La leadership aziendale, per colpa (o merito, decidete voi) dell'IA, non è più una pratica basata principalmente sull'intuizione e l'esperienza umana ma un modello ibrido dove tecnologia e competenze relazionali devono necessariamente integrarsi. La sfida è trovare il giusto equilibrio tra gli elementi per creare ambienti di lavoro più innovativi, etici e produttivi. Esperti internazionali concordano sul fatto che il futuro della leadership passi attraverso una governance etica dell'IA e lo sviluppo di quello che viene definito "Intelligenza Connettiva".
Benedetta Giovanola, studiosa di etica dell'innovazione, sottolinea come sia fondamentale ancorare le scelte relative all'intelligenza artificiale allo scopo e ai valori dell'organizzazione. Secondo la sua analisi, investire in una governance eticamente orientata significa garantire coerenza con l'identità aziendale e comprendere quale contributo reale questi sistemi possano offrire agli obiettivi strategici. La trasparenza diventa quindi un requisito imprescindibile: questi processi devono essere comprensibili a tutti gli stakeholder coinvolti, creando un ambiente partecipativo che generi fiducia anziché resistenze e paure.
Il tema della rappresentatività dei dati emerge come questione critica. Giovanola avverte che i sistemi di IA devono essere addestrati su dati diversificati dal punto di vista del genere, del background culturale e dell'etnia, altrimenti rischiano di produrre risultati discriminanti in modo inconsapevole. Si parla infatti di "datawashing" quando i dati forniti all'intelligenza artificiale sono corrotti o parziali: in questi casi, anche gli strumenti che ne derivano risulteranno viziati. Bisogna progettare, sviluppare e utilizzare sistemi che contribuiscano a creare un ecosistema basato sulla fiducia, rispettando valori e principi etici fin dalla fase di design.
Un approccio completamente diverso, ma complementare, viene proposto da Erica Dhawan, autrice di "Digital Body Language", che introduce il concetto di Connectional Intelligence. Questa capacità di sbloccare valore attraverso il massimo utilizzo di reti e relazioni rappresenta, secondo Dhawan, la competenza più potente per l'innovazione nell'era dell'IA. I team più intelligenti non usano l'intelligenza artificiale come sostituto del pensiero umano, ma come partner cognitivo che amplifica le potenzialità umane.
Dhawan racconta l'esperienza di un team di Microsoft che ha utilizzato una piattaforma interna basata sull'IA per connettere ingegneri in India, marketer in Europa e designer negli Stati Uniti. Il sistema non si limitava a raccogliere idee, ma metteva in contatto persone di diverse regioni che stavano riflettendo su problemi simili. Questa contaminazione ha portato allo sviluppo di una nuova funzionalità di accessibilità per Teams che ora aiuta milioni di utenti. L'esempio dimostra come la tecnologia possa essere utilizzata per connettere il potenziale umano, non solo per comunicare informazioni.
Un caso emblematico citato da Dhawan riguarda un'azienda globale di beni di consumo, dove un team ha utilizzato l'IA per sintetizzare insight sui clienti provenienti da 20 mercati diversi. Invece di accettare passivamente i risultati, il gruppo ha organizzato una sessione chiamata "Human Check", ponendosi domande cruciali: cosa stiamo trascurando? Cosa non ci convince? Questo esercizio critico ha permesso di individuare un fattore emotivo determinante nella fedeltà dei clienti che l'algoritmo aveva completamente ignorato.
Serve una cultura aziendale integrata
Per superare le barriere organizzative e creare una cultura aziendale integrata, secondo Dhawan, non servono necessariamente nuovi sistemi tecnologici ma nuove abitudini di connessione. Un suo cliente nel settore sanitario ha scoperto che i team clinici, IT e operativi comunicavano raramente, se non attraverso lunghe catene di email. L'introduzione di un semplice "huddle di chiarezza" settimanale di 15 minuti, dove ogni leader condivideva un insight e una richiesta, ha ridotto i ritardi nei progetti interdepartimentali del 40% in soli tre mesi, aumentando significativamente anche i punteggi di engagement dei dipendenti.
Giovanola ribadisce l'importanza di essere chiari sull'interazione tra utilizzo dell'IA e sviluppo del potenziale autenticamente umano. La chiave del successo risiede nel trovare il giusto mix tra automazione e sviluppo di capacità propriamente umane come empatia, leadership e predisposizione relazionale. Queste competenze, sempre più richieste nel mercato del lavoro contemporaneo, non possono essere replicate dai sistemi artificiali. L'obiettivo è quindi creare ambienti dove ci sia collaborazione anziché paura della sostituzione, con sistemi realmente centrati sulla persona.
La dimensione della governance richiede inoltre una partnership multi-stakeholder, coinvolgendo sia attori privati che pubblici. L'intelligenza artificiale contribuisce a prendere decisioni che hanno rilevanza sul piano politico e istituzionale, rendendo necessario un approccio condiviso e trasparente. Solo attraverso questa collaborazione allargata sarà possibile trasformare quella che oggi appare come una minaccia in un valore autentico per le organizzazioni e la società nel suo complesso.
Spunti arrivati nel corso del Leadership Forum, organizzato da ROI Group, dove erano presenti anche Nello Cristianini, professore di Intelligenza Artificiale all’Università di Bath con trent’anni di ricerca nel Machine Learning e linguistica computazionale e Paul Polman, ex CEO di Unilever e fra i più influenti leader aziendali del XXI secolo, che ha portato la sua visione di come la leadership possa essere motore di cambiamento positivo, dimostrando concretamente come crescita economica e responsabilità verso il pianeta possano andare di pari passo.