E se lo sport non fosse più quello che era una volta? Ci appassiona e ci emoziona, ci fa riunire con gli amici, ci fa fare follie. Lo sport è anima, cuore e sudore... o forse no? Beh, è anche silicio e rame, circuiti e reti neurali, server, Intelligenza Artificiale e molto altro. Le società sportive sono in verità aziende sportive, e se questo era già vero anni fa, con le tecnologie moderne ora sono aziende all’avanguardia in molti scenari.
Le società sportive professionistiche non sono diverse da tante altre aziende almeno per un aspetto: anche loro stanno vivendo una trasformazione digitale silenziosa, profonda e inesorabile. Dalle panchine della Serie A ai box della Formula 1, dai campi da basket dell'NBA alle arene della pallavolo, la struttura stessa del "club-azienda" viene infatti ridisegnata dalle tecnologie più moderne - con un ruolo più che centrale dell’Intelligenza Artificiale.
Le società sportive, almeno alcune di loro e almeno quelle che se lo possono permettere, si stanno ristrutturando per diventare imprese complesse e data-driven, dove la competizione non si gioca più solo sul talento ma sull'efficienza dell'intera macchina organizzativa. In questo nuovo paradigma, l'intelligenza artificiale agisce come un sistema operativo, un catalizzatore che non si limita a introdurre nuovi strumenti, ma ridefinisce i processi decisionali, i flussi di lavoro e le stesse mansioni professionali, dal vertice manageriale all'atleta in campo, fino all'ultimo impiegato amministrativo. Ed è fondamentale ricordare che una società sportiva non può limitarsi a vincere in campo; sono aziende e come tali devono tenere d’occhio il fatturato, i costi e la sempre centrale bottom line.
Anche nel mondo dello sport, dunque, la transizione non è più un'opzione, ma una necessità dettata da un mercato globale e iper-competitivo, il cui valore, secondo le proiezioni, supererà i 60 miliardi di dollari entro il 2034. Come afferma Gianpaolo Martire (Vero Volley), “L’AI è il nostro futuro, ma è anche il nostro presente e, in quanto professionisti del settore, siamo chiamati ad integrarla nella quotidianità per restare al passo con le nuove esigenze del mercato”. Questa affermazione, letta in un'ottica aziendale, non riguarda solo l'innovazione, ma la sopravvivenza e la prosperità in un settore dove il margine tra successo e fallimento è sempre più sottile e sempre più dipendente dalla capacità di un'organizzazione di processare informazioni e agire con rapidità e precisione.
L'impatto di questa rivoluzione si estende a ogni area funzionale. Il "core business" – la performance sportiva – viene ottimizzato con una granularità impensabile. Le "business operations" – dallo scouting al marketing – vengono ristrutturate per massimizzare il ritorno sull'investimento, spesso a scapito di ruoli tradizionali.
In questo processo, emergono nuove figure centrali, come l'atleta "quantificato" e il manager "aumentato", e con esse una serie di dilemmi etici che prefigurano le sfide del futuro del lavoro. La responsabilità di governare questa transizione ricade direttamente sulle spalle delle società sportive, ora chiamate a comportarsi come imprese consapevoli del proprio impatto sociale ed economico.
Ottimizzare le prestazioni sportive
Se il campo da gioco può essere riletto come un "reparto produzione", allora possiamo vedere come l’AI impatti sul lavoro dello staff tecnico, e come il coach diventi un orchestratore, un manager di insight.
A tal proposito, gli esempi non mancano.
In Serie A, la piattaforma IM Coach di Math&Sport, spin-off del Politecnico di Milano, fornisce allo staff un'analisi tattica in tempo reale. Durante il match, un assistente può ricevere sul tablet notifiche generate da algoritmi che analizzano il flusso di gioco, segnalando un calo nella pressione collettiva, uno sbilanciamento o un sovraccarico su un singolo difensore. Il lavoro del coach non è sostituito, ma il suo flusso decisionale è ora arricchito da un input analitico che esige nuove competenze interpretative.
La produttività dei singoli ruoli viene potenziata a dismisura. Un analista tattico, per preparare un report su un avversario, impiegava ore a visionare e taggare filmati. Oggi, sistemi come TacticAI di Google DeepMind, testato con il Liverpool, possono analizzare migliaia di scenari di gioco e suggerire in autonomia le contromisure più efficaci, dimostrando nei test alla cieca una preferenza del 90% rispetto alle tattiche umane originali. Nel motorsport, team di Formula 1 come Mercedes utilizzano l'High-Performance Computing di AWS per complesse simulazioni di fluidodinamica computazionale, mentre McLaren impiega "gemelli digitali" potenziati dall'IA per testare virtualmente diverse configurazioni. La Scuderia Ferrari usa l'IA per accelerare il ciclo di sviluppo, ottimizzando la correlazione tra le simulazioni e i dati reali della pista. In tutti questi casi, il lavoro dell'ingegnere e dell'analista è meno manuale e più focalizzato sull'interpretazione strategica di output algoritmici.
Ma non si tratta solo di raggiungere il miglior risultato. L’AI e la digitalizzazione possono impattare anche altre parti dell’azienda sportiva, come per esempio la gestione sanitaria. Il capitale più prezioso di un club è infatti la salute dei suoi atleti, e passare da un approccio reattivo (agire dopo che si verifica un problema) a uno predittivo (agire preventivamente) può fare un’enorme differenza.
Per esempio, il progetto "Digital Athlete" della NFL crea una controparte virtuale per ogni giocatore, combinando dati di tracciamento dal campo (Next Gen Stats), analisi video e sensori sull'equipaggiamento. Milioni di simulazioni vengono eseguite sul "gemello digitale" per identificare scenari ad alto rischio. Analogamente, la tecnologia indossabile di K-Sport, utilizzata dal Vero Volley, permette una gestione predittiva del carico di lavoro. Il lavoro dello staff medico e dei preparatori cambia: non si interviene più solo dopo l'infortunio, ma si pianifica la stagione per minimizzare i rischi e massimizzare la fase "uptime" degli atleti, garantendo la massima efficienza operativa della "rosa".
La trasformazione delle Ops: efficienza, ROI e impatto sul lavoro
Se il campo è il reparto produzione, il "front office" è il centro nevralgico dove l'IA sta ottimizzando i processi di business, con un impatto diretto sui ruoli impiegatizi e amministrativi. Lo scouting, assimilabile al "talent acquisition" di un'azienda, è uno degli ambiti più trasformati. Qualcosa che abbiamo visto nel famoso film L’Arte di vincere, traduzione italiana dell’originale Moneyball.
Il modello "Moneyball" è stato abbracciato anche da AC Milan, che si affida ad algoritmi per scovare talenti sottovalutati, è un processo di assunzione data-driven. Partnership strategiche come quella della Juventus con Huware, per implementare soluzioni basate su Google Cloud, e dell'Inter con Vedrai, per supportare i processi decisionali, indicano una tendenza chiara: ridurre la soggettività e aumentare l'efficienza nelle decisioni di investimento sul capitale umano.
Moneyball è stato scritto 20 anni fa, oggi tutti utilizzano i dati ma nel nostro portafoglio c’è un’azienda di analisi con 13 ricercatori del MIT - Gerry Cardinale
L'efficienza operativa e il ROI diventano le metriche chiave. Il caso dei San Jose Sharks nella NHL è emblematico. Unificando i dati dei clienti in un'unica piattaforma SAP, hanno abbattuto i silos informativi. Questo ha permesso a un singolo marketing manager di progettare e monitorare decine di micro-campagne iper-personalizzate, un'attività che prima avrebbe richiesto un intero team, con un aumento misurabile del tasso di rinnovo degli abbonamenti e dei ricavi del 30%. Allo stesso modo, la piattaforma +AI Vision di Greenfly, usata dalla NHL, automatizza il tagging e la distribuzione di contenuti a giocatori e partner. L'impatto è stato un aumento del 1605% dei download di contenuti in una sola stagione, un guadagno di produttività che ottimizza il lavoro di interi reparti di comunicazione.
Questa spinta all'efficienza pervade ogni funzione. Come illustra Gianpaolo Martire, nel Vero Volley l'IA viene usata per ottimizzare la logistica delle trasferte, per nuovi sistemi di marketing automation e gestione del CRM, e per strumenti che automatizzano processi ripetitivi come l'archiviazione e l'adattamento dei contenuti video per i social media.
Se da un lato questo libera risorse, dall'altro è una chiara minaccia al lavoro di alcune persone. C’è una "marea di amministrativi" che vede le proprie mansioni routinarie progressivamente automatizzate, creando una potenziale sacca di ridondanza professionale. Una situazione a cui nel breve termine si può rispondere solo con precise strategie di upskilling e reskilling, che significa mettere i lavoratori nelle condizioni di svolgere altre mansioni. Tuttavia, a medio e lungo termine, questa automazione potrebbe significare che dove oggi lavorano dieci persone domani potrebbe esserci posto solo per sette lavoratori, o magari anche meno. Un passo verso la “fine del lavoro” a cui - come società - non siamo preparati.
Infine, l'IA sta creando persino nuovi modelli di business per i tifosi, come dimostrano le arene di "realtà condivisa" di Cosm, che usano l'IA per creare esperienze immersive, o le app di fan engagement di Wimbledon (con IBM watsonx) o come la nuova applicazione di Ferrari.Tutti esempi dove le moderne soluzioni IA hanno effettivamente permesso di creare qualcosa di completamente nuovo.
La sfida etica: salvare i lavoratori e gestire la Responsabilità Sociale d'Impresa
La transizione verso il "club-azienda 4.0" genera un panorama etico complesso e stratificato. Le persone che lavorano per l’azienda sportiva sono tutte in qualche modo impattate dalla trasformazione digitale e dall’uso dell’Intelligenza artificiale. Anzi, in alcuni casi lo è anche una figura esterna come l’arbitro.
La prima sfida riguarda il "capitale umano" in campo, con l'atleta moderno che è probabilmente il lavoratore più monitorato al mondo: la sorveglianza biometrica continua trasforma il suo corpo in un asset da cui estrarre dati preziosi, che aiutano atleti e aziende sportive a ottenere sempre i migliori risultati.
Tuttavia il confine tra ottimizzazione e sorveglianza si fa labile, e in molti altri contesti situazioni simili sarebbero probabilmente illegali. Si potrebbe rispondere che le cifre in gioco - non solo gli stipendi - giustificano azioni diverse rispetto alla “gente normale”, e forse sarebbe un’obiezione legittima. Tuttavia è necessario fare grande attenzione.
A chi appartengono questi dati? Possono essere usati in sede di negoziazione contrattuale? Si sposta in qualche modo il confine della privacy? La pressione psicologica di essere costantemente valutato da un algoritmo introduce una nuova dimensione di stress lavorativo.
Anche il ruolo dell'arbitro è in discussione. Con l'avvento del fuorigioco semi-automatico e di altri sistemi di visione artificiale, si guadagna in precisione, ma ci si domanda se l'arbitro sarà il prossimo lavoro a rischio di automazione, perdendo la gestione umana del gioco. A un certo punto questa figura in carne e ossa potrebbe diventare completamente superflua - ma si potrebbe decidere di tenerla per simulare il sempre prezioso human touch.
La seconda, e forse più urgente, sfida etica riguarda l'impatto sul personale non atleta. L'efficienza portata dall'IA rischia di creare una significativa disoccupazione tecnologica tra il personale amministrativo, di marketing e comunicazione. Di fronte a questo, le società sportive, in quanto imprese con un'enorme visibilità, hanno una chiara responsabilità sociale d'impresa. Non possono ignorare i costi umani. È loro dovere etico impegnarsi attivamente in percorsi di reskilling e upskilling per la propria forza lavoro: investire nella formazione per trasformare un impiegato amministrativo in un gestore di piattaforme digitali, o un addetto marketing in un analista di dati, reinvestendo i guadagni di produttività nel potenziamento del personale.
Allo stesso tempo, come ogni altra azienda che abbia a che fare con l’Intelligenza Artificiale, è opportuno prendere in considerazione la creazione di un ruolo specifico come il CAIO, o l’istituzione di un comitato etico per l’uso dell’AI e dei dati. Senza contare poi che la raccolta dei dati e l’uso dei sistemi di AI impone obblighi di compliance molto specifici, da tenere sempre in grande considerazione.
Oltre a questo, emergono altre questioni sistemiche. Come accade da molti anni ormai, infatti, la disponibilità di capitali potrebbe finire per essere ciò che determina la vittoria. Questo perché - banalmente - l’accesso alle tecnologie più recenti e più performanti costa molto e potrebbe venirsi a creare una distanza incolmabile tra i club d'élite e le società minori - persino più grande di quella che c’è oggi.
Il contrasto tra un club di prima fascia con un sistema di "digital twin" e una squadra giovanile che usa un'app su smartphone come SportsVisio è emblematico. Questo potrebbe cristallizzare le gerarchie e uccidere la competitività, l'essenza dello sport. Allo stesso tempo, anche un accesso democratico e paritario presuppone alcuni rischi: se tutte le squadre utilizzeranno strumenti simili, potrebbero convergere verso strategie "ottimali" ma omogenee, portando a una sterilizzazione tattica che renderebbe lo sport più prevedibile. Qualcosa di simile al rischio di vedere contenuti tutti uguali sui social media e sui giornali, in effetti.
Infine, la gestione di enormi quantità di dati sensibili apre problemi di sicurezza informatica e di accountability: chi è responsabile se un'IA "black box" fornisce una raccomandazione errata che costa milioni a un club? Come gestire la privacy? Come affrontare la differenza di normative se una squadra di sposta dall’Europa ad altre parti del mondo? Sono molte le possibili domande a cui bisognerà dare risposta nell’immediato futuro.
Sono aziende sportive e bussola del futuro
È fondamentale, a questo punto, compiere un passo indietro e analizzare l'oggetto della nostra discussione per quello che è realmente. "Società sportiva" è l'espressione popolare e romantica per definire quella che, a tutti gli effetti, è un'azienda sportiva: un'organizzazione con dinamiche industriali, bilanci da far quadrare, asset da valorizzare e una spinta ossessiva verso la massimizzazione della performance. Questo modello, pur con le dovute proporzioni, non si applica solo ai colossi del calcio o ai team miliardari della Formula 1, ma permea l'intero tessuto dello sport, anche quello amatoriale, dove anche le realtà più piccole cercano di imitare le strategie dei più grandi per sopravvivere e competere.
Proprio perché parliamo di aziende, diventa non solo legittimo ma doveroso considerarle un laboratorio a cielo aperto, un indicatore privilegiato di dove si sta dirigendo l'intero mondo aziendale e professionale. Le grandi aziende sportive, essendo particolarmente orientate al risultato e spesso dotate di risorse significative da investire in innovazione, agiscono come un acceleratore di tendenze. Ciò che accade oggi nei loro reparti di analisi dati, nelle loro strategie di marketing o nella gestione del personale, prefigura con straordinaria chiarezza le trasformazioni che interesseranno banche, industrie manifatturiere e società di servizi nel prossimo futuro. Sono, in questo senso, un faro a cui dare credito per intravedere le dinamiche lavorative e organizzative che ci attendono.
Ma il loro ruolo di "faro" non è solo tecnologico; è, soprattutto, etico. Proprio queste organizzazioni, che per prime stanno implementando l'IA in modo così pervasivo, hanno la responsabilità e l'opportunità di indicarci una via per governare le implicazioni più complesse di questa rivoluzione. All'interno di questo laboratorio stiamo osservando in forma concentrata le grandi questioni del nostro tempo. Come trattiamo i lavoratori, non solo atleti ma anche amministrativi, quando l'intelligenza artificiale automatizza le loro mansioni e minaccia il loro posto? Come gestiamo le disuguaglianze che l'IA rischia di amplificare, creando un divario insormontabile tra le aziende "ricche di dati" e le altre? E come definiamo i confini tra l'ottimizzazione della performance e la sorveglianza, in un mondo dove la raccolta continua di dati sulla persona diventa la norma.
Le aziende sportive, quindi, agiscono su un doppio binario. Sono un faro di futuro, che ci mostra il potenziale incredibile dell'efficienza algoritmica. Ma sono, allo stesso tempo, un prezioso campanello d'allarme. Osservando le loro sfide, i loro errori e le loro eventuali soluzioni, abbiamo la possibilità unica di comprendere i problemi, sviluppare quadri normativi e definire principi etici solidi prima che queste stesse criticità si diffondano, in modo forse meno visibile ma non meno impattante, a tutto il resto della società. La vera partita, oggi, si gioca sulla nostra capacità di imparare da loro.