Il gioco schifezza per l'Unità d'Italia è stato rimosso

Il gioco per Festeggiare l'Unità d'Italia è stato rimosso dal Web per le critiche ricevute. Il coordinatore del progetto trova un lato positivo in questa vicenda, ma ad alcuni può apparire come una scusa per salvarsi in corner.

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a cura di Manolo De Agostini

Gioventù Ribelle è stato rimosso dal Web. Il gioco creato per festeggiare i 150 anni dell'Unità d'Italia non è più disponibile sul sito ufficiale dell'iniziativa (in Rete si trova comunque un sito da cui scaricarlo).

"A causa delle strumentalizzazioni subite, ritiriamo la demo alfa e pubblicheremo il prodotto una volta ultimato", questa la motivazione. Sostituite strumentalizzazioni con "critiche" e il quadro diventa più chiaro. La frase è poi stata modificata, per ragioni che ci sfuggono, in "la demo alfa non è più scaricabile, pubblicheremo il prodotto una volta ultimato".

Alcuni giorni fa vi abbiamo dato conto delle critiche che avevano sommerso il progetto, sostenuto da associazioni di primo piano e con il "patrocinio" del Ministero della Gioventù (Festeggiare l'Unità d'Italia con un gioco schifoso).

Un titolo (e non una demo alfa…quando mai si è parlato di demo alfa?) presentato come "un'opera che può dimostrare che un gioco italiano è in grado di competere con i grandi titoli internazionali, realizzata a costo zero", e che invece si è rivelato tutt'altra cosa. Se l'Italia doveva dimostrare qualcosa, con Gioventù Ribelle ha colto nel segno: incapacità e pressapochismo.

D'altronde, a quanto si è appreso, è stato realizzato rapidamente da alcuni studenti e dai loro professori, in fretta e furia. A loro va riconosciuta tutta la nostra stima, a chi doveva coordinare il progetto con serietà, un po' meno. L'importante era non "bucare" la data del 17 marzo. C'era il Presidente della Repubblica e il resto delle autorità da accontentare. E allora corri, recupera, scrivi codice, prendi texture, componi un puzzle perché sembri vagamente accettabile e cavatela, come sempre. Ma la Rete punisce, e a volte lo fa anche un po' crudelmente.

Il progetto comunque va avanti e come dichiarato dal Ministero della Gioventù, "solo alla fine dell'anno potremo conoscere il risultato ultimo e la sua qualità, essendo open source, dipenderà anche da quanti avranno la voglia e il coraggio di contribuirvi con proprie risorse tecniche, scientifiche, economiche, culturali".

Raoul Carbone, coordinatore del progetto Gioventù Ribelle, trova dei lati positivi in questa vicenda. "Gioventù Ribelle (e questo è il motivo per cui il Ministero della Gioventù supporta questa iniziativa) ha il compito di sensibilizzare i possibili investitori italiani su un fatto importante: i videogiochi rappresentano un'opportunità economica, che nel resto del mondo viene sfruttata ma che nel nostro Paese è ancora ignorata dai più". 

"Grazie alle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, il compito è stato portato a termine con successo, perché di videogiochi in Italia si è finalmente cominciato a parlare, sempre in termini positivi in conformità dello spirito didattico e solo culturale del progetto, almeno fino alle successive strumentalizzazioni, come dimostrano diversi servizi televisivi e articoli usciti su quotidiani nazionali".

"L'operazione inoltre ha già funzionato. A seguito del lancio del progetto, infatti, Confindustria sta ricevendo molti e significativi interessi da parte di grandi e medie aziende italiane, che si stanno dichiarando pronte a valutare la possibilità di investire nella produzione di videogiochi made in Italy. Credo che questa sia la risposta vera e importante che il progetto voleva ottenere e che può risolversi in opportunità di occupazione per molti giovani interessati al settore del game development".

Allora perché non dirlo prima? Perché presentare una cosa in modo quanto è diversa? Ci auguriamo di cuore che quanto detto da Carbone sia non solo vero, ma abbia presto un riscontro pratico. La sensazione è però che si sia persa un'occasione per mettere il vero talento videoludico nostrano in vetrina, a confronto con il mondo intero. E quando si perde un treno, e si fa una figura del genere, non ne è detto che ne passi un altro.