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Intervista a Hypothermic Games parte 2

La Settimana Indie vi farà fare la conoscenza di Hypothermic Games, un team italiano che sta sviluppando un gioco per la realtà virtuale.

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Avatar di Martina Fargnoli

a cura di Martina Fargnoli

Editor

Pubblicato il 19/09/2016 alle 12:37 - Aggiornato il 25/09/2016 alle 19:33
  • La Settimana Indie: Edge Guardian
  • Come si gioca
  • Intervista a Hypothermic Games parte 1
  • Intervista a Hypothermic Games parte 2

Tom's Hardware: So che ai nostri lettori farebbe davvero piacere venire a conoscenza di qualche dettaglio sullo sviluppo. Quali sono le difficoltà che si incontrano durante il processo? Ci sono differenze tra lo sviluppare un gioco per la realtà virtuale e uno per sistemi classici? Se sì, ciò ha influito anche in parte sul modo in cui vi approcciavate allo sviluppo?

Maurizio Tatafiore: La profonda integrazione di Unity con OpenVR e SteamVR ha reso la barriera iniziale di accesso, rispetto allo sviluppo classico, decisamente affrontabile. Dal punto di vista tecnico, non dovendo gestire in prima persona doppie telecamere, distanze interoculari e rendering stereoscopico (cose che in passato mi è capitato di approcciare), non c'è grandissima differenza con lo svilluppo di un videogioco non stereoscopico.

Le sfide maggiori, in questo caso, credo siano state due: tempi di sviluppo e performance. Dovevamo sfruttare rapidamente la finestra di mercato che avevamo di fronte e bisognava avere un prodotto che spiccasse relativamente in fretta. Partire da un concept semplice ma efficace è stato sicuramente di aiuto, e personalmente ho trovato importantissima l'esperienza delle jam che mi ha insegnato a bruciare le iterazioni iniziali per arrivare rapidamente a qualcosa che funzioni fluidamente.

Inoltre, in VR le performance sono una priorità: qualunque cosa che non rispetti i 90 fotogrammi al secondo di aggiornamento del visore rischia di creare motion sickness. Volevamo un gioco bello a vedersi e che non sembrasse troppo semplicistico, quindi limare gli spigoli al codice è stato fondamentale. L'ottimizzazione sarà anche un tema principale di tutta la fase di early access, durante la quale continuerò a lavorare sulle parti di codice che più affaticano la macchina al momento.

Marco Giammetti: Le proporzioni in VR sono estremamente importanti, quindi bisogna creare gli oggetti come se fossero reali, basandosi su dimensioni accettabili, ovviamente legate allo stile grafico dei gioco. Mi sono ispirato quindi a due dei miei giochi preferiti Journey e Portal, forme semplici, impatto massimo.

Ho deciso poi di lavorare sui cubi. Cubi ovunque! Proprio per avere delle proporzioni di partenza, cioè quelle del nemico di base, per poi costruire tutto quello che c'è attorno. I "nostri" cubi non hanno solo 6 lati, si modificano, creano nuove forme e sono modulari. Il mondo di gioco inizialmente infatti doveva essere molto più semplice, poi abbiamo deciso che dovevano esserci diverse ambientazioni.

Questo fattore ha aumentato di molto la mia libertà nel creare gli spazi di gioco, ma gli avversari e gli altri personaggi presenti nel gioco partono tutti da quella forma primitiva. Creando un gioco che si basa sulla Room Scale abbiamo fatto in modo che in una determinata area il giocatore possa compiere tutte le azioni senza sentirsi in gabbia ed evitando che rompano i controller contro il muro: i pugni infatti sono una estensione del controller, non direttamente il controller stesso.

Qui deriva anche la scelta di dover difendere un elemento da fattori esterni, che non attaccano direttamente il giocatore, in modo da poter procedere con una relativa calma nel muoversi nell'area calpestabile. Per certi versi determinati limiti ci hanno permesso di concentrarci meglio sull'essenza stessa dell' esperienza di gioco. Così come sono stati estremamente importanti i consigli di chi ha provato il titolo, assolutamente necessari a creare quello che è Edge Guardian nella sua primissima versione.

Edge Guardian

Tom's Hardware: Le stime sulla crescita della realtà virtuale sembrano incoraggianti: si parla di un mercato che nel 2020 potrebbe arrivare a toccare cifre intorno ai 162 miliardi di dollari. Eppure secondo gli ultimi sondaggi effettuati dalla piattaforma di Valve la diffusione dei nuovi visori è molto lenta. Voi che avete abbracciato questa tecnologia cosa ne pensate dell'attuale mercato e del futuro della VR?

Maurizio Tatafiore: Il mercato VR, al momento, lo definirei acerbo e in pieno fermento. L'ultima volta che ho controllato c'erano poco più 160.000 visori Vive venduti, una cifra irrisoria rispetto a più o meno tutti gli altri mercati del settore videogioco. Si tratta però di un pubblico appassionato, curioso e assetato di novità. Hanno inoltre molta voglia di partecipare alla crescita di questa nuova piattaforma e sono molto attivi nella community.

Il succo di tutto ciò, secondo me, è che al momento grandi investimenti e produzioni tripla A non hanno alcun senso in questo mercato, se non con un eventuale scopo di "battistrada" e di immagine. Al contrario, in un ambiente così vivo e interattivo, una piccola produzione indipendente, a basso budget ma di qualità, ha buone possibilità di farsi notare e recuperare l'investimento con un buon margine.

Per quanto riguarda il futuro è difficile fare previsioni: io credo che, a partire dal prossimo anno, inizieremo a vedere qualche variazione, con l'arrivo di qualche produzione maggiore, ma ci vorrà ancora qualche anno per vedere un mercato più maturo e stabile.

Marco Giammetti: Sono convinto che il mercato potrebbe andare molto a rilento anche perché non è facile spiegare a una persona come funziona la VR finché non lo metti dentro un Vive. Dico Vive perchè è l'unico attualmente sul mercato che permette di avere una stanza in cui poter interagire con degli elementi virtuali senza usare locomozioni artificiali.

Quando anche Oculus rilascerà finalmente i Touch controller avremo un mercato con due competitor che permetteranno agli sviluppatori di poter creare esperienze "complete" senza dover per forza inventare giochi ibridi. La vedo più difficile per quanto riguarda il versante console e Playstation VR, potrebbe avere un impatto dirompente sul mercato, ma è pur sempre una piattaforma chiusa e di sicuro non permetterà una Room Scale, non in questa iterazione. La cosa principale è che per me la Realtà Virtuale è come il primo Nintendo DS: brutta da vedere, ma appena ci metti le mani sopra è uno spasso esagerato.

Edge Guardian

Tom's Hardware: Prima di salutarvi e ringraziarvi per il tempo dedicatoci, avete qualche consiglio da condividere con chi vorrebbe iniziare una carriera nello sviluppo di videogiochi o è alle prime armi?

Maurizio Tatafiore: Siate consapevoli, tanto dei vostri limiti quanto delle vostre potenzialità. Completate progetti (fatevelo dire da uno che ha iniziato e lasciato a metà un monte di cose) e non abbiate paura di mostrarli in giro: riceverete secchiate di critiche, sappiate farne tesoro senza lasciarvi abbattere; i reality check sono dolorosi ma utilissimi.

Collaborate tanto e con molte persone diverse (le Jam hanno un valore inestimabile in questo senso) e siate aperti e pronti ad imparare da chiunque, anche da chi non ve lo aspettereste mai. Infine, ci sono due mostri che amano molto aggirarsi in questo settore mietendo quante più vittime possibile; si chiamano Cinismo e Negatività. Il mio consiglio? Ridetegli in faccia e non smettete di provarci, con sicurezza e senza presunzione.

Marco Giammetti: Studiare. E sapere che le "one man army" sono una rarità, non la regola: avete ambizioni da programmatore? Cercatevi un grafico. Avete ambizioni da grafico? Cercatevi un programmatore. E poi tutti e due cercate un musicista! È molto più divertente crescere assieme e scambiarsi opinioni, è più umano. Sopratutto, andate alle Jam. Provateci. Impegnatevi. E studiate la matematica che non è vero che non serve a niente!

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