Chaos Walking, recensione: quando i pensieri possono tradirti

Chaos Walking è il nuovo film sci-fi di Amazon Prime Video, una storia in cui i pensieri dei protagonisti sono tutt'altro che segreti.

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a cura di Manuel Enrico

Poche cose sono preziose come i segreti che ci portiamo nella nostra mente. Un mondo che spesso non viene condiviso con chi ci circonda, tratto intimo la cui imperscrutabilità ha solleticato la curiosità di grandi narratori, dal mondo della letteratura, come Dick, sino all’universo dei comics, con la comparsa di personaggi come il Professor X degli X-Men. Ma cosa accadrebbe se non fossimo più un grado di preservare questo nostro segreto, se i nostri pensieri potessero fluire dalla nostra mente senza alcuna barriera? Una domanda che trova risposta in Chaos Walking, nuova proposta del catalogo Amazon Prime Video in uscita l’8 giugno, che vede Tom Holland fronteggiare questo dilemma. Ancora una volta, il mondo del cinema si rivolge alla letteratura young adult in cerca di ispirazione. Chaos Walking riprende le vicende di The Knife of Letting Go, primo libro di un ciclo sci-fi per giovani lettori creato da Patrick Ness, un successo editoriale che, seguendo le orme di altri produzioni simili come Shadow Hunters o Tenebre e Ossa, trova una nuova vita all’interno dell’entertainment streaming. Il passaggio da un medium a un altro non è però sempre agevole, una transizione che spesso penalizza anche le migliori intenzioni, come purtroppo accaduto a Chaos Walking, che ha dovuto affrontare non poche avversità nella sua realizzazione.

Chaos Walking: nuova mondo, vecchi rancori

Affidato inizialmente alle cure dello sceneggiatore Charlie Kauffman (Essere John Malkovich, Confessioni di una mente pericolosa, Se mi lasci ti cancello), Chaos Walking aveva tutte le potenzialità per essere un film interessante, quasi da diventare il primo capitolo di una saga capace di rivaleggiare con nomi del calibro di Hunger Games e The Maze Runner. Peccato che, nonostante un sostanzioso budget che si aggirava attorno ai 100 milioni di dollari, la produzione abbia dilatato eccessivamente i tempi di lavorazione, perdendo regista e sceneggiatore, ma soprattutto sperperando un patrimonio essenziale: la giovinezza degli interpreti.

Tom Holland e Daisy Ridley non sono certo degli attempati attori, ma il ritardo accumulato dalla produzione ha dovuto far fronte a una maturazione non solo artistica dei due protagonisti. Sono lontani i tempi in cui Holland stupiva come giovane Peter Parker: lo abbiamo visto letteralmente crescere e raggiungere un’età in cui gli sono stati offerti ruoli più maturi, come Le strade del male, che si allineavano anche al suo invecchiare. Discorso che si applica anche a Daisy Ridley, che non ha più l’aura da ragazzina vista in Il Risveglio della Forza, che come il collega oramai è una trentenne che poco ha da offrire in termini di empatia con il pubblico adolescenziale cui si rivolge Chaos Walking.

Todd Hewitt (Tom Holland) è un orfano che vive in una delle colonie umane di Nuovo Mondo, pianeta colonizzato pochi anni prima, in cui una guerra con una razza indigena, gli Sparkle, ha condannato gli abitanti dell’avamposto di Prentisstown a vivere senza alcuna presenza femminile. Come viene raccontato nella narrazione orale locale, durante la guerra con gli alieni, questi attaccarono il villaggio, eliminando ogni donna, ragazza o bambina.

Ma l’arrivo su Nuovo Mondo non ha portato solo a vivere questa tragedia. Appena sbarcati sul pianeta, gli uomini hanno scoperto che qualcosa non meglio identificato su questo mondo rendeva i loro pensieri liberi di fluire dalla loro mente, avvolgendo la loro testa da un’aura colorata in cui le loro elucubrazioni prendevano vita, diventando immagini. Questa stranezza venne chiamata Rumore, e in breve divenne il sistema di comunicazione principale tra gli uomini, che dovettero imparare a controllare per evitare di essere facilmente leggibili da chiunque.

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Una capacità che Todd non padroneggia per nulla bene. I suoi pensieri sono come un fiume in piena che erompe continuamente, rendendolo facilmente interpretabile da chiunque e impedendogli di nascondere la propria sfera personale. Diventa però anche la sua caratteristica vincente quando dovrà aiutare Viola (Daisy Ridley), unica sopravvissuta di una navetta esplorativa della seconda ondata di colonizzatori che scoprirà come la nuova casa tra le stelle non sia ospitale come desiderato.

Quando le premesse non si realizzano

Le premesse di Chaos Walking sono tutte ottime, almeno sulla carta. L’idea di sfruttare il Rumore come un elemento di interazione sociale e allo stesso tempo un’arma puntata alla propria interiorità è avvincente, crea una dinamica sociale nuova e intrigante. Il fatto che solo gli uomini ne siano affetti, rendendoli facilmente interpretabili dalle donne, genera una contrapposizione di genere che non presenta una predominanza di un sesso rispetto all’altro, ma anzi fa emergere una necessità di confronto onesto.

Un intento che trova un ulteriore punto di forza nell’allegoria della prima conoscenza tra un ragazzo e una ragazza, due adolescenti che in Chaos Walking sono argutamente dipinti come provenienti da due mondi diversi. Sfruttato in modo quasi sempre intelligente anche il Rumore, strumento narrativo che da un lato lascia trapelare l’emotività di Todd, dall’altro lo presta a situazioni imbarazzanti con pensieri poco puri nei confronti di Viola. Una dinamica di coppia che viene affidata alla recitazione di Holland e della Ridley, due interpreti fisici che mostrano ottime doti nelle scene più dinamiche, ma che patiscono i momenti di costruzione emotiva, complice una scrittura delle loro alter ego priva di colore e una fisionomia troppo distaccata dall’ideale dell’adolescente. Una percezione amplificata dalle scene dell’epilogo e di alcuni reshoot nell’ultima parte della pellicola, effettuate due anni dopo il resto del girato, in cui il cambio di fisionomia di Holland e Ridley li rende ulteriormente maturi, lontani dall’ideale adolescenziale dei due protagonisti della storia.

Un distacco emotivo, se non generazionale, palpabile nella visione che Doug Liman, lavorando sulla sceneggiatura finale di Christopher Ford (già autore di Spider-Man: Homecoming), ha portato sul grande schermo. Il fulcro emotivo della pellicola, infatti, si basa sulla sensibilità e la scoperta della sfera intima di due adolescenti provenienti letteralmente da mondi diversi. Ma come gestire questo punto focale se mancano gli adolescenti? Si deve sperare che lo spettatore si faccia travolgere dalla novità del Rumore, dall’interpretazione sempre impeccabile di Mads Mikkelsen (il cattivo del film) e dal ritmo frenetico della pellicola.

Una speranza che riesce quasi a trovare una sua realizzazione, visto che per gran parte del film questi elementi sorreggono Chaos Walking dignitosamente, ma che perde di consistenza nelle svolte emotive centrali. Una perdita di focus causata anche dalla non sempre entusiasmante realizzazione tecnica del Rumore, che in alcuni momenti sembra più un ingombrante alone violaceo, incapace di svolgere al meglio la sua funzione di sguardo sull’interiorità di Todd e finendo per essere un deus ex machina per siparietti comici. Non più un flusso di pensiero rivelatore, quanto un maelstrom anarchico di colori e suoni che riesce a spezzare malamente il ritmo narrativo. Sicuramente nella versione originale di Ness il Rumore ha una sua valenza specifica e un funzionamento adatto allo svolgimento della trama, ma nel passaggio al grande schermo la sua rilevanza potrebbe esser stata pesantemente compromessa.

In conclusione

Una perdita narrativa non indifferente, quella a cui abbiamo assistito, perché ciò che possiamo percepire come un tratto specifico di Chaos Walking non emerge, privando la storia di una propria identità e rendendola troppo simile ad altri scenari fantascientifici mutuati dalla letteratura young adult, come The 100. Manca un qualcosa di genuino e specifico, non si percepisce un guizzo autoriale che faccia vibrare le corde emotive dello spettatore su nuove frequenze. Chaos Walking è un compito diligente, svolto mirando a ottenere il minimo richiesto per essere una visione discreta e leggere, ma che lascia l’amara sensazione di aver sprecato un cast di ottimi interpreti senza dar loro una storia che avrebbe potuto giovare molto dalle loro doti.