Marvel Cinematic Universe: come conservare l'amore dei fan

Il Marvel Cinematic Universe e i fan: come le critiche possono divenire utili consigli per il futuro del franchise

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a cura di Manuel Enrico

Sembra incredibile, ma da quando Tony Stark svelava al mondo di esser Iron Man sono passati la bellezza di quattordici anni. Era il 2008 quando il Marvel Cinematic Universe muoveva i primi passi, portando gli eroi della Casa delle Idee sul grande schermo seguendo un’intensa opera di world building che ha riscritto la grammatica narrativa dei cinecomic. Una cavalcata che si è sviluppata sul grande schermo con una serie impressionanti di film, arrivando a conquistare anche il settore seriale con l’arrivo di Disney+ e la presenza di capitoli intermedi che hanno subissato di avventure i fan più famelici della saga degli eroi marveliani. Forse anche troppo, considerato come parte dei fan del Marvel Cinematic Universe accusa una certa debolezza nel franchise.

A riportare questo dato è uno studio di Fandom, rilanciato da Variety, secondo cui oltre un terzo degli intervistati lamenterebbe una certa stanchezza della dimensione supereroica degli eroi marveliani. Il campione di controllo per questo studio sono stati 5000 intervistati, selezionati tra appassionati di diversi elementi del mondo dell’entertainmente (cinema, serialità, videogiochi), con una forbice demografica compresa tra i 13 e i 54 anni, cui sono stati aggiunti i dati registrati da Fandom all’interno della propria piattaforma, che genera un traffico mensile di circa 300 milioni di utilizzatori. Una casistica, quindi decisamente, importante, che si è espressa su come la proposta sempre più ricca di contenuti cinematografici e seriali ispirati al mondo dei supereroi stiamo performando al momento. Apparentemente, a registrare il dato più incoraggiante è il mondo supereroico di DC Comics, che, complice una minore esposizione rispetto alle produzioni dei Marvel Studios, è risultata meno ostica agli intervistati (20%), che invece accusano una maggior stanchezza verso la controparte marveliana (36%). Viene quindi da chiedersi come mai ci sia questo crescente senso di distacco dal Marvel Cinematic Universe.

Il Marvel Cinematic Universe e i fan: come le critiche possono divenire utili consigli per il futuro del franchise

Dal dominio dei cinema allo streaming

Il paragone tra i titoli di Marvel Studios e i film degli eroi DC Comics non deve esser fuorviante. Criticato e spesso spietatamente colpito da accuse eccessive, il mondo cinematografico di Superman e Batman ha perso il confronto con i colleghi della Casa delle Idee, che hanno invece dominato il botteghino sin dal primo Iron Man (2008). A supportare questa preferenza del pubblico, è stata soprattutto la percezione di una continuity strutturata per aver una maggior sinergia tra i diversi capitoli che hanno composto questo ricco contesto cinematografico, con una particolare attenzione alle relazioni tra i vari personaggi, seguendo un percorso creativo che a partire da Avengers (2012) ha reso questi collegamenti tra i diversi character sempre più stretti. Un’accoglienza suntuosa, che ha spinto i Marvel Studios a massimizzare il più possibile questo successo, aumentando sempre più la propria presenza nei cinema, imponendosi come una delle forze trainanti dell’intero settore.

Una forza motrice apparentemente inarrestabile, che ha toccato il culmine con Avengers: Endgame. Il capitolo finale del primo corso della vita dei Vendicatori al cinema rappresenta un momento di rottura all’interno di quello che sembrava essere un meccanismo perfetto, che proprio al momento dell’addio di due figure centrali come Tony Stark e Steve Rogers ha cominciato a mostrare i primi segni di un cedimento. Va riconosciuto al Marvel Cinematic Universe di avere incontrato una congiuntura tutt’altro che favorevole in questa sua delicata fase, con lo scoppio della pandemia che ha impattato duramente sul mercato cinematografico. Prima del COVID, i fan erano chiamati al cinema con cadenza quasi mensile, con film che erano profondamente legati tra loro, soprattutto tramite i personaggi più che sul piano prettamente narrativo, creando un rapporto stretto tra narratore e fruitore.

La chiusura delle sale per un lungo periodo si è tradotta in una rottura di questo rapporto, che si è cercato di portare all’interno di una nuova dimensione, quella seriale, resa possibile dalla presenza di una piattaforma streaming proprietaria, Disney +. Cambio di paradigma interessante, che da un lato possiamo vedere come una salvezza per il franchise: non più avventure sul grande schermo, ma racconti seriali settimanali. Pur con tutte le difficoltà realizzative legate al periodo, i Marvel Studios hanno reso la Fase Quattro il loro laboratorio, giocando con nuovi format, dalle serie alle recenti Special Presentation come Werewolf by Night e l’animazione di What if…?, e cambiano anche l’approccio nel presentare i sviluppare i nuovi personaggi.

La Fase Quattro: tra sperimentazione e conservazione

Il nuovo Marvel Cinematic Universe nato dopo Avengers: Endgame si è confrontato con i propri fan su diversi livelli. Il primo cambiamento è di tipo creativo, dove si è subito notato come gli eventi legati al Blip hanno fatto emergere una dinamica narrativa più cupa, focalizzata sull’accettazione del dolore e della perdita (da WandaVision a Doctor Strange nel Multiverso della Follia) sino alla nascita di una nuova società, che vede in modo meno idealizzato i supereroi (The Falcon & The Winter Soldier). Un cambio emotivo notevole, che da un lato ha il merito di mostrare l’intenzione di non rimanere schiavi di un canovaccio legato ai precedenti capitoli del franchise, ma che dall’altro spiazza i fan della saga. Legati a due figure di spicco come Iron Man e Cap, grazie alle interpretazioni di Robert Downey Jr. e Chris Evans, trovarsi improvvisamente a dover accettare la loro assenza e confrontarsi con nuovi personaggi o vedere volti precedentemente considerati come gregari promossi a protagonisti rischia di spiazzare i fan del Marvel Cinematic Universe.

Le prime battute della Fase Quattro sono sembrate bipolari nella loro mancanza di una chiara identità. Il tentativo di costruire un’epica marveliana dal gusto classico con Eternals, affidata al premio Oscar Chloe Zao, è stato un tentativo non pienamente riuscito, considerato che il fan medio del franchise ha accusato il film dedicato agli Eterni troppo ‘impegnato’ e lontano dalla visione tradizionale del franchise, come dimostrato dai voti presti su Rotten Tomatoes, attestatisi a un poco lusinghiero 47%. Un primo passo poco incoraggiante, che si è poi trovato, sul piano cinematografico, a giocare maggiormente su un approccio quasi fan service, come per Spider-Man: No Way Home e Doctor Strange nel Multiverso della Follia, dove le trame e la caratterizzazione dei personaggi vengono ideate per andare incontro alle aspettative dei fan, percepite e aizzate da campagne promozionali giocate machiavellicamente su voci di corridoio e speculazioni fantasiose. Poco è servito puntare a una presenza dietro la macchina da presa di figure di spicco, come la citata Zao o l’amato Sam Raimi, se tutto l’interesse del film viene focalizzato su chi si siede sulla poltrona del regista e non sulla costruzione di un prodotto con un’anima propria.

Soprattutto, questa debolezza complessiva della saga è stata amplificata da un’ancor più luculliana offerta. La concomitanza tra la chiusura delle sale cinematografiche durante il COVID e il lancio della piattaforma streaming Disney+ sono state centrali nel dare maggior impulso alla produzione di contenuti seriali, che hanno sostituito la presenza sul grande schermo e spesso hanno assunto il ruolo di avventure preliminari per il ritorno dei personaggi al cinema (come WandaVision o The Falcon and the Winter Soldier) o sono divenute punto di ingresso nel franchise di nuove figure, come Moon Knight, Ms. Marvel o She-Hulk: Attorney at Law. Pur apprezzando lo sforzo produttivo e la scelta di osare altre strade, non si può non rilevare che questa eccessiva sovraesposizione del Marvel Cinematic Universe si è tradotta con un calo di qualità, non solo narrativa ma anche di natura tecnica, che non è sfuggita ai vertici di Marvel Studios, come ironicamente confessato nell’episodio finale di She-Hulk: Attorney at Law.

Questa complessa dinamica della Fase Quattro è stata spesso tradotta dai fan con un progressivo distacco dal franchise, ma va concesso ai Marvel Studios di aver cercato di tenere la rotta del franchise in questo momento complesso. Sono stati introdotti villain di grande spessore, come il Gorr di Christian Bale (Thor: Love and Thunder) e si è scelto di dare risalto a personaggi come Jack Russell sperimentando il nuovo formato delle Special Presentation. Tuttavia, questa sovraesposizione marveliana, specialmente sul piano seriale, si è tradotta in una quasi opprimente presenza, che, complice prodotti non pienamente riusciti come Moon Knight, ha palesato i problemi in casa Marvel. Difficoltà non insormontabili, ma che vanno considerate con la dovuta attenzione.

Marvel Cinematic Universe e fandom, ancora uniti?

Per quanto si possa discutere su quanto la Fase Quattro possa avere indebolito il franchise, è ancora presto per segnare la fine del Marvel Cinematic Universe. La dimostrazione è la folgorante accoglienza riservata a Black Panther: Wakanda Forever, capitolo di chiusura ufficiale della Fase Quattro, con buona pace dello speciale natalizio dei Guardiani della Galassia in arrivo a dicembre su Disney+. Questa dimostrazione di affetto dei fan verso la saga degli eroi marveliani deve esser interpretata come una riconferma che, nonostante le critiche incassate dal franchise e i dati riportati da Fandom, non si è arrivati alla conclusione del Marvel Cinematic Universe.

Quanto rivelato dai Marvel Studios durante San Diego ComicCon e D23 Expo ha mostrato come il futuro del franchise sia decisamente promettente, grazie agli annunci legati a nomi cari ai fan marveliani, come i Fantastici Quattro e Daredevil, e agli indizi che portano ad aspettarsi presto l’arrivo di altre figure molto amate del pantheon supereroico della Casa delle Idee, come gli X-Men. Non sono quindi in dubbio la volontà dei Marvel Studios o la ricchezza di possibilità per il franchise di offrire ai propri fan nuovi, entusiasmanti capitoli, le perplessità restano legate alla modalità con cui tutti questo verrà realizzato. Tra grande schermo e serialità si prospettano tempi interessanti, che al momento sembrano caratterizzati da una serie di attente valutazioni da parte di Feige e del suo entourage, come dimostrato da alcuni cambi in corsa, come nel caso di Armor Wars divenuto film dopo un iniziale progetto di serie, o il cambio di date di uscita di alcuni film.

Considerati i feedback ricevuti dal fandom e la dimostrazione che nonostante tutte le sue criticità la Fase Quattro non sia stata così disastrosa come precedentemente ipotizzato, al Marvel Cinematic Universe basterebbe abbandonare la tendenza di un’eccessiva sovraesposizione, tra grande schermo e prodotti seriali, concedendo ai fan di godersi con la dovuta calma tutti i capitoli del franchise. Anziché alimentare un meccanismo di continua curiosità per ciò che verrà, con il rischio di creare una frenesia che soffoca la valorizzazione dei singoli prodotti, sarebbe preferibile rallentare per apprezzare le avventure singole, consentendo quindi di curare maggiormente la scrittura, ritrovando quel prezioso gioco di incastri che ha dato consistenza al Marvel Cinematic Universe nei suoi primi passi.

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