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Formula 1 hi-tech, il denaro limitato aguzza l'ingegno

Le scuderie di Formula 1, spinte dal cost cap, si evolvono in laboratori tecnologici dove l'efficienza operativa, la riorganizzazione del personale e la navigazione in complesse zone grigie normative diventano le vere armi per la vittoria.

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Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Pubblicato il 14/10/2025 alle 17:42 - Aggiornato il 15/10/2025 alle 09:26

La Formula 1 sta vivendo una metamorfosi profonda: lontano dal clamore dei motori e dall'effimera gloria del podio, si combatte una gara parallela, più strategica e forse ancora più decisiva. Se sulla pista ormai sono molti quelli convinti che “contano solo le gomme”, c’è un’altra gara di cui pochi sono consapevoli: è una competizione che non si misura in cavalli vapore, ma in petabyte di dati, in Mhz di frequenza, in sicurezza delle connessioni, e soprattutto in efficienza. Si perché il regolamento impone un “cost cap” alle scuderie: l’idea è di impedire che le squadre più abbienti si “comprino” la vittoria semplicemente perché possono spendere cifre più alte.

La Formula 1 sta vivendo una metamorfosi profonda: si combatte una gara parallela, più strategica e decisiva.

Il cost cap, introdotto nel 2021, ha avuto un altro effetto: è stato un incredibile acceleratore della trasformazione digitale, non limitata alla “banale” applicazione delle tecnologie più recenti, ma soprattutto come concetto, come approccio teso alla maggiore efficienza possibile.

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La raccolta e l'analisi massiva dei dati sono sempre state centrali in Formula 1, ma il regolamento finanziario ne ha cambiato radicalmente la finalità: dalla ricerca della performance pura, spesso a qualunque costo, all'ottimizzazione dell'efficienza, dove ogni frazione di secondo deve essere giustificata da un ritorno sull'investimento misurabile.

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Questa spinta si lega indissolubilmente alla narrativa pubblica della F1 come laboratorio per tecnologie "verdi", unendo l'esigenza di competitività a quella di un'immagine più sostenibile. Una narrazione che, come vedremo, rischia di scivolare facilmente nel greenwashing, e dopotutto può essere difficile accettare l’idea che far girare in tondo automobili possa essere anche solo lontanamente “sostenibile”.

è una competizione che non si misura in cavalli vapore, ma in petabyte di dati, e in efficienza.

Ciò ha trasformato anche le sponsorizzazioni: l'era in cui un marchio tecnologico pagava per apporre un adesivo sulla monoposto appare superata, lasciando il passo a partnership strategiche, profondamente integrate nel tessuto operativo di ogni team.

L'architettura ibrida della velocità: un ponte tra pista e fabbrica

Per comprendere questa trasformazione, bisogna guardare all'infrastruttura che sorregge ogni decisione. Una singola monoposto è un data center mobile ad altissime prestazioni, equipaggiato con circa 300 sensori che generano collettivamente fino a 1.1 milioni di punti dati telemetrici al secondo. Durante un singolo weekend di gara, ogni vettura produce oltre un terabyte di dati. La sfida non è solo gestire questo volume, ma farlo con una latenza minima (ovvero un ritardo quasi inesistente tra la raccolta del dato e la sua analisi). La soluzione è un'architettura IT ibrida che collega la pista con la fabbrica.

Il cost cap, introdotto nel 2021, è stato un incredibile acceleratore della trasformazione digitale.

Il primo anello di questa catena è il garage, che durante il weekend di gara si trasforma in un data center edge (un piccolo centro di elaborazione dati installato fisicamente nel punto in cui i dati vengono generati, cioè il garage in pista). Qui, in quello che è stato definito un "datacenter in una valigia", avviene l'elaborazione dei dati a latenza zero. Questa infrastruttura, montata in poche ore in oltre 20 località diverse ogni anno, rappresenta una sfida logistica e tecnica immensa. Decisioni critiche devono essere analizzate "on the edge", direttamente in circuito, poiché attendere il round-trip dei dati verso la fabbrica introdurrebbe un ritardo inaccettabile.

Mentre l'edge gestisce l'urgenza, il cloud e i data center della fabbrica gestiscono la complessità. L'intero flusso di dati viene trasmesso tramite connessioni dedicate alla "Mission Control Room" remota. È qui che decine di ingegneri e analisti lavorano in parallelo, combinando i dati in tempo reale con decenni di dati storici e modelli di simulazione. I supercomputer eseguono le complesse simulazioni di fluidodinamica computazionale (CFD) e le analisi strategiche, i cui risultati sono poi ritrasmessi al muretto per informare le decisioni.

Una narrazione che rischia di scivolare facilmente nel greenwashing, difficile da accettare come sostenibile.

Questo modello operativo è l'incarnazione di una architettura complessa e coordinata. La F1 risolve il paradosso di dover analizzare enormi volumi di dati con una latenza quasi zero. Analisi di settore, come quelle pubblicate da Motorsport Technology, evidenziano come questo approccio ibrido sia un modello di riferimento per settori come il manifatturiero avanzato o lo sviluppo di veicoli autonomi.

Mercedes e SAP, il caso studio: l'efficienza come arma competitiva

In questo nuovo paradigma, la partnership tra il team Mercedes-AMG PETRONAS F1 e SAP è emblematica. Secondo la narrazione del team, la scelta di adottare SAP S/4HANA Cloud è stata una mossa strategica per affrontare la crescente complessità normativa e finanziaria. Come ha sottolineato Bradley Lord, Chief Communications Officer del team, prima del cost cap la filosofia era "farsi strada spendendo per uscire dai guai"; ora, quel modello non è più sostenibile.

Una singola monoposto è un data center mobile con circa 300 sensori che generano 1.1 milioni di punti dati.

L'obiettivo dichiarato è "spremere di più da ogni dollaro", perché ogni efficienza sbloccata si traduce in più risorse per lo sviluppo. Questa efficienza operativa, inoltre, viene comunicata esternamente anche in termini di riduzione degli sprechi e impatto ambientale, inserendosi in quella narrativa di sostenibilità che solleva un interrogativo critico: può l'ottimizzazione marginale dei processi compensare l'impatto ambientale intrinseco di un'operazione logistica e sportiva globale? Stando ai dati forniti dallo stesso team, ogni vettura conta oltre 14.500 componenti individuali. Un sistema ERP avanzato permette di automatizzare questa complessa contabilità.

Nella comunicazione ufficiale, si afferma che l'intelligenza artificiale, tramite SAP Business AI, consente di simulare scenari finanziari per supportare decisioni strategiche. Non si tratta solo di sapere dove si è oggi, ma di prevedere "dove saremo alla fine dell'anno". Sbloccare anche solo 250.000 euro grazie a una previsione più accurata, ha spiegato Lord, può essere "decisivo nella lotta in pista".

prima del cost cap la filosofia era 'farsi strada spendendo'; ora, quel modello non è più sostenibile.

La griglia tecnologica: una rivoluzione a due velocità?

L'analisi della griglia rivela come ogni top team abbia stretto alleanze esclusive con i principali hyperscaler (i giganti del cloud come AWS, Microsoft e Google), creando una sorta di "guerra per procura" tra di loro. Secondo quanto dichiarato da Oracle, il team Red Bull Racing avrebbe eseguito oltre 150 miliardi di simulazioni con Oracle Cloud Infrastructure (OCI) durante la stagione 2024. Analogamente, Ferrari HP comunica di usare AWS per ottimizzare l'assemblaggio della Power Unit. Analisti indipendenti, tuttavia, invitano alla cautela. Sebbene nessuno metta in dubbio la potenza di queste piattaforme, metriche così altisonanti sono difficilmente verificabili e servono anche come potenti strumenti di marketing B2B. Il reale vantaggio competitivo, commentano esperti di tecnologia nel motorsport, è spesso meno legato al singolo strumento e più alla profondità di integrazione e alla qualità del capitale umano che lo utilizza.

Questa spinta tecnologica solleva un interrogativo fondamentale: non si rischia di creare una "F1 a due velocità"? La correlazione tra la classifica costruttori e il calibro dei partner tecnologici è evidente. I top team vantano accordi esclusivi con hyperscaler, mentre i team di metà e fondo griglia si affidano a una rete di fornitori più specializzati. Questo accentua il divario di performance: mentre i team di vertice beneficiano di un co-sviluppo profondo, gli altri devono adottare strategie differenti, come fa il team Alpine, che si affida a Microsoft Azure per le infrastrutture cloud e a Sprinklr per l'analisi dei dati legati al fan engagement, focalizzandosi su soluzioni specifiche piuttosto che su un unico ecosistema integrato.

Sbloccare anche solo 250.000 euro grazie a una previsione più accurata, può essere 'decisivo nella lotta in pista'.

In questo panorama, la cybersecurity è emersa come un pilastro della performance. La presenza diffusa di partner di sicurezza di alto livello come CrowdStrike (con Mercedes) indica che la protezione della proprietà intellettuale è diventata un fattore critico. La spesa in sicurezza non è più un costo, ma un investimento sulla performance.

Il Fattore Umano: Cultura, Talenti e Innovazione Inversa

Questa rivoluzione non è solo tecnologica, ma impone una profonda riconfigurazione del capitale umano, sia nella cultura interna dei team sia nella competizione diretta con il settore tecnologico per attrarre i migliori talenti. L'adozione di architetture cloud impone un radicale "cambio di mentalità", come lo ha definito Bradley Lord. Le scuderie di F1 sono state per decenni fortezze chiuse, abituate a "costruire grandi muri attorno alla propria proprietà intellettuale". L'apertura al cloud richiede un nuovo approccio culturale alla sicurezza e alla collaborazione.

La trasformazione digitale ridefinisce anche i ruoli e le competenze. Emergono nuove figure professionali ibride, come il "Performance Data Scientist", che traduce i dati telemetrici in strategie di gara, o l' "Aerodynamic Systems Developer", che lavora all'intersezione tra software e fluidodinamica. L'impatto sulla struttura organizzativa è tangibile: il fatto che il team contabile di Mercedes sia cresciuto da 14 a 44 persone dopo l'introduzione del cost cap, un dato emerso durante un incontro con la stampa e attribuito a Bradley Lord, è emblematico. Una funzione tradizionalmente di back-office è stata proiettata in prima linea.

L'adozione di architetture cloud impone un radicale 'cambio di mentalità'.

In parallelo, le scuderie sono diventate diretti competitor delle grandi aziende tecnologiche nella "guerra dei talenti". Oggi, un team di F1 assume data scientist e ingegneri specializzati in machine learning, le stesse figure professionali contese dalle aziende della Silicon Valley. In questa competizione, il fascino del motorsport e l'ambiente competitivo estremo diventano un'arma potente per attrarre talenti.

Ancora più significativo è il "flusso di R&S inverso". La F1 non è solo un utilizzatore passivo di tecnologia, ma un partner attivo che spinge l'innovazione dei suoi fornitori. L'obiettivo è che le ottimizzazioni sviluppate per resistere alle condizioni estreme di un weekend di gara vengano analizzate, ingegnerizzate e infine integrate nei prodotti commerciali che i partner offrono a tutti i loro clienti. In questo senso, il team di F1 agisce come un laboratorio di ricerca e sviluppo esternalizzato e ad altissimo stress.

Governance e Zone Grigie: La Sfida dell'Audit Tecnologico

L'introduzione del cost cap ha creato una sfida enorme non solo per i team, ma anche per l'organo di governo, la FIA. Se è relativamente semplice tracciare il costo di un alettone, come si può attribuire un valore finanziario corretto a una partnership tecnologica? Questa complessità apre la porta a potenziali "zone grigie" normative. La difficoltà dell'audit è un tema sollevato da diversi commentatori e addetti ai lavori, i quali evidenziano come la FIA necessiti di competenze sempre più specialistiche per analizzare contratti complessi e assicurare parità di trattamento.

Il rischio potenziale, illustrato da uno scenario ipotetico ma plausibile, è che un top team possa negoziare un contratto complesso dove il valore di servizi di AI viene parzialmente mascherato come "costo di marketing congiunto", una manovra che un team minore, con un ufficio legale e finanziario più piccolo, non avrebbe la capacità di strutturare o contestare efficacemente.

L'Economia delle Partnership e il Valore Mediatico

Per comprendere a fondo la simbiosi tra F1 e tecnologia, è necessario analizzare i modelli di business che la sostengono. Questi accordi raramente si limitano a una semplice transazione monetaria. Prevalgono modelli ibridi, dove a un investimento economico si affianca una componente di "value-in-kind": la fornitura di hardware, software e servizi tecnologici in cambio di marketing, il cui valore stimato deve comunque rientrare nei limiti di spesa del regolamento.

Un'analisi a parte merita l'effetto "Title Partner". Quando un'azienda come Oracle o HP lega il proprio nome a quello di una scuderia, l'investimento trascende la sponsorizzazione. Si tratta di un'operazione di posizionamento strategico, dove il successo del team diventa la validazione pubblica della tecnologia del partner. Il ritorno sull'investimento va misurato su più livelli. Sebbene sia difficile quantificare un ROI diretto, report di settore sul valore mediatico (Media Value Equivalent) stimano che per i top team questo possa superare di diverse volte l'investimento iniziale, generando un'esposizione globale massiva. Questo valore, tuttavia, rimane in gran parte legato al branding e non necessariamente a un aumento diretto delle vendite.

Dal circuito al mercato: il valore oltre la pista

Se i team traggono benefici da queste collaborazioni, il ritorno per le aziende tecnologiche è altrettanto significativo. La Formula 1 funge da banco di prova in condizioni estreme.

È doveroso, però, operare una distinzione: se il processo di ottimizzazione dei prodotti core dei partner tecnologici (come le piattaforme cloud) appare sistematico, il trasferimento tecnologico verso settori terzi è più raro. Sebbene esempi come quello di Williams Advanced Engineering, che ha applicato le sue competenze aerodinamiche per ridurre il consumo energetico dei frigoriferi dei supermercati, siano potenti a livello narrativo, il dibattito è aperto su quanto siano la norma o piuttosto eccezioni di successo, abilmente sfruttate a fini di marketing.

Il cost cap ha innescato una trasformazione cruciale: l'IT è passato da centro di costo a investimento strategico. La tecnologia, tuttavia, non è un livellatore automatico e rischia di creare nuove dinamiche competitive. L'ingegno è diventato il nuovo capitale. Questa ossessione per l'efficienza, nata per ragioni finanziarie, si sposa perfettamente con la narrazione pubblica della sostenibilità. Ma è qui che l'analisi deve diventare più critica. Una visione d'insieme non può ignorare la contraddizione fondamentale di uno sport la cui essenza risiede nella spettacolarizzazione di un consumo energetico massivo. Il Gran Premio, come evento, diventa un catalizzatore di consumi su larga scala. In questo contesto, il rischio che l'etichetta "sostenibile" applicata a carburanti sintetici o a processi ottimizzati si traduca in una sofisticata operazione di greenwashing è concreto. La tecnologia può certamente rendere il processo più efficiente, ma non può alterare la natura intrinseca di uno spettacolo che, in ultima analisi, glorifica proprio ciò che la transizione ecologica chiede di riconsiderare.

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