Google rimuove un'estensione per Chrome che migliorava la privacy

Il gigante del web Google ha rimosso da Chrome Web Store un'estensione molto utilizzata dagli utenti per migliorare la propria privacy.

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a cura di Antonello Buzzi

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Google ha recentemente rimosso da Chrome Web Store la popolare estensione “ClearURLs”, la quale permetteva di migliorare la privacy degli utilizzatori eliminando gli elementi di tracking dagli indirizzi delle pagine web visitate. Ad esempio, anche Google stessa utilizza questo metodo per l’analisi dei dati.

Stando a Kevin Roeber, sviluppatore di ClearURLs, Google avrebbe rimosso l’estensione da Chrome Web Store perché danneggia il suo modello di business dell'azienda, dato che impedirebbe alla compagnia di effettuare operazioni di profiling. La compagnia, in seguito alle lamentele di Roeber, gli ha risposto che la rimozione era stata decisa in quanto la sua descrizione era “troppo dettagliata” ed in violazione con le regole del Chrome Web Store. Inoltre, sembra che la descrizione non menzionasse la presenza di alcune feature, come quella relativa all’importazione ed esportazione delle impostazioni, la funzionalità di logging e presentava un pulsante per le donazioni potenzialmente fuorviante. Infine, sembra che l’estensione richieda il permesso clipboardWrite senza averne il bisogno.

Roeber, interrogato sulla questione dai colleghi di Bleeping Computer, ha risposto che, effettivamente, ha cambiato metodo per la copia nella clipboard da qualche versione, quindi la richiesta di quel permesso risaliva a diverso tempo addietro e si è semplicemente dimenticato di rimuoverla, ma rimane il fatto che la descrizione non può essere fuorviante in quanto troppo dettagliata e con la presenza di dettagli irrilevanti, inoltre Google non gli ha comunicato quali sarebbero le informazioni da eliminare, quindi per lui risulta un po’ difficile sistemarla.

La situazione è diventata in poco tempo dibattuta su diversi forum online, nei quali diverse persone si sono schierate dalla parte di Roeber, affermando che la decisione di Google è stata ingiusta e che la compagnia esercita un potere troppo grande nello sviluppo di estensioni e standard web che potrebbero essere problematici per il suo modello di business. Altri, invece, puntavano al fatto che già in passato l’estensione aveva sofferto di un problema che poteva portare all’esecuzione di codice non autorizzato.

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