Gli Insuperabili X-Men: i mutanti Marvel conquistano il piccolo schermo

Dai fumetti all'animazione: Gli Insuperabili X-Men, la serie animata cult dedicata ai mutanti di casa Marvel

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a cura di Manuel Enrico

È disponibile su Disney Plus con doppiaggio italiano di tutti gli episodi la mitica serie animata degli anni 90 Gli Insuperabili X-Men. Scopriamo la genesi e le curiosità di questa seminale serie animata.

Una giovane dotata di strani poteri è la preda di due giganteschi robot, che non esitano a inseguirla all’interno di un centro commerciale, non immaginando che quella che sembra un’operazione di routine si rivelerà presto la fine per i due titanici androidi. Una fortuna per Jubilation Lee, che dopo aver appena scoperto di essere dotata di poteri sovraumani, apprende di esser entrare a far parte di una comunità più ampia: quella dei mutanti. Sono infatti alcuni di loro che prima la salvano e poi le offrono rifugio, introducendola a una vita avventurosa fatta di combattimenti con alieni, viaggi nel tempo e scontri all’ultimo sangue. Se tutto questo suona familiare, vuol dire che vi ricordate alla perfezione La notte delle sentinelle, episodio di apertura de Gli Insuperabili X-Men (X-Men: The Animated Series), serie animata dedicata ai mutanti di casa Marvel che esordì su Fox Kids il 31 ottobre 1992.

I primi anni novanta furono una manna per i personaggi più amati dei comics, che dopo avere intasato le librerie degli appassionati lettori di fumetti invasero anche il mondo televisivo, con una serie di produzioni animate ancora oggi ricordate con particolare affetto. Erano gli anni di Spider-Man: The Animated Series e di Batman: The Animated Series, veri cult che rivoluzionarono non solo il concetto stesso del supereroe nell’animazione, ma ebbero un impatto diretto anche sulla natura cartacea dei personaggi (avete mai sentito parlare della storia di Harley Quinn?). Per i mutanti, che in quegli anni erano divenuti uno degli elementi di punta della Casa delle Idee, non era però la prima esperienza nel mondo dell’animazione.

Da comparse a protagonisti

All’interno del Marvel Universe, gli X-Men sono una delle prime creazione della Casa delle Idee, tenuti a battesimo da due nomi leggendari, Jack Kirby e Stan Lee. I primi tempi della formazione mutante non furono particolarmente soddisfacenti, tanto che la serie a fumetti ebbe un lungo periodo di pausa. Una condizione che, probabilmente, contribuì anche a ritardare la produzione di una loro serie animata, possibilità invece offerta a Spider-Man e Fantastici Quattro, che sin dalla fine degli anni ’60 furono protagonisti di cartoni animati.

Nonostante questa sfiducia, la prima apparizione degli X-Men nel mondo dell’animazione avviene nel 1966, all’interno di Namor il Sub-Mariner, in un episodio in cui l’atlantideo si oppone al Dottor Destino, occasione in cui diversi eroi Marvel compaiono all’interno di una battaglia con gli alleati di Von Doom. Momento ideale per far apparire anche la formazione originale degli X-Men, guidati da Xavier.

A dare nuovo lustro ai mutanti fu il nuovo corso avviato con Seconda Genesi, storia epocale in cui venne presentata una nuova formazione mutante, che diede avvio a un vero e proprio rinascimento degli X-Men in ambito fumettistico, officiato da sua altezza Chris ‘X-Chris’ Claremont. Questo nuovo slancio dei pupilli di Xavier portò a una nuova visibilità di Ciclope e compagni, che ripresero ad apparire nelle serie animate marveliane. A dare maggior spazio ai mutanti fu L’Uomo Ragno e i suoi fantastici amici, in cui al fianco di Parker erano presenti anche Bobby ‘Uomo Ghiaccio’ Drake e Angelica ‘Firestar’ Jones, due mutanti cresciuti e addestrati nella scuola di Xavier. Trait d’union perfetti tra il Tessiragnatele e i Figli dell’Atomo, che fecero quindi diverse apparizioni in questa serie animata, mostrandosi agli spettatori con la nuova formazione nata dopo Seconda Genesi.

Ruoli sempre da spalla o ospiti d’onore per mutanti. Almeno nel comparto delle serie animate, che non tardò però a considerare come gli X-Men stessero rapidamente diventando i beniamini dei lettori. D’altronde, a partire da fine anni ’70 sino ai primi anni ’90 a raccontare l’epopea mutante fu Chris Claremont, che venne affiancato da maestri del disegno del calibro di Dave Cockrum o John Byrne. Gli anni ’80 furono un decennio dorato per il mondo mutante, che li rese personaggi di primissima fascia del Marvel Universe, proiettandoli verso gli anni ’90 con un carisma scoppiettante.

Motivo che spinse la Marvel a tentare una serie animata dedicata ai suoi mutanti. Il primo esperimento venne fatto nel 1989, quando Margareth Loesc, a capo della sezione californiana di Marvel Productions, decise di interrompere la produzione di RoboCop: The Animated Series, dirottando i fondi destinati al tredicesimo episodio delle avventure del cybersbirro per realizzare un pilot di una serie dedicata ai mutanti: X-Men: Pryde of the X-Men.

Come lascia intendere il titolo, X-Men: Pryde of the X-Men era incentrato sulla figura di Kitty Pryde, la più giovane dei mutanti, che veniva arruolata nella formazione mentre questa lottava contro la Confraternita di Magneto. L’approccio grafico dei questo esperimento era mutuato dai disegni di Cockrum e Byrne, mentre la trama sembra influenzata maggiormente dallo stile anni ’60 di Lee, con i ruoli degli X-Men differivano parzialmente dalle dinamiche dei comics. Ad esempio, Wolverine aveva un ruolo minore rispetto a Nightcrawler, come avrebbe dovuto esser inizialmente nei comics secondo le idee di Claremont. In italiano, X-Men: Pryde of the X-Men divenne L’audacia degli X-Men, titolo che non solo perde il riferimento a Kitty, ma che manca anche di cogliere il gioco di parole tra il cognome della giovane mutante e il suo ruolo all’interno del mondo mutante.

X-Men: Pryde of the X-Men fu un esperimento non totalmente riuscito, ma che ebbe comunque un merito fondamentale: portare i mutanti fuori dal medium fumetto, aprendo loro le porte del mondo dell’entertainment. Realizzata dalla Toei, la serie mostrava formazioni atipiche sia per gli X-Men che per i loro avversari, che vennero però realizzati in modo accattivante, al punto da divenire la base per al creazione di ben tre videogiochi dedicati ai mutanti: X-Men: Madness in Murderworld (1989), The Uncanny X-Men (1990) e X-Men (1992). Si tratta, inoltre, di un precedente importante, perché l’industria videoludica nipponica sembra identificare negli X-Men dei personaggi ideali per la realizzazione di videogiochi che spazino dall’avventura agli beat’em up. Una vera fortuna, considerato che in terra americana la loro sorte è in bilico, visto che a inizio anni ’90 la Marvel non naviga proprio in acque tranquille.

X-Men: Pryde of the X-Men non ha futuro proprio per questa situazione della Casa delle Idee, ma come nelle migliori storie mutanti, a salvare la situazione arriva nell’ora più buia l’eroe di turno. O meglio, l’eroina, visto che Margareth Loesch, produttrice di Pryde of the X-Men, nel 1991 viene nominata capo di Fox Children’s Network, sussidiaria del colosso dell’entertainment che a breve assumerà un nome più celebre: Fox Kids. Ancora affezionata alla sua idea su una serie animata dedicata ai mutanti, Loesch si rivolge alla Saban Entertainment per realizzare X-Men: The Animated Serie, ordinando una prima stagione di 13 episodi. Una decisione che sancisce la nascita di quello che in Italia conosciamo come Gli Insuperabili X-Men.

La produzione della prima stagione de Gli Insuperabili X-Men, nonostante le incoraggianti premesse, è una delle più sofferte lavorazioni del mondo dell’animazione. La Saban Entertainment subappaltò alla Graz Entertainment la produzione, non avendo sufficiente personale per gestire il tutto; a sua volta, la Graz, dopo aver curato sceneggiature e disegni degli epsiodi, affidò allo studio di animazione coreano AKOM, già all’opera anche su Batman: The Animated Series, la realizzazione delle animazioni. Scelta di cui ci si pentì rapidamente, visto che i primi episodi presentati dalla Akom era di una qualità infima, con assenza di intee animazioni e un livello qualitativo sotto ogni standard. A nulla valsero le lamentele di Fox, AKOM non intendeva rimettere mano ai primi episodi di Gli Insuperabili X-Men, che vennero quindi mancati in onda con il loro strascico di errori, mostrandosi al pubblico americano a fine ottobre 1992 con il doppio episodio La notte delle Sentinelle.

Fox non era però intenzionata ad accettare questa scarsa qualità per Gli Insuperabili X-Men, e iniziò a minacciare AKOM di rescindere la collaborazione se non fossero state corrette tutte le pecche dei primi episodi e non si fosse raggiunto uno standard qualitativo superiore. Richiesta che AKOM accolse, consentendo a Fox Kids di riproporre nei primi mesi del 1993 una visione migliorata de La notte delle Sentinelle, che dimostrò un maggior cura realizzativa per la serie. Un cambio di passo che consentì a Gli Insuperabili X-Men di imporsi come uno dei prodotti d’animazione simbolo del periodo.

Dai fumetti al piccolo schermo

L’ingresso degli X-Men nel contesto della serialità animata fu anche un elemento rinnovatore per il genere. Da un supergruppo che aveva mostrato, con le proprie storie, di poter esprimere al meglio certi temi delicati non si poteva chiedere altro, e Gli Insuperabili X-Men seppe mantenere queste aspettative. La prima stagione della serie mostrò sin dall’inizio un carattere di continuiy particolarmente serrata all’interno degli episodi, una peculiarità mai riscontrata in altre produzioni del periodo. Una struttura narrativa che consentì di potere offrire agli spettatori una profondità di trame e personalità dei protagonisti impagabile.

A sostenere l’intero impianto narrativo di Gli Insuperabili X-Men, d’altronde, era le grandi storie di Claremont. La serie, infatti, era stata pensata per avere una trama orizzontale in cui si potevano incastrare archi narrativi condensati in blocchi da due, tre o persino cinque episodi, che, pur partecipando alla continuity della serie, potessero raccontare alcuni dei grandi cicli dell’autore scozzese. Grazie a questo concept narrativo, Gli Insuperabili X-Men ebbe modo di portare sul piccolo schermo la versione animata di capitoli essenziali della vita dei mutanti, come Giorni di un futuro passato, la Saga di Fenice Nera o Arma X. L’introduzione di personaggi come Alfiere e Cable, diede la possibilità di sperimentare con trame che si avventurassero anche nel terreno di viaggi temporali, al punto che Gli Insuperabili X-Men diede vita a un doppio episodio, Il valore di un uomo, che mostrava alcune somiglianze con Le Ere di Apocalisse, popolare saga mutante che stava sviluppandosi proprio in quel periodo sugli albi Marvel.

Questa costruzione narrativa complessa e articolata consentì non solo di potere riservare a ogni personaggio, X-Men o avversario, il giusto spazio per mostrare la propria personalità, ma divenne uno strumento con cui si cercò di creare un primo universo animato Marvel. La presenza sporadica di altre facce amiche provenienti dal Marvel Universe, come Capitan America o Miss Marvel, non era solamente un richiamo agli originali cartacei dei mutanti, ma apriva a potenziali scenari per altre serie. A consolidare questa volontà furono episodi cross-over con l’altra serie Marvel del periodo, Spider-Man: The Animated Series, in cui il Tessiragnatele ebbe modo di incontrare spesso gli X-Men, come in La Vendetta del mutante, o li coinvolse direttamente nelle sue avventure, come accadde a Tempesta, arruolata dall’Arrampicamuri per la versione animata di Secret Wars.

Dal punto di vista visivo, le imperfette animazioni non riuscirono comunque a scalfire il fascino di questi personaggi. Il modello usato per Gli Insuperabili X-Men erano i disegni Jim Lee, particolarmente attivo sulle X-serie fumettistiche del periodo, pur concedendo a qualche omaggio ad altri celebri interpreti del mondo mutante, come Byrne. L’idea era quelle di replicare nel comparto animato alcune delle grandi tavole dei disegnatori, una scelta che se da un lato si rivelava una dichiarazione di amore per i comics mutanti, dall’altro mostrava dei limiti realizzativi, concretizzatisi nelle animazioni non sempre convincenti.

Ma il fascino de Gli Insuperabili X-Men erano soprattutto le trame, curate e strutturate in modo da mantenere i tratti essenziali della loro origine cartacea, al punto da trasformare questa serie in un vero e proprio cult.

Gli Insuperabili X-Men: nascita di un cult

Il rischio di una serie come Gli Insuperabili X-Men era quello di scontentare i fan dei comics Marvel, che inevitabilmente sarebbero stati i più severi giudici di questa serie animata. Un pericolo scongiurato grazie alla citata fedeltà ai grandi cicli di Claremont, che, seppur presentati con qualche piccola variazione, colsero il favore degli appassionati dei mutanti.

Gli Insuperabili X-Men fu, però, anche il primo contatto tra i mutanti marveliani e un nuovo pubblico, che ne ignorava l’esistenza come fumetto. Wolverine, Ciclope e compagni divennero quindi dei nuovi personaggi con cui familiarizzare, occasione che, specie in Giappone, venne vista come perfetta per dare vita a un longevo ciclo di videogiochi, considerata la fama che la serie ebbe nel paese asiatico.

Ironicamente, in Giappone Gli Insuperabile X-Men subì la stessa sorte toccata in quegli agli anime giapponesi nel resto del mondo: un adattamento ingiusto. Le trame della serie, per quanto studiate per essere rivolte a un pubblico adolescente, era parche in termini di ironia, affidata principalmente a personaggi come Gambit o Jubilee, lasciando che fossero tematiche di uno certo spessore (razzismo, elaborazione del sé e della perdita) a dominare la narrazione. Nella terra del Sol Levante tutto questo venne meno, si ridoppiarono i personaggi in modo che fossero più spiritosi e scanzonati, adottando anche una sigla che fosse in linea con questa concezione, più allegra e meno seria rispetto a quella originale. Prima di gridare all’oltraggio, consideriamo che furono scelte che consacrano gli X-Men come personaggi cult in Giappone, al punto che la Capcom, la popolare software house già autrice dei precedenti videogames dei mutanti, decise di realizzare un titolo che è ancora oggi parte della leggenda mutante: X-Men: Children of the Atom. All’interno della serie stessa vennero inseriti richiami alla trama di base di questo beat’em up in cui i Figli dell’Atomo si scontravano con personaggi come la Sentinella, Magneto, Omega Red o Lady Stryfe.

Ovviamente il videogioco ebbe un successo incredibile, tanto che in Capcom si vide nei mutanti prima, e nel mondo Marvel in generale, un roster di personaggi incredibilmente promettente, che negli anni è stato sfruttato a dovere, con titoli vari in cui Iron Man, Capitan America e Doctor Strange non si sono solamente scontrati con le rispettive nemesi, ma hanno anche incrociato le armi con i più noti personaggi dei videogiochi Capcom nel celebre Marvel vs Capcom.

Un fascino, quelle de Gli Insuperabili X-Men, che in Italia esplose nel 1994, con la sua prima messa in onda. Inizialmente presentato con la sua sigla originale, in un secondo momento venne riproposto con l’immancabile intro cantata da Cristina d’Avena, lasciando tutti con la nostalgia della prima, indimenticabile sigla. Nonostante, in un certo senso, Gli Insuperabili X-Men siano una dimostrazione di animazione tutt’altro che ammirabile, il modo in cui sono stati ritratti i tratti salienti dei mutanti Marvel, le storie così ben scandite e l’innegabile fascino dei Figli dell’Atomo hanno trasformato questa serie in un vero e proprio cult, amato dai fan dei comics marveliani e adorato da coloro che grazie ai settanta episodi di questa serie hanno imparato ad amare i mutanti.

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