Sono Lillo, recensione: può un tormentone diventare una serie tv?

Contrariamente a quanto ci si aspetti Sono Lillo è una serie che partendo da un tormentone cerca fin dall'inizio di andare oltre.

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a cura di Nicholas Massa

Può un tormentone diventare una serie tv? A quanto pare . Sono Lillo, la nuova serie nata dalla collaborazione tra Lucky Red e Prime Video, si origina proprio da una frase del celebre comico italiano Pasquale Petrolo (in arte Lillo). Il grande successo riscosso da LOL ha quindi aperto le danze di questo nuovo prodotto in cui, forse o anche per fortuna, non c’è moltissimo da ridere. Sono Lillo è un titolo che in realtà parla in modo estremamente chiaro e diretto, giocando ovviamente con il tormentone “So Lillo” del comico e cercando in tutti i modi possibili di andare oltre. Cosa si annida dietro alla maschera del successo? Cosa succede quando il grande pubblico comincia a identificarti solo ed esclusivamente con il tormentone che tu stesso hai lanciato, magari anche per pura casualità?

Queste sono le domande centrali della nuova serie Prime Video in cui ci troviamo faccia a faccia con una delle dinamiche più classiche della comicità italiana e di tutto il mondo, e con il suo impatto sulla persona dietro alla “maschera comica”.

Sono Lillo?

Lillo è un comico famoso e di professione. In tutta Italia tutto lo conoscono come Posaman e questo stesso personaggio è una delle sue trovate creative più celebri in assoluto, al punto che il grande pubblico non va mai oltre con lui. Così Lillo si guadagna da vivere prevalentemente nei panni di questo “personaggio” di sua invenzione, posando non solamente in televisione, ma anche agli aventi privati e in altre situazioni a pagamento. Il suo stesso manager lo sprona di continuo a sfruttare questa immagine per a cavalcare un’onda che prima o poi si dissiperà.

Eppure dietro alla maschera di Posaman si nasconde la storia di un essere umano come tanti, di un uomo che cerca disperatamente di allineare i propri bisogni con gli impegni del “costume” che lo sostenta e per il quale tutti lo conoscono e riconoscono. Fare il clown in giro porterà inevitabilmente il nostro protagonista a uno stile di vita frenetico e sregolato, lungi da qualsiasi equilibrio adulto, anche se ben pagato.

Come in tutte le più classiche "storie di supereroi" (si fa per dire) anche qui Lillo si ritroverà a fare i conti con due identità specifiche e forse neanche troppo simili, entrambe frutto della sua mente, e del suo essere.  Non si tratta affatto di una storia prevalentemente comica, ma di qualcosa di più profondo, in un certo senso, con un vero e proprio conflitto interiore fra due personalità distinte e il tentativo di trovare un certo equilibrio sia personale che sociale in qualche modo. Invece di traslarsi nella dimensione dei supereroi, però, lo fa in quella della fama e del successo a discapito di tutto il resto.

Così Lillo dovrà fare i conti con il lavoro che ha scelto, con quello che ha costruito fino a quel momento e con ciò che vuole veramente nella vita, tentando di trovare quella scintilla che lo spinga a crescere, finalmente, e a combattere per se stesso, comprendendo le sue potenzialità e possibilità.

“Ridi pagliaccio”

Contrariamente a quanto ci si possa aspettare in Sono Lillo si ride ma neanche così tanto. Pur trattandosi di una serie dalle tinte prevalentemente leggera questa riflette tantissimo sul rapporto fra l’essere umano e il successo, muovendosi lungo alcuni ragionamenti che toccano corde inevitabilmente introspettive. Lillo è Posaman e Posaman è Lillo, ma Lillo è anche stanco di essere identificato solamente con questo personaggio. Il grande successo che ha riscosso fino a quel momento sembra aver cancellato tutto il resto, spingendo le masse a leggere nella sua persona esclusivamente quest’ultimo personaggio dalle fattezze riconoscibilissime.

Sono Lillo partendo da tutto ciò imbastisce un viaggio in 8 episodi in cui vediamo il comico che cerca di staccarsi in tutti i modi da questa “identità scenica” che sembra aver preso il sopravvento anche sulla sua stessa vita. Il suo obbiettivo è quello di trovare una quadra fra quello che è e quello che fa quando in televisione o sul palco scenico, cercando di identificare se stesso al di fuori della dimensione comica. Questa sembra aver preso il controllo della sua vita, invadendone anche gli anfratti più personali, senza alcun controllo.

Cosa succede, quindi, quando un semplice tormentone diventa la tua ragione di sopravvivenza, nonché l’identità con cui tutti ti riconoscono per strada? Sono Lillo si muove proprio in questa direzione cercando di approfondire un ragionamento che diventa ben presto conflitto intimista. Si ride abbastanza, sì, ma al tempo stesso si riflette tantissimo, venendo trasportarti in un viaggio che oltre a scherzare cerca di plasmare una visione chiara del successo e della pochezza culturale di alcuni sviluppi televisivi strettamente legati alla fama. Un via vai di maschere che danzano e in cui Lillo stesso dovrà cercare di distinguere la realtà dalla sua stessa fantasia.

Dentro e fuori

Diretta da Eros Puglielli (Gli idoli delle donne, Copperman, Nevermind) e scritta da Lillo Petrolo, Matteo Menduni e Tommaso Renzoni, Sono Lillo non brilla eccessivamente dal punto di vista tecnico, anche se alcune trovate estetiche riescono a risultare coerenti con l’insieme delle cose (un esempio di ciò lo abbiamo con lo sdoppiamento continuo e palese fra il protagonista e  Posaman, una sorta di disturbo dissociativo della personalità però comico, coerente con le intenzioni principali del protagonista e i suoi obiettivi). Dal punto di vista della scrittura questa serie tv è piuttosto interessante, invece, imbastendo una narrazione che cerca di andare oltre il becero successo da cui trae il titolo costruendoci intorno un viaggio dalle tinte inaspettate e approfondite.

Nel cast con Lillo, Pietro Sermonti, Cristiano Caccamo, Sara Lazzaro, Camilla Filippi, Marco Marzocca, Maryna, Paolo Calabresi, Anna Bonaiuto, e tante guest star di puntata tra cui Valerio Lundini, Edoardo Ferrario, Emanuela Fanelli, Caterina Guzzanti, Corrado Guzzanti, Stefano Rapone, Michela Giraud, Maccio Capatonda, Serra Yilmaz.