Gli strumenti Ia sono proposti come tecnologie che aumentano l'efficienza, vale a dire per fare le stesse cose con meno persone, oppure più cose con meno persone. Allo stesso tempo, sono soluzioni imprecise, che non possono sostituire un professionista esperto. Tuttavia i ruoli junior affrontano un rischio più serio, perché sono molti gli scenari dove un Chatbot può fare più o meno lo stesso lavoro per poche decine di euro al mese.
Sembra fantastico, finché non ti rendi conto che stai segando il ramo su cui si costruisce il futuro dell'azienda. Sì perché sarà anche positivo (parliamone) eliminare i costi dei ruoli junior, ma quando i senior di oggi smetteranno di lavorare, chi ci sarà a sostituirli?
Un'analisi Bloomberg del 2025 rivela che i neolaureati stanno incontrando difficoltà crescenti nel trovare impieghi a tempo pieno, mentre il World Economic Forum prevede che il 40% dei datori di lavoro ridurrà la propria forza lavoro a causa dell'automazione guidata dall'AI. Ancora più impressionante è la previsione del CEO di Anthropic, secondo cui l'intelligenza artificiale potrebbe eliminare la metà di tutti i lavori impiegatizi entry-level entro cinque anni.
Il problema è che i primi anni di carriera non servono soltanto a completare compiti ripetitivi e noiosi, cioè quelli che assegniamo volentieri all'Intelligenza Artificiale: i primi anni sono anche il momento in cui i dipendenti imparano, sbagliano, sperimentano e crescono professionalmente. Senza questa fase di apprendimento, le aziende rischiano di affamare le proprie pipeline di leadership.
Il risultato è che già oggi molte aziende si concentrano sulla ricerca di talenti senior, persone che siano capaci di sfruttare l'AI per generare codice di alta qualità e analizzare problemi complessi. Si lascia da parte l'assunzione dei più giovani, perché grazie agli strumenti automatici un singolo operatore competente può effettivamente svolgere che prima richiedeva diversi analisti junior.
Le competenze che l'AI non può replicare
Mentre l'automazione avanza, emerge con chiarezza quali competenze rimangono esclusivamente umane. LinkedIn riporta che, benché l'alfabetizzazione AI sia l'abilità in più rapida crescita, le competenze successive in ordine di importanza sono tutte centrate sull'elemento umano: gestione dei conflitti, adattabilità, pensiero innovativo, public speaking, vendita orientata alle soluzioni, coinvolgimento del cliente e gestione degli stakeholder.
Insomma le famose soft skill stanno velocemente diventando la cosa più importante in un collaboratore, e sarà così sempre di più, via via che le IA diventano efficaci ed efficienti nel svolgere compiti tecnici.
Il Project Oxygen di Google conferma questa tendenza, dimostrando che i manager eccellenti si distinguono per le loro capacità di coaching, comunicazione e collaborazione. Le aziende che enfatizzano queste caratteristiche nelle fasi di assunzione, formazione e promozione registrano miglioramenti misurabili nelle performance del team, nella soddisfazione e nella retention dei dipendenti.
La soluzione non consiste nel tornare indietro, ma nel creare ruoli ibridi progettati specificamente per l'era dell'AI. Invece di assumere un analista junior tradizionale, le aziende possono cercare AI-analyst: professionisti che combinano competenze analitiche con expertise nell'intelligenza artificiale per migliorare efficienza e risultati. I dati mostrano che gli avvocati con competenze AI godono di un premio salariale del 56%, ma l'investimento si ripaga attraverso lavori più veloci, di qualità superiore e capacità di risolvere problemi che richiederebbero settimane a un dipendente junior.
Questa evoluzione offre vantaggi anche ai giovani dipendenti che abbracciano precocemente l'AI. La loro curiosità naturale, attitudine tecnica e adattabilità li posiziona idealmente per questi ruoli ibridi, creando un percorso di carriera che fonde apprendimento, adozione dell'AI e crescita professionale in un'unica posizione.
Oltre i titoli di studio: il focus sulle competenze pratiche
L'istruzione tradizionale mantiene il suo valore, ma non rappresenta più l'unico indicatore affidabile del talento. L'accesso alle università prestigiose rimane limitato da fattori come il reddito familiare, la geografia e le opportunità disponibili. L'intelligenza artificiale può livellare questo campo di gioco, offrendo attraverso piattaforme di apprendimento online la possibilità di ricevere tutoraggio personalizzato, imparare al proprio ritmo e padroneggiare competenze precedentemente insegnate solo in costosi programmi universitari.
Gli imprenditori e i responsabili delle assunzioni dovrebbero spostare il focus dalle credenziali alle competenze e alle performance dimostrate. L'utilizzo di portfolio di progetti, test delle competenze ed esercizi di problem-solving del mondo reale può rivelare talenti che altrimenti passerebbero inosservati, ampliando significativamente il pool di candidati potenziali.
L'intelligenza artificiale non è una minaccia futura: è una realtà presente che sta già ridefinendo modalità di assunzione, formazione e promozione. Tuttavia, non sostituirà gli esseri umani, ma ne ridefinirà i ruoli in modo fondamentale. Gli imprenditori che sapranno trattare l'AI come un partner piuttosto che come un sostituto avranno un vantaggio competitivo decisivo.
La strategia vincente consiste nel reclutare competenze umane che l'intelligenza artificiale non può replicare, creare ruoli ibridi che massimizzino sia le persone che la tecnologia, e guardare oltre i diplomi per scoprire talenti nascosti. Il futuro della leadership dipende da queste scelte strategiche: i leader di domani non emergeranno dagli algoritmi, ma dalle persone che le aziende sceglieranno di far crescere oggi.