One Piece: World Seeker Recensione

One Piece: World Seeker si allontana dal mondo dei musuo e dei picchiaduro a incontri: scopriamo quali sono i risultati nella nostra recensione.

Avatar di Nicola Armondi

a cura di Nicola Armondi

Bandai Namco si è da molto tempo fatta un nome grazie alla creazione di titoli dedicati al variegato mondo dell’animazione giapponese: negli ultimi anni, però, la sua produzione si è spesso limitata a pochi generi, come i piacchiaduro a incontri (Jump Force vi dice nulla?) e i musou, quegli action dove un eroe, spesso solitario, abbatte grandi quantità di nemici tutti uguali; pura carne da macello per le combo del giocatore. One Piece: World Seeker tenta di variare la solita formula, buttandosi per la prima volta in un mondo open world con meccaniche da gioco di ruolo d’azione.

Questo nuovo approccio ha attirato l’attenzione di alcuni giocatori, ma a fare la differenza è sicuramente stata la notizia che il creatore del manga, Eiichirō Oda, ha realizzato il design dei due personaggi cardine della storia di questo videogame. Parliamo di Isaac, il Direttore della Prigione Celeste, e Jeanne, la leader della fazione anti-Marina.

L’intreccio ruota completamente attorno a queste due figure, contrapposte negli ideali. Isaac è un cyborg che governa con la forza l’Isola Carceraria, il setting all’interno del quale vivremo la nostra avventura, mentre Jeanna è una ragazza solare che cerca di aiutare le persone in difficoltà. Tutto inizia quando Rufy, insieme alla propria ciurma, giunge sulla Prigione Celeste che levita sopra l’Isola, attirato da un incredibile tesoro. Si tratta però di una trappola e, nella fuga, Cappello di paglia cade in mare, venendo salvato da Jeanne che lo guida poi alla ricerca dei vari membri dell’equipaggio dispersi o catturati.

L’intreccio che segue è abbastanza semplice, ma adeguato al genere. Gli eventi di trama fondamentali, che approfondiscono Jeanne e Isaac, sono in pochi, ma godibili: il grosso dell’avanzamento servirà a introdurre, uno dopo l’altro, una gran quantità di personaggi ben conosciuti ai fan di One Piece. Alleati e antagonisti si ritroveranno sull’isola, per un motivo o per un altro, e daranno una scusa per far andare le mani. Il vero problema è nel ritmo: la trama di One Piece: World Seeker potrebbe funzionare in un lungometraggio da un centinaio di minuti, ma in open world viene per forza di cose allungata in maniera esageratamente prolissa.

Le missioni principali sono un eterno giro dell’oca, una caccia alle uova di Pasqua durante la quale il Coniglio Pasquale continua a spostare la ricompensa ogni qualvolta ci avviciniamo. In pratica, il gioco ci chiede ci rimbalzare da un luogo all’altro per trovare qualcosa o qualcuno che spesso non è veramente lì. Il tutto serve ad allungare il brodo, a ritardare l’arrivo di un evento di trama significativo che faccia proseguire la narrazione.

Questo purtroppo accade anche a livello ludico. Molte sequenze si risolvono con un paio di scontri obbligatori della durata di poche decine di secondi, e vari minuti di corse e arrampicate, sterili e ripetitive. Nel mezzo, si raccoglie qualche oggetto per il crafting (meccanica utile a creare oggetti da equipaggiare per potenziare le poche statistiche di Rufy, ma molto meno rilevante di quanto possa sembrare, vista la sovrabbondanza di punti di raccolta) e si elimina qualche avversario stazionato nella mappa.

One Piece: World Seeker, come abbiamo infatti detto inizialmente, è un action con meccaniche da gioco di ruolo. Rufy è in grado di utilizzare due modalità di combattimento differenti: osservazione e armatura. La prima è incentrata sulla velocità, con tanti colpi deboli. La seconda, invece, predilige pochi attacchi potenti e ampio raggio, donando al tempo stesso una maggiore resistenza alle offensive corpo a copro. È poi possibile schivare (o parare, se siamo in “armatura”), “sparare” i pugni, mirando come in un TPS, per stordire e infliggere critici e, infine, attivare tutta una serie di attacchi speciali, previo caricamento di una barra apposita. Infine, è possibile agire furtivamente, per eliminare gli avversari in un colpo e in silenzio, se non si viene avvistati.

Sulla carta, quindi, One Piece: World Seeker propone una discreta varietà: purtroppo il sistema si rivela abbastanza legnoso e poco reattivo. I tempi di recupero delle animazioni (anche nella modalità veloce “osservazione”) sono lunghi e dopo ogni colpo, per almeno mezzo secondo, perderemo il controllo del personaggio, bloccando inutilmente l’azione: mosse come la schivata o la parata vanno di conseguenza usate preventivamente e non come reazione a un attacco nemico (sopratutto dopo aver acquisito l’abilità che attiva un rallentamento in caso di azione perfetta). La verità, però, è che l’IA dei nemici comuni è poco aggressiva e, a difficoltà normale, subire qualche colpo non ha alcuna ripercussione, visti i danni limitati: conviene allora pestare sul tasto quadrato con forza, per eseguire ancora e ancora la solita combo da tre colpi, senza preoccuparsi nemmeno di cambiare stile, visto che ciò pretende che il personaggio sia immobile, con conseguente spezzamento del ritmo dei combattimenti.

Alzare il livello di difficoltà, purtroppo, non è una soluzione: la prima fase di gioco risulta di una facilità disarmante anche al livello massimo, mentre nella seconda e nella terza si subiscono una quantità di danni esagerata, rendendo gli scontri frustranti, visto il poco controllo che abbiamo. Aggiungiamo che vari boss sono in grado di allontanarsi da noi istantaneamente, per impedirci di infliggere molti colpi di fila: ciò rende gli scontri caotici poiché la telecamera, anche con lock on attivo, non segue i nemici. One Piece: World Seeker si rivela meno profondo e vario rispetto a un musou, a conti fatti, visto che faticheremo ad attivare anche gli attacchi speciali, unico vero momento di spettacolarità. Gli avversari, inoltre, sono praticamente divisibili in due categorie: dalla distanza e ravvicinati; non aspettatevi varietà in questo senso.

Ciò che rimane è la pedante ricerca di tesori e punti dove raccogliere risorse, all'interno di una mappa non molto grande, ma comunque povera di contenuti e luoghi interessanti da esplorare. Ci sono poi le missioni secondarie in puro stile fetch quest. Queste ultime, al pari delle principali, donano una notevole quantità di Punti Abilità, utili ad acquisire nuove mosse attive o potenziamenti passivi (consigliamo di dare priorità a quelle legate al movimento, per navigare nella mappa con più facilità e risparmiarsi minuti e minuti di scarpinate). Piccola nota: i nemici donano una quantità di Punti Abilità estremamente bassa (e non lo fanno sempre), sconfiggerli è quindi quasi inutile, se non per ottenere oggetti che possono però essere recuperati anche nella mappa.

Ogni azione, in ogni caso, fa brodo (per quanto allungato). One Piece: World Seeker propone un sistema di karma, ovvero un punteggio legato a molteplici fazioni: l’apprezzamento di queste aumenterà man mano che completeremo determinate secondarie o elimineremo certe tipologie di nemici. A cosa serve massimizzare il karma di una fazione? A sbloccare una missione dedicata: l’occasione di vedere ancora una volta da vicino uno dei personaggi creati da Eiichirō Oda potrebbe essere sufficiente per convincere un fan a dedicarsi alle ripetitive attività del gioco.

One Piece: World Seeker, infatti, non riesce a trovare altro punto di forza se non nel proprio essere pesantemente fan service. Rufy e tutti i personaggi nati dalla mano di Oda sono ben realizzati e le loro animazioni saranno un piacere per gli appassionati, purtroppo non si può dire lo stesso del resto: i normali cittadini dell’Isola sono poligonalmente poveri, dal design limitato e regolarmente ripetuto. Gli ambienti risultano generici: dover continuamente rimbalzare da un posto all’altro senza motivo, inoltre, non aiuta a farseli piacere.

Il gioco riesce a mantenere un frame rate stabile, fortunatamente. I caricamenti sono un tasto dolente, in quanto richiedono svariati secondi: presto ci ritroveremo a cambiare zona tramite viaggio rapido, per seguire la caotica missione in corso, e quindi dovremo sorbircene uno ogni pochi minuti. Infine, il doppiaggio giapponese originale avrà poche occasioni per esprimersi, visto che il grosso della narrazione avverrà in via testuale. La OST, invece, è orecchiabile: è possibile creare la propria playlist ed eseguirla in loop durante le fasi esplorative.