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Chiamate dal capo fuori orario Vs diritto alla disconnessione

Il diritto alla disconnessione tutela i lavoratori dalle chiamate e email fuori orario. In Italia manca una protezione chiara, ma il Ddl Sensi potrebbe imporre limiti e sanzioni per i datori.

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a cura di Avv. Giuseppe Croari

avv.

Pubblicato il 20/03/2025 alle 18:04

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Avv. Giuseppe Croari – Dott.ssa Silvia Di Paola

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Il confine tra vita privata e lavoro è sempre più sfumato, e un esempio emblematico è il capo che chiama la domenica o fuori dall’orario di lavoro per questioni apparentemente urgenti. A questo si aggiunge la costante ricezione di e-mail e messaggi aziendali: il lavoratore dovrebbe rispondere subito per dimostrarsi disponibile o può attendere il lunedì mattina senza ripercussioni? La digitalizzazione e lo smart working hanno reso questi dilemmi sempre più frequenti, alimentando un dibattito sulle reali possibilità di separare il tempo libero da quello lavorativo.

Tale situazione ha portato a considerare il nuovo concetto di “diritto alla disconnessione”, ovvero la possibilità per i lavoratori di non rispondere a comunicazioni aziendali fuori dall’orario contrattuale, senza subire conseguenze. Questo diritto si lega strettamente alla qualità della vita e alla tutela della salute mentale, poiché la reperibilità costante genera stress, ansia e riduce la produttività. Tuttavia, l’assenza di regole chiare lascia spazio a interpretazioni soggettive, con il rischio che le esigenze aziendali prevalgano su quelle personali, rendendo il diritto alla disconnessione più teorico che pratico.

Questa situazione ha portato a un’evoluzione del quadro normativo, sebbene con risultati ancora parziali. La legge 81/2017, che disciplina il lavoro agile, prevede che il diritto al riposo sia regolato da accordi tra datore di lavoro e dipendente, senza una tutela automatica. Questo approccio, però, lascia aperti diversi problemi, poiché la libertà negoziale può sbilanciarsi a favore dell’azienda. Proprio per colmare questa lacuna, il disegno di legge Sensi propone regole più rigide, stabilendo limiti chiari alle comunicazioni fuori orario e sanzioni per i datori di lavoro che non le rispettano.

Disconnessione digitale: un diritto o un’illusione?

In Italia, la disconnessione è prevista agli articoli 18 e 19 della legge n. 81/2017 che disciplina lo smart working (per maggiori informazioni sulla disciplina dello smart working clicca qui). 

Tale normativa stabilisce che l’organizzazione del lavoro agile sia regolata da accordi tra datore di lavoro e dipendente e che vadano rispettati i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Tali accordi, dunque, devono includere un riferimento ai tempi di riposo del lavoratore e alle misure tecniche e organizzative da adottare per garantire la disconnessione del dipendente dagli strumenti tecnologici di lavoro.

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L’ordinamento italiano, quindi, non riconosce un vero e proprio diritto alla disconnessione. 

Difatti, la regolamentazione circa le modalità concrete della disconnessione viene, dalla legge, lasciata alla libertà delle parti del rapporto; tale circostanza determina problemi di effettività ben potendo, in questo modo, essere favorite le esigenze dell’impresa a scapito di quelle del lavoratore. 

Sul punto è, anche, intervenuto il Garante della Privacy il quale, in audizione al Parlamento, ha sostenuto l’importanza del diritto alla disconnessione al fine di garantire un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. 

L’ordinamento italiano, quindi, non riconosce un vero e proprio diritto alla disconnessione

Egli, in particolare, ha evidenziato la necessità di impedire ai datori di lavoro l'uso di computer con funzionalità che permettano un monitoraggio sistematico e invasivo delle attività dei dipendenti (per maggiori informazioni sulla figura del garante e sul contenuto del GDPR clicca qui).

Il Ddl Sensi: una svolta per i lavoratori?

Ai fini di una tutela ufficiale del diritto alla disconnessione, il Senato sta attualmente esaminando un disegno di legge, promosso dal Senatore Filippo Sensi (Partito Democratico). Il ddl Sensi stabilisce che il lavoratore abbia diritto a non ricevere comunicazioni dal datore di lavoro al di fuori dell'orario ordinario di lavoro e comunque per un arco di tempo minimo di dodici ore dalla cessazione del turno lavorativo. Le eventuali comunicazioni inviate per motivi di necessità o urgenza devono essere adeguatamente motivate e in ogni caso la prestazione lavorativa direttamente conseguente è considerata lavoro straordinario. 

Per comunicazioni si intende qualsiasi forma di contatto tra datori di lavoro e lavoratori o tra lavoratori effettuate tramite telefono, mail, servizi di messaggistica istantanea o piattaforme di collaborazione. 

L’idea che essere costantemente reperibili equivalga a una maggiore efficienza è un mito superato

La violazione della presente disposizione comporta, nei confronti del datore di lavoro, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria variabile da un minimo di 550 euro a un massimo di 3.000 euro. 

Il Ddl Sensi si applica alle realtà con più di 15 dipendenti, includendo anche lavoratori autonomi e professionisti. 

In altre parole, alle aziende sarebbe proibito mandare mail e messaggi, o fare telefonate, fuori dall’orario concordato. Salvo in caso di emergenze giustificate, in caso di violazioni le multe arrivano fino a 3.000 euro.

Uno scenario che potrebbe risultare difficile per alcune aziende, in particolare per quelle situazioni dove “il capo chiama quando vuole”. Se esistono contesti in cui una comunicazione più fitta ha un suo senso, d’altra parte, sicuramente per molti lavoratori tale scenario può tradursi in un carico di stress eccessivo - con un impatto diretto sulla salute delle persone. 

Stress, produttività e burnout: perché il diritto alla disconnessione conviene a tutti

Il diritto alla disconnessione infatti assume importanza anche e soprattutto sotto il profilo del diritto alla salute. È scientificamente provato che lo stress da lavoro può avere serie ripercussioni sulla salute psicologica ed emotiva dei lavoratori, provocando ansia, insonnia e persino disturbi dissociativi, aggressività e problemi fisici. 

La mancanza di disconnessione, dunque, può portare anche a una significativa riduzione della produttività. Difatti, la stanchezza fisica e mentale accumulata, insieme alla demotivazione, influisce negativamente sulla capacità di concentrazione dei lavoratori nonché sulla loro capacità di eseguire i compiti in modo efficiente.

Il diritto alla disconnessione, dunque, rappresenta una tutela essenziale per garantire il benessere dei lavoratori nonché un’azione di contrasto all’idea di una “reperibilità digitale 24/7” che a volte non ha giustificazioni se non il capriccio on la cattiva organizzazione di una delle due parti. 

L’adozione di politiche aziendali chiare sulla disconnessione non rappresenta solo una tutela per i lavoratori, ma si traduce in un vantaggio strategico per le aziende stesse. Dipendenti più riposati e meno stressati tendono a essere più produttivi, creativi e motivati, contribuendo a migliorare la qualità del lavoro e a ridurre il rischio di errori dovuti alla stanchezza. Un ambiente in cui il diritto alla disconnessione è rispettato permette inoltre di diminuire il turnover e il rischio di burnout, fattori che hanno un impatto diretto sui costi aziendali legati alla formazione e alla sostituzione del personale.

Garantire la disconnessione non significa compromettere la produttività, ma migliorarla. L’idea che essere costantemente reperibili equivalga a una maggiore efficienza è un mito superato. Studi dimostrano che periodi di riposo adeguati migliorano la capacità di concentrazione e la velocità di elaborazione delle informazioni. Inoltre, dipendenti che sanno di poter contare su momenti di reale distacco dal lavoro tornano più motivati e proattivi, contribuendo a un clima aziendale più positivo e collaborativo.

Le imprese che adottano politiche di disconnessione responsabili attraggono talenti qualificati e fidelizzano i propri dipendenti

Un modello lavorativo sostenibile, basato su equilibrio tra vita privata e professionale, rafforza anche l’immagine aziendale. Le imprese che adottano politiche di disconnessione responsabili attraggono talenti qualificati e fidelizzano i propri dipendenti, riducendo il rischio di abbandono per motivi di stress. Inoltre, mostrarsi attenti al benessere dei lavoratori migliora la reputazione aziendale e può rappresentare un vantaggio competitivo, soprattutto in settori in cui la qualità della vita dei dipendenti incide direttamente sulla qualità del servizio o del prodotto offerto.

Se sei un’azienda e vuoi garantire il rispetto del diritto alla disconnessione senza rischiare sanzioni, rivolgiti ai nostri partner dello Studio Legale FCLEX, esperti in diritto dell’informatica e diritto del lavoro.

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