Caleidoscopio, recensione: i mille pezzi di un'unica storia

Caleidoscopio, la nuova dimensione degli heist movie per Netflix con Giancarlo Esposito è già disponibile su Netflix.

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a cura di Manuel Enrico

Periodo all’insegna del crime su Netflix in questa apertura d’anno. Non pago di averci offerto la seconda indagine di Benoit Blanc con Onion Glass e il ritorno della coppia Bale-Cooper con The Pale Blue Eye, il servizio streaming di Reed Hasting sceglie di affrontare la sempre appassionante atmosfera degli heist movie da una nuova prospettiva, anzi da diverse prospettive contemporaneamente. Una pluralità di punti di vista che viene prospettata già dal titolo della nuova miniserie di Henry Garcia, Caleidoscopio, arrivata su Netflix all’alba del nuovo anno.

Difficilmente si potrebbe concepire un titolo più in linea con quanto viene messo in scena in questa nuova miniserie. Per definizione, il caleidoscopio è un gioco che si basa sull’interazione di diversi pezzi di vetro colorato inseriti in un cilindro in cui il nostro occhio può divertirsi a ricomporre forme colorate, mutevoli in base ai movimenti a cui sollecitiamo il cilindro. Combinazioni casuali che compongono figure simmetriche, nate dall’unione di frammenti apparentemente slegati tra loro. Una dinamicità vivace e quasi lisergica, che vede nella struttura della miniserie una perfetta interpretazione narrativa, così ben congeniata che viene da chiedersi come mai Netflix non abbia voluto dare maggior risalto a questa avvincente miniserie. Se i citati titoli sono stati oggetto di una più ragionata promozione da parte del canale streaming, forti anche di un cast di alto profilo (Onion Glass) o di un attore di grande richiamo (The Pale Blue Eye), Caleidoscopio avrebbe meritato il medesimo trattamento, considerato che la storia di Henry Garcia è un’esperienza innovativa per il comparto seriale.

Caleidoscopio, la nuova dimensione degli heist movie per Netflix

Nella tradizione degli heist movie, la rapina non è l’essenza del racconto, quanto un punto di arrivo, lasciando che sia la pianificazione il vero fulcro della trama. Lezione che abbiamo ben appreso da cult come Ocean’s Eleven o Now You See Me, esempi di come il grande colpo sia solo l’apice di un’attenta programmazione e di una certa tendenza alla spettacolarità con cui ingannare lo spettatore.

Come un buon gioco di prestigio, la rapina perfetta è frutto parimenti di una buona preparazione e di un racconto visivo spettacolare. Forte di questi due intuizioni, Caleidoscopio si spinge oltre, imbastendo un gioco narrativo che richiama proprio al citato giochino, la perfetta illusione ottica in cui le diverse parti si ricombinano per creare un’immagine sorprendente e capace di strabiliare lo spettatore. Solitamente si tende a guardare con sospetto le altisonanti dichiarazioni delle presentazioni, eppure bisogna riconoscere a Netflix di avere presentato Caleidoscopio con una sincerità encomiabile:

un approccio non lineare alla narrazione e costruisce intrighi e suspense in modo unico, offrendo agli abbonati Netflix esperienze di visione diverse.

Altisonante, sin troppo seducente in un periodo in cui si susseguono occasioni mancante e assistiamo alla chiusura di prodotti che avrebbero meritato sorti migliori. Caleidoscopio si rivela una produzione onesta tanto nella presentazione quanto nella realizzazione, puntando a un’innovazione stilistica appassionante e apparentemente machiavellica, ma che si rivela invece un incoraggiamento agli spettatori a vivere in modo totale e appagante il concept degli heist movie.

Punto di partenza è una notizia di cronaca. Nell’ottobre 2012, dopo che l’uragano Sandy si era abbattuto su New York, vennero ritrovati settanta miliardi di dollari in obbligazioni, un evento incredibile che ha suggestionato a tal punto Garcia da spingerlo a realizzare una miniserie che rendesse questo evento paradossale parte di una rapina spettacolare. L’intuizione di Garcia non è da apprezzare solo per il modo in cui ha saputo dare a una produzione seriale un taglio cinematografico, ma soprattutto per avere ideato un mosaico narrativo in cui i diversi capitoli sono sviluppati in modo tale da poter essere tutti degli ideali primi episodi, dando una completa libertà allo spettatore. Esperimento tutt’altro che scontato, considerato che la tradizionale prassi del binge watching ha spinto a consumare freneticamente una serie nell’ordine proposto, mentre Caleidoscopio, per questa sua natura imprevedibile, andrebbe invece vissuto come un’esperienza di intrattenimento autentico, personale.

Un percorso personale in una grande storia

A contribuire a questa anima innovativa di Caleidoscopio è la costruzione di una trama orizzontale che si dipana su un arco di venticinque anni, coinvolgendo otto personaggi che, pur essendo parte di una squadra, sono tutto meno che aperti e onesti l’un l’altro. Mossi dall’avidità, dalle angosce personali o dalla vendetta, questi criminali sono parte di una meccanica machiavellica in cui le figure classiche di un heist movie (basista, scassinatore, autista e simili) sono valorizzati in modo tale da renderli essenziali alla buona riuscita del colpo, ma anche degli elementi spigolosi gli uni per gli altri, andando a costruire un clima di tensione latente che, a seconda dell’ordine di visione degli episodi, diventa la colonna portate della trama.

Non è un caso che gli otto protagonisti di Caleidoscopio equivalgano il numero di episodi di questa miniserie, ognuno definito da un colore (Giallo, Verde, Rosso, Blu, Rosa, Bianco, Arancione e Viola), che non solo citato le linee della metro della Grande Mela, ma sono perfette cifre cromatiche per le emozioni principali dell’episodio di riferimento. Non esiste, come detto, un ordine ideale per godersi al meglio la storia di Caleidoscopio, ma solo la volontà da parte dello spettatore di approcciarsi a questa intrigante miniserie con la sicurezza di trovarsi davanti a una produzione di altro livello, sostenuta non solo da una trama incredibilmente ben strutturata da Garcia, ma anche da un cast di ottimo livello (sui cui svetta un mai troppo incensato Giancarlo Esposito) che diventa a turno protagonista della scena, andando a raccontare una storia che, pur caratterizzata da una propria identità, si rinnova continuamente su tramite diverse sfumature narrative, passando agevolmente da una dimensione venata di ironia a un più graffiante e cinico ritratto di personaggi alla deriva.

Se l’intro con cui veniamo accolti in Nero, la breve presentazione iniziale, ci promette un’esperienza innovativa e atipica nell’attuale panorama seriale, dopo aver vissuto interamente Caleidoscopio si deve ammettere di aver vissuto esattamente quanto ci era stato preannunciato: una serie capace di guardare negli occhi i migliori heist movie reggendo non solo il confronto, ma mostrando come ancora una volta il concetto di serialità stia progredendo verso una dimensione stilistica e realizzativa capace di offrire un intrattenimento di altissima qualità.