulla produttività, ma anche sull'equità del sistema.