La Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe è perfetta per introdurre She-Hulk

L'arrivo di She-Hulk nella la Fase Quattro è il momento ideale per introdurla nel Marvel Cinematic Universe

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a cura di Manuel Enrico

La Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe, per quanto criticata da parte dei fan del franchise per la sua apparente mancanza di direzione, ha il merito di avere dato una diversa caratterizzazione al ruolo delle eroine nella saga. Nelle precedenti Fasi del franchise, infatti, le eroine sono sempre state ritratte in modo da risultare quasi subordinate rispetto alle controparti maschili, con rari momenti in cui esser degnamente ritratte come fulcro delle storie, tendenza che nell’attuale fase del Marvel Cinematic Universe  è stata invertita, come hanno dimostrato sul grande schermo Wanda (Doctor Strange nel Multiverso della Follia) e Jane Foster (Thor: Love and Thunder). Nel comparto seriale questa tendenza si è percepita in WandaVision, trait d’union tra il passato di Wanda e l’ultima avventura di Stephen Strange, e Ms Marvel, serie dedicata alla giovane Kamala Khan, una progressione che il merito di avere preparato il Marvel Cinematic Universe all’arrivo di She-Hulk, la prossima serie del franchise ad approdare su Disney Plus.

Che She-Hulk fosse un’eroina dal fascino etico particolare non è una novità, considerato che sin dagli anni ’90 si era cercato di dare vita a un progetto che portasse Jennifer Walters sul piccolo schermo, con una serie messa in cantiere da ABC, o con un film che avrebbe cavalcato l’onda del successo della prima ondata dei cinecomic, dopo l’exploit del Batman di Tim Burton. Il passaggio dal mondo della carta a quello del cinema non avvenne e Jen dovette accontentarsi di seguire l’iter di molti personaggi della Casa delle Idee, che negli anni ’90 arrivarono a conquistare il settore dell’animazione, tanto che anche la titanica avvocatessa ottenne una propria vita animata, seppure come guest star,  come avvenne per altri grandi nomi del pantheon marveliano, dai Fantastici Quattro a Iron-Man, senza scomodare Spider-Man: The Animated Series o Gli Insuperabili X-Men.

L'arrivo di She-Hulk nella la Fase Quattro è il momento ideale per introdurla nel Marvel Cinematic Universe

Le possibilità della serialità

Quello che all’epoca avrebbe potuto esser un affascinante progetto cinematografico non vide la luce, ma, con il passare del tempo e con una rinnovata consapevolezza del ruolo della donna nella società, promette ora di diventare un progetto del Marvel Cinematic Universe dal sapore particolarmente attuale. Soprattutto, è cambiata la dinamica di presentazione dei diversi eroi marveliani, rispetto alla Fase Uno avviata con Iron Man (2008), in cui era quasi obbligatorio che ogni personaggio venisse introdotto con una propria origin story, specialmente i volti più amati dei comics marveliani. Se Testa di Latta e Cap avevano avuto una origin story, personaggi come Black Widow o Hawkeye erano stati introdotti come spalle, almeno inizialmente, ovviando a questa necessità narrativa.

A sparigliare le carte, è stato, per ovvi motivi legati soprattutto alla complessa gestione dei diritti, Spider-Man. L’introduzione del personaggio in Civil War non ha richiesto una particolare descrizione delel sue origini, ancora oggi un mistero per l’MCU, dimostrando come fosse possibile dare vita a un personaggio appassionante senza dover obbligatoriamente raccontarne le origini in un film. A consolidare questo approccio narrativo è stato anche l’arrivo di Disney+, una piattaforma ‘amica’, la cui necessità di contenuti si sposa alla volontà di cercare nuove strade per espandere il Marvel Cinematic Universe, una duplice esigenza che consente di sperimentare e offrire agli appassionati del franchise una diversa dinamica narrativa, più dilatata nei tempi, tipici della serialità, e che può emanciparsi da un corpus narrativo principale, quello cinematografico, basato su una stretta continuity che intreccia radicalmente i diversi capitoli. A dimostazione di questo, la Fase Quattro ci ha offerto sia prodotti che devono dare da conclusione a linee narrative ereditata dalla fine segnate da Endgame (WandaVision, The Falcon and The Winter Soldier) sia presentazioni di nuove figure, legate alla continuity (Ms. Marvel o Hawkeye) che particolarmente ‘anarchiche’, come Moon Knight.

L’occasione presentata da Disney+, quindi, diventa un momento perfetto per dare risalto a personaggi solitamente trascurati nella più esigenze dinamica cinematografica. Come dimostrato da WandaVision in primis, la serializzazione consente di ritagliarsi maggiori spazi per dare risalto alle peculiarità dei personaggi, andando anche a esplorare la loro intimità, la loro quotidianità. Un personaggio come She-Hulk, che, specialmente in run fumettistiche iconiche come quella di John Byrne o quella di Dan Slott, aveva affrontato una particolare disamina della propria umanità, affrontando anche conseguenze di momenti tragici come gli eventi di Vendicatori: Divisi, necessitava di un ampio minutaggio per potere cogliere l’essenza della sua anima. Da cui, affidarsi a una serie anziché a un film, e la Fase Quattro ha mostrato di esser il momento ideale del Marvel Cinematic Universe per introdurre She-Hulk

Spazio alle eroine

I protagonisti assoluti delle precedenti Fasi del Marvel Cinematic Universe sono stati personaggi maschili, Iron Man, Capitan America e Thor in particolare. Non che siano mancate supereroine, da Wasp a Black Widow, senza dimenticare Wanda, Gamora e tutte le badass girls viste nella celebre scena di Endgame, ma la sensazione era sempre che lo spazio loro dedicato non fosse sufficiente per esplorare la loro sensibilità, il loro mondo interiore. Teniamo presente che il primo film solista di un’eroina, Captain Marvel, è arrivato piuttosto tardi nello sviluppo del franchise, oltretutto coinvolgendo un personaggio che nelle dinamiche complessive della comunità supereroica del MCU è stata malamente usata, tenendola sempre un po’ al limite dell’azione principale.

Pur vedendo in Carol Danvers la prima eroina ‘protagonista’ in ottica di produzione, è da riconoscere a Wanda il titolo di prima protagonista femminile ben scritta. In WandaVision abbiamo modo di assistere alla sua evoluzione, da eroina a promettente minaccia, ruolo può concretizzatosi in Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Si deve proprio a questa prima serie del MCU su Disney+ l’aver spostato l’attenzione non solamente sui protagonisti maschili, ma l’avere dato alle eroine la possibilità di mostrarsi all’altezza degli eroi uomini, sia che si tratti di apparizioni da comprimari (come America Chavez) che di lanci per un eventuale futuro da protagonista, come Echo o Kate Bishop.

In quest’ottica, la produzione di una serie come She-Hulk: Attorney at Law rappresenta un ennesimo traguardo importante: un personaggio femminile scritto da un team artistico a forte trazione femminile. Nel mondo dei comics, She-Hulk, per quanto role model interessante per un pubblico di lettrici, è sempre stata affidata a scrittori uomini, che, pur animati da ottime intenzioni, mancavano della sensibilità di chi le situazioni raccontate le vive realmente. Aspetto che, nello sviluppo della serie, è stato considerato come elemento fondante, tanto che la sceneggiatura è stata affidata a un team composto da sei sceneggiatrici e due soli sceneggiatori uomini guidato da Jessica Gao, e con una regista donna, Kat Coiro, che consente di vedere in She-Hulk: Attorney at Law il primo progetto del Marvel Cinematic Universe a trazione femminile.

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Scelta necessaria, considerata la particolarità del personaggio. Sin dalla sua nascita fumettistica, She-Hulk viene presentata come una versione più consapevole di Bruce Banner, il cugino da cui riceve fortuitamente i poteri. Pur trasformandosi nella gigantessa verde, Jennifer mantiene la propria consapevolezza, contrariamente al ‘classico’ Hulk, ma questa sua razionalità diviene un punto di analisi della sua condizione, le permette di vivere il trauma di comprendere pienamente tutti i benefici ma anche le complicazioni dell’essere una supereroina. Tratto che viene bene mostrato nella run di Dan Slott o nel breve arco narrativo scritto da Charles Soules, in cui questa sua duplicità viene affrontato sì con ironia, ma non nascondendo le piccole criticità quotidiane.

E qui, torna in gioco la fortuna di avere un team artistico prettamente femminile per raccontare la quotidianità di un’eroina

Jennifer Walters e She-Hulk, due anime della stessa donna

Parlando con la stampa dell’impegno profuso per ritrarre al meglio Jennifer Walters nelle sue due anime, la regista Kat Coiro ha tenuto precisare come il point of view femminile fosse la sola chiave di lettura per realizzare una serie che fosse veritiera:

Spero che questo spettacolo contribuisca al movimento, dove sia accettato che alcuni show siano prettamente guidati da donne perché è come gira il mondo. E’ un argomento di cui abbiamo parlato molto, curando l’inclusività e assicurandoci che la storia fosse vista tramite un’ottica femminile. I fumetti, tradizionalmente, sono presentati da un punto di vista maschile; quindi, c’è stata parecchia discussione su quale fosse una prospettiva femminile e come potessimo creare la storia dal nostro punto di vista.

Ripensando alla figura di Jennifer Walters, avvocato in carriera che improvvisamente si ritrova a dover gestire i suoi nuovi poteri, accettando un dono visto inizialmente come una condanna, è facile comprendere come la volontà di ritrarre la quotidianità della donna sia centrale per dare ai lettori la piena consapevolezza della sua personalità.

Soprattutto, come abbiamo visto dai trailer, è interessante notare come questa scelta di un team creativo femminile abbia spostato notevolmente l’ago della bilancia, creando una condizione differente rispetto a una tradizionale grammatica narrativa del canone supereroico al cinema. Banner, che sappiamo esser la causa della situazione di Jennifer, vive questo senso di colpa come una missione, il dover addestrare la cugina a controllare i suoi poteri, conscio della propria difficoltà vissuta nel corso degli anni.

Può sembrare un dettaglio narrativamente irrilevante, ma il vedere già nel trailer come Jennifer si adatti meglio del cugino ai poteri ottenuti è un messaggio importante, che consente al contempo di mostrare una diversa visione della donna e di poter dare risalto ad altre problematiche più quotidiane e umane, lasciando quasi in secondo piano l’aspetto supereroico. E qui, si torna alla volontà autoriale di dare risalto a una femminilità concreta, per quanto permeata dall’ovvio contesto supereroico, ma che sfruttando l’ampio minutaggio di una serie televisiva consenta di esplorare l’intimità del personaggio, senza dimenticare di ricordare allo spettatore che siamo pur sempre all’interno del Marvel Cinematic Universe.

Anzi, la presenza del Banner di Ruffalo e di altre note presenze maschili, che mostrano un’inversione di prospettive mostrando di esser loro le damsel in mistess della situazione, consente di vedere in Jennifer Walters una delle eroine di punta del Marvel Cinematic Universe attuale, ponendo She-Hulk: Attorney at Law come un punto nodale di questo ultimo segmento della Fase Quattro del franchise.

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