Da The Elder Scrolls a Starfield: l'evoluzione del gioco di ruolo secondo Bethesda

Starfield è finalmente arrivato, ma Bethesda è già pronta a una nuova rivoluzione. Ripercorriamo la sua storia, partendo dagli inizi di quest'avventura.

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a cura di Michele Pintaudi

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Dopo un'attesa che sembrava interminabile Starfield è finalmente arrivato e, come previsto, si è trattato dell'ennesimo titolo in grado di spaccare letteralmente in due l'opinione di critica e pubblico. Se da una parte troviamo una folta schiera di appassionati che lodano la sterminata quantità di azioni, scelte e decisioni possibili nell'ultima fatica di Bethesda, l'altra faccia della medaglia mostra un gruppo di giocatori che accusano Starfield di non portare tutta quell'innovazione che aveva promesso sin dal suo annuncio. La verità come spesso accade sta nel mezzo, e nella nostra recensione abbiamo approfondito nel dettaglio pro, contro e cos'è realmente lecito aspettarsi da questa nuova avventura dei creatori di The Elder Scrolls.

Bethesda dal canto suo è cambiata molto nel corso della sua storia, sotto ogni punto di vista: dalla comunicazione allo sviluppo vero e proprio, tali differenze sono perfettamente tangibili anche soltanto mettendo a confronto un'opera come Fallout 4 con Skyrim, Oblivion o altri capolavori. Nonostante ciò permangono sempre e comunque elementi distintivi, potremmo quasi dire degli "standard", che vanno a caratterizzare un po' tutte le fatiche dello studio di Pete Hines e soci: quel che vogliamo fare oggi è ripercorrere, passo dopo passo, proprio questo percorso. Com'è evoluto negli anni, insomma, il concetto di gioco di ruolo secondo Bethesda?

The Elder Scrolls: l'inizio di qualcosa di nuovo.

Per capire a fondo come e quanto una singola azienda sia riuscita a impattare così tanto nell'industria del videogioco, occorre fare un salto indietro fino alla prima metà degli anni Novanta. Ebbene sì, il primo capitolo della saga The Elder Scrolls risale al 1995: Arena portò qualche piccola grande novità in un panorama, quello dei giochi di ruolo, da sempre capace di catturare appassionati da ogni parte del mondo. Il debutto di Bethesda risultò fortemente influenzato da giochi da tavolo e da altre opere quali Ultima Underworld e Legends of Valor, ma riuscì in ogni caso a introdurre particolari non da poco. Un esempio? Si tratta di uno dei primi titoli a presentare un ciclo giorno/notte realistico, elemento che nel giro di qualche anno diventerà un must praticamente in ogni prodotto del genere e non solo.

Arena fu però solo l'inizio: un ambizioso punto di partenza utile a disegnare la base, le fondamenta di qualcosa di ancora e sempre più grande. Nell'agosto 1996 ecco arrivare Daggerfall, con tutta probabilità uno dei titoli più impressionanti della storia dei videogiochi. Il perché è semplice da spiegare ma, soprattutto per i tempi, tutto fuorché agevole da realizzare. Siamo di fronte a un sistema di gioco non lineare, con migliaia di missioni e 400 schemi prefissati: un ecosistema dalle dimensioni devastanti, racchiuso in appena 200 MB.

A colpire fu inoltre la grandezza della mappa, con i suoi oltre 160.000 chilometri quadrati - la metà del territorio italiano - in grado ancora oggi di lasciare a bocca aperta. Va comunque detto che c'è un "trucco": Bethesda riuscì a sfruttare il motore grafico XnGine che, unito al sistema di casualizzazione, riusciva a rigenerare costantemente alcuni luoghi come cripte e cimiteri.

Il tutto condito da una libertà di scelta senza precedenti, con il giocatore posto al centro di un universo narrativo pronto a essere plasmato dalle sue decisioni. Quest'ultimo aspetto venne ulteriormente raffinato in The Elder Scrolls III: Morrowind, titolo del 2002 con cui si andò ad alzare ulteriormente un'asticella già posta a livelli molto importanti. Qui il giocatore aveva la possibilità di personalizzare in modo sempre più accurato il suo protagonista, potendo scegliere tra razze e caratteri in una quantità senza precedenti. A testimonianza del grande successo del gioco troviamo decine e decine di migliaia di mod, realizzate con l'Elder Scrolls Construction Set incluso nel titolo, e i tantissimi progetti di traduzione portati avanti in totale autonomia dagli appassionati d'ogni dove. 

Oblivion, quarto capitolo uscito nel 2007, si rivelò un altro grande passo avanti per Bethesda: uscito in contemporanea alla definitiva esplosione di internet a livello mainstream, il gioco poté contare su una popolarità e su un successo a livello mainstream senza dubbio meritato. I grandi successi però, si sa, non sono che punti di partenza per qualcosa di ancora più magnifico. Dopo aver lasciato il segno con una saga fantasy riconosciuta, ieri come oggi, tra le più grandi che questo medium abbia mai conosciuto il momento era insomma arrivato: l'acquisto di un franchise storico di un filone completamente diverso stava infatti per portare a qualcosa di... Apocalittico!

Bethesda nel futuro… E ritorno!

Siamo nel 2008 e, a distanza di dieci anni dal precedente capitolo ideato da Chris Avellone, il mondo accoglie Fallout 3: Bethesda si trova insomma a dover fare i conti con un marchio storico, per il quale la sfida è quella di non snaturare un prodotto che con gli anni si è costruito uno zoccolo duro di fan da ogni parte del mondo. Todd Howard ha però sempre saputo il fatto suo, ragion per cui l’intero progetto è stato curato con un’attenzione minuziosa anche al minimo dettaglio.

La trasposizione del tutto in un ambiente a tre dimensioni, con una mappa di dimensioni importanti e con molte opzioni di interazione, è soltanto il primo step di quello che si rivelerà essere uno spettacolare risultato finale. Sotto ogni punto di vista. Fallout 3 venderà la bellezza di 5 milioni di unità soltanto nella prima settimana dalla sua uscita, ed è oggi ricordato come uno dei migliori titoli nel suo genere.

Elemento fortemente caratterizzante fu il cosiddetto S.P.A.V. (Sistema di Puntamento Assistito della Vault-Tec), un metodo che permetteva di bloccare il tempo nel gioco, dando la possibilità al giocatore di scegliere il bersaglio visibile da colpire e in quale punto. Ci troviamo insomma di fronte a una scelta con tanti possibili scenari e conseguenze: le probabilità di successo vengono calcolate in percentuale, e variano insieme al danno a seconda dell’arma utilizzata, della distanza del bersaglio e delle diverse abilità che abbiamo sviluppato. Una piccola grande innovazione, che rese il gameplay di Fallout 3 in qualche modo ancor più unico e particolare.

Bethesda ce l’aveva fatta ancora una volta, e nel mentre continuavano i lavori per il quinto attesissimo capitolo di The Elder Scrolls. Il giorno 11/11/11 uscì finalmente Skyrim, che a oggi conta più di 40 milioni di copie distribuite e numerose release praticamente su ogni piattaforma: dal debutto su PS3, Xbox 360 e PC fino alle console di nuova generazione, passando per diverse versioni rimasterizzate e persino per un’edizione sviluppata ad hoc per Amazon Echo (no, non stiamo affatto scherzando).

Al netto del grado relativamente limitato di innovazione rispetto ai predecessori, va resa giustizia a Skyrim in quanto uno dei videogiochi più importanti della storia. Le numerose versioni ne sono certamente una testimonianza, così come l’affetto di pubblico e modder che compongono una community ricca e in espansione anche dopo 12 anni.

A Skyrim seguì nel 2015 Fallout 4 - lo sviluppo dell’ottimo New Vegas fu affidato a Obsidian Entertainment -  che si distinse per la grande profondità del mondo di gioco, nonché per una libertà pressoché sterminata sotto moltissimi aspetti. Anche qui, però, permane la sensazione che Bethesda… Avesse quasi detto e dato tutto ciò che poteva già negli anni precedenti. Non vi sono infatti enormi passi in avanti in termini di innovazione, ma nonostante ciò siamo comunque di fronte a un prodotto solido e capace di regalare tantissime ore di puro divertimento.

Nel contempo l’azienda ha iniziato a investire in maniera importante su The Elder Scrolls Online e su Fallout 76, due MMORPG che promettevano di dare una prospettiva e un approccio differenti rispetto a quanto visto fino a quel momento. I risultati finali? Altalenanti, specialmente per quanto riguarda lo sfortunato Fallout 76, ma quantomeno ambiziosi: i due progetti vanno avanti ancora oggi, con un successo in termini di pubblico comunque non indifferente.

Tutto ciò per arrivare ai giorni nostri, con Starfield che finalmente è arrivato ai videogiocatori di tutto il mondo. È valso l’attesa? È davvero qualcosa di così imperdibile e innovativo? Da un certo punto di vista sì, siamo di fronte a un prodotto che testimonia la definitiva maturità di Bethesda nel dar vita a mondi di questo genere. Non che ce ne fosse bisogno, chiaramente: lo studio ha alle spalle almeno 25 anni di dimostrazioni di altissimo livello in questo senso, e Starfield è in qualche modo la somma di questo lungo periodo di storia.

Un passo in avanti è stato fatto per quanto riguarda le ambientazioni, sempre più enormi e con un’attenzione man mano più marcata ai dettagli, ma anche a quello che ci sentiamo di chiamare contesto. Il punto forte di Starfield è infatti il poter contare su un’atmosfera unica nel suo genere, dove nessun elemento è casuale e tutto contribuisce a creare ambienti e sensazioni di un certo tipo. Il sentimento diffuso in ogni caso è che, al netto di questa ulteriore grande affermazione, il meglio debba ancora venire… E potrebbe tradursi in un ritorno alle origini che tutti noi non vediamo l’ora di vivere ancora una volta.

Stiamo ovviamente parlando di The Elder Scrolls 6, annunciato nel 2018 e da allora citato pochissime volte da Bethesda stessa. Le aspettative sono altissime e siamo pressoché sicuri che verranno soddisfatte appieno, ma vanno comunque fatte alcune considerazioni in proposito. La prima riguarda il già nominato “problema” legato al poco margine di innovazione ormai disponibile: l’idea è che tutto ciò che si potesse creare sia già stato sperimentato, e che dunque non ci si debba aspettare un’opera innovativa tanto quanto lo sono stati i precedenti capitoli della saga. Al contempo è anche vero che sarebbe assurdo pensare che davvero non ci sia più nulla da creare: semplicemente, al momento, non possiamo avere alcuna idea in proposito. Ed è naturale!

Infine è utile ragionare su come e quanto il mondo sia oggi molto cambiato dall’ultimo capitolo della serie a oggi: sono passati come detto 12 anni, e ne passeranno almeno altri 3 o 4 prima di poter effettivamente metter mano sulla versione finale di questo progetto. Oggi il gaming ha sposato una concezione totalmente diversa e l’avvento, ad esempio, di Game Pass è un indicatore molto importante in questo senso. È lecito pensare che la nuova fatica di Bethesda, così come accaduto con Starfield, debutterà direttamente sul servizio in abbonamento firmato Microsoft. In che modo questo ha influenzato, influenza o influenzerà due fasi fondamentali come sviluppo e promozione?

Solo il tempo riuscirà a dare una risposta a dubbi e quesiti di questo tipo e, da videogiocatori appassionati quali siamo, non vediamo l’ora di vivere in prima persona una nuova e importante rivoluzione. Perché se c’è una cosa che abbiamo imparato, (ri)vivendo la storia di Bethesda e del suo modo di cambiare la propria concezione di gioco di ruolo, è che non è lecito dare nulla per scontato. Del resto è proprio questo il bello. no?