Utopia: Una serie inglese fuori dai canoni

Gli inglesi hanno un gusto particolare per le serie Tv, e a volte tirano fuori dal cilindro prodotti totalmente fuori di testa, capaci come pochi di spiazzare lo spettatore. Utopia è una serie di questo tipo: ha fatto discutere per la sua iperviolenza fumettistica, ma ha molto altro da offrire.

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a cura di Andrea Balena

Quando si parla delle serie Tv prodotte in Gran Bretagna ci si trova di fronte a un bivio: da una parte ci sono i prodotti fortemente legati al drama in costume di puro stampo shakespeariano, quelli che attingono a piene mani dalla ricca e ultra secolare cultura britannica che da sempre affascina sceneggiatori e pubblico. Dall'altra, più recentemente, ci sono i prodotti indipendenti, molti dei quali andati in onda sull'emittente Channel 4, che esprimono al meglio l'eccletticità di una nuova generazione di autori. Come il controverso Black Mirror (stagione 1 e stagione 2), anche Utopia appartiene a questo sottogenere di produzioni UK e rappresenta per certi versi la sublimazione di questo stile underground e fuori dagli schemi.

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Per descrivere cosa sia Utopia è però necessaria una digressione: la principale ispirazione di questa serie sono indiscutibilmente i fumetti, più precisamente le graphic novel e comics creati dalle penne di autori inglesi. In particolare occorre citare artisti come Alan Moore (Watchmen, The Killing Joke, V For Vendetta), Garth Ennis (Preacher) e Warren Ellis (Transmetropolitan), che dagli anni '80 fino alla fine dei '90 hanno creato opere dalla forte vena iconoclastica e quasi blasfema, che sfruttano black humour e forti dosi di violenza per decostruire luoghi comuni e mondi tipici del fumetto. Indubbiamente Dennis Kelly, l'autore di Utopia, si è formato su questo filone della narrativa a vignette, perché le avventure dei suoi personaggi ritraggono fedelmente quello stile fumettistico e volutamente forte.

Black Mirror - Series 1-2 and Specia Black Mirror - Series 1-2 and Specia
  

Emblematico è l'incipit della serie, che ruota proprio attorno alla ricerca di una graphic novel. I quattro malcapitati protagonisti sono dei geek frequentatori di un fan-site su "Gli esperimenti di Utopia", opera postuma di un autore pazzo, che segretamente avrebbe nascosto la descrizione di pericolose ricerche genetiche all'interno dei suoi deliranti disegni. Quando viene alla luce la presenza di un secondo volume, una misteriosa organizzazione chiamata "Network" manda due strambi ma inquietanti sicari per mettere a tacere i protagonisti e recuperare il mistero nascosto in quelle pagine. In soccorso dei protagonisti arriva la ancora più strana e aliena Jessica Hyde, ricercata dai sicari con la martellante domanda "Where is Jessica Hyde?"

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La serie si configura presto come un viaggio on the road, con i protagonisti in continua fuga e un nemico che, oltre a manifestarsi fisicamente con i due assassini, riesce a diventare una presenza invisibile che li accompagna. L'utilizzo sapiente del comparto audio, sia per l'effettistica che per i brani musicali elettronici, aiuta nella creazione di una atmosfera straniante e lontana da una rappresentazione veritiera dalla realtà. Fa la comparsa anche un personaggio quasi simbolico, una bambina di nome Alice, che entra involontariamente ma prepotentemente nel racconto, come accade per l'Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Caroll. Meraviglie che però qui lasciano il posto a ben altro.

La gestione della sceneggiatura non appare mai banale: i protagonisti, inizialmente rappresentati in maniera stereotipata, trovano nella narrazione lo spazio e le possibilità di evolversi e diventano più sfaccettati e umani, in alcuni casi addirittura cambiando il proprio volto. In questo thriller psicologico diventa ben presto difficile fidarsi degli altri, e spesso le sottotrame vengono nascoste allo spettatore per non rovinare l'effetto sorpresa. L'unica a conservare l'iniziale alone di mistero e singolarità è Jessica, che per questioni personali rimane legata a una sua visione del mondo ed entra sempre più in contrasto con la realtà che la circonda.

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Dal punto di vista registico Utopia è un prodotto davvero unico: oltre alla già citata colonna sonora, la fotografia è volutamente forzata, con colori accesi e tendenti verso il giallo che rendono il prodotto più vicino a un fumetto pulp. Altra caratteristica è l'onnipresente violenza, sia visiva che psicologica. La scena iniziale, ambientata in una fumetteria, è il biglietto da visita di questa serie: se non reggete questi primi cinque minuti, sicuramente non fa per voi.

Nonostante le due stagioni e uno sviluppo approfondito di personaggi e tematiche, la serie ha subito una chiusura prematura che l'ha privata di un reale finale e di un terzo atto conclusivo. È sempre un grande dispiacere vedere una serie troncata prima della sua conclusione naturale, e purtroppo non sembrano esserci le condizioni per una nuova stagione. Il regista David Fincher (Fight Club, Seven) era in trattative per dirigere un remake americano con la HBO, ma la produzione si è sciolta ufficialmente l'anno scorso.

Per via delle sue forti tematiche esplicite, Utopia non è mai stata importata in Italia ed è rimasta a tutti gli effetti una piccola perla grezza del panorama britannico. Vi consiglio comunque di recuperarla e dargli una chance, perché merita davvero.

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