La Commonwealth Bank australiana si è trovata costretta a fare marcia indietro sulla decisione di sostituire 45 dipendenti del servizio clienti con un chatbot automatizzato. L'esperimento, che doveva dimostrare l'efficacia dell'AI nel gestire le richieste più semplici, si è rivelato un clamoroso fallimento, costringendo l'istituto di credito a scusarsi pubblicamente con i lavoratori licenziati.
Un esempio più che concreto di un fenomeno che ormai si fa sempre più palese: sull'AI si sono costruite credenze ingiustificate ed esagerate, alimentando l'idea di poter fare gli stessi profitti praticamente senza persone. È probabilmente il sogno di molti, ma per il momento sembra che non sia davvero a portata di mano come si è raccontato negli ultimi anni.
Il fallimento dell'automazione bancaria
Quando a luglio la banca aveva annunciato alla Australian Broadcasting Corporation i tagli previsti, la strategia sembrava logica e ben strutturata. L'introduzione del chatbot avrebbe dovuto ridurre il volume delle chiamate gestendo autonomamente le richieste più basilari, permettendo così al personale rimasto di concentrarsi su questioni più complesse. Tuttavia, la realtà si è dimostrata ben diversa dalle aspettative: invece di diminuire, il carico di lavoro è aumentato considerevolmente, per i dipendenti rimasti.
Il Finance Sector Union australiano non ha perso tempo nel sottolineare quello che ha definito un "dietrofront" della banca, evidenziando come il volume delle chiamate sia effettivamente cresciuto. La conseguenza diretta è stata un incremento degli straordinari per il personale superstite e la necessità di coinvolgere anche i dirigenti nelle attività di risposta telefonica.
Le cause precise del malfunzionamento rimangono avvolte nel mistero. Non è chiaro se il sistema di intelligenza artificiale non sia riuscito a performare secondo le aspettative iniziali o se la banca abbia commesso errori nell'implementazione del progetto. Quello che è certo è che giovedì scorso l'istituto ha dovuto presentare le proprie scuse formali ai dipendenti licenziati, un gesto che rappresenta un'ammissione implicita di errore.
Nonostante questo inciampo, la Commonwealth Bank non sembra intenzionata ad abbandonare la strada dell'innovazione tecnologica. Recentemente ha annunciato una partnership con OpenAI con l'obiettivo dichiarato di "portare l'AI avanzata a clienti e dipendenti" e "offrire servizi più personalizzati". L'istituto ha inoltre adottato strumenti di intelligenza artificiale per supportare i propri sviluppatori software, sperimentando GitHub Copilot con risultati che l'ingegnere Brent McKendrick definisce "misti in termini di utilizzo ed efficacia".
L'evoluzione degli strumenti digitali
McKendrick ha spiegato che la versione iniziale di Copilot utilizzata dalla banca "era semplicemente un motore di completamento automatico potenziato dall'AI". Da allora, l'istituto ha sviluppato "agenti runtime" in grado di fornire soluzioni a problemi precedentemente irrisolvibili, come bot dinamici per il servizio clienti, trascrizione e riassunto in tempo reale, analisi intelligente dei documenti.
Questi sviluppi suggeriscono che la banca intende riproporre l'uso dell'intelligenza artificiale nelle proprie linee di front-office, probabilmente con un approccio più cauto e graduale. Con oltre 55.000 dipendenti e migliaia di nuove assunzioni effettuate l'anno scorso, la Commonwealth Bank cerca evidentemente di bilanciare l'innovazione tecnologica con la sostenibilità occupazionale, una sfida che molte istituzioni finanziarie si trovano ad affrontare nell'era dell'automazione.