Rise of the Ronin: quando il Giappone è il vero protagonista

Un nostro approfondimento dedicato a Rise of the Ronin, il nuovo videogioco di prossima pubblicazione di Team Ninja

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a cura di Nicholas Mercurio

Da molto tempo, ormai, qualunque produzione che vede il Giappone come protagonista ha la capacità di mantenere quel tipico fascino esotico che è impossibile non menzionare, e Rise of the Ronin non sembra tradire affatto questa filosofia vincente, che risulta sempre azzeccata e ben implementata. Nel corso degli ultimi anni, in molti hanno esplorato videogiochi che hanno trattato soprattutto in maniera corale degli usi e i costumi del Sol Levante, mentre si ricercavano i classici messaggi finali ogni volta che si arrivava ai titoli di coda. Spesso mi sono immaginato come uno shinobi o un samurai, e brandendo Kusabimaru in Sekiro: Shadows Die Twice n'ero immerso totalmente.

Non importa in che modo mi sentivo parte di questo mondo, perché in un modo o nell’altro era divertente. E poi chi avevo di fronte, mentre alzavo la spada per difendermi e contrattaccavo per spezzargli la guardia, non avrebbe mai rinunciato a combattere. Morivo ripetutamente e nei modi peggiori, perché si sta parlando di FromSoftware e di uno dei videogiochi migliori ambientati nel periodo Sengoku che siano mai stati sviluppati. Mi ero abituato a soccombere, perciò ritornavo all’Idolo dello Scultore più vicino per riprendermi e continuare a provare imperterrito a sconfiggere il boss da battere per avanzare.

Prendendo in esempio Sekiro: Shadows Die Twice, c'è da sottolineare che la produzione sviluppata da Hidetaka Miyazaki è quanto di più vicino ci sia alla religione shintoista e, in generale, al senso dell'onore. È un discorso da ricollegare a Jin Sakai e a Ghost of Tsushima, l’opera di Sucker Punch che ha diviso la critica e il pubblico come non è mai accaduto prima di allora.

Esplorare l’isola di Tsushima invasa dai mongoli, esplorandone gli angoli angusti, è stata un’esperienza indimenticabile, perché mi ha consentito di interfacciarmi più da vicino con la cultura nipponica. Ho pregato a un santuario, difeso la mia terra, e in groppa a Sora - no, non il protagonista di Kingdom Hearts, bensì il cavallo bardato disponibile sin da subito- ho cavalcato per l’isola senza mai fermarmi. Combattevo i mongoli, vincevo gli scontri e ripetevo, proseguendo un cammino di redenzione, pace e armonia, mentre mi accorgevo quanto il senso dell’onore fosse in realtà molto sottile. Mentre difendevo la mia terra dall’impero mongolo, ricordavo gli scontri su Nioh assieme agli Yokai, e avrei tanto desiderato di averne alcuni al mio fianco.

“Io appartengo al guerriero in cui la vecchia via si è unita alla nuova”

Guardando il trailer di Rise of the Ronin, l’esclusiva PlayStation di Team Ninja – gli autori della serie Nioh -, ho ricordato L'Ultimo Samurai. Perché, a differenza di Ghost of Tsushima e Sekiro: Shadows Die Twice, Rise of the Ronin è ambientato durante la Restaurazione Meiji, un periodo di grandi cambiamenti per il Paese del Sol Levante, che presentò al mondo intero la cultura giapponese, contribuendo alla scoperta di usanze strane, molto diverse dalle nostre.

Se da una parte i più ricchi desideravano vedere il Giappone diventare un paese civile, dall’altra c’era chi non voleva questo cambiamento radicale. Come capita spesso nella storia, le insoddisfazioni non possono che contribuire a una inevitabile ondata di violenza senza freni. Il popolo giapponese, che per secoli fu costretto a servire i samurai e i loro signori, era confuso su chi avesse ragione, eppure il crescente malcontento avrebbe permesso all’Imperatore Meiji e ai suoi ministri la tanto agognata restaurazione, necessaria per essere al passo con i tempi. Team Ninja, scegliendo infatti un periodo storico diverso, non sembra che abbia paura di rischiare, e Rise of the Ronin potrebbe essere il primo videogioco a esplorare un momento storico del genere. Il Giappone è conosciuto soprattutto per le guerre interne, e basterebbe citare Nobunaga Oda e il tradimento del clan Shingen, e delle ulteriori lotte combattute dai signori più influenti del Periodo Sengoku.

In Sekiro, infatti, siamo protagonisti delle lotte tra il Clan Ashina e il generale Tamura, con la vittoria schiacciante di Ishiin Ashina, al tempo considerato lo spadaccino più letale mai conosciuto e il nastro nascente della sua stirpe. Erano guerre per il potere di una provincia o per ristabilire il proprio onore, e in un modo o nell’altro le due cose c’entravano perché offendere un samurai significava garantirsi una morte rapida, assicurandosi così una tomba sotto a un ciliegio. Ma era inevitabile, perché i samurai erano addestrati duramente all’utilizzo di varie armi, e non imbracciavano solamente la katana per eliminare i loro nemici. Si dilettavano con lance e archi, non dando mai le spalle al nemico e onorandolo anche se offesi.

Jin Sakai è stato costretto a usare qualunque arma in suo potere per garantirsi la vittoria sui mongoli, a volta uccidendoli persino nell’oscurità, con improvvisi e precisi attacchi poco onorevoli. Un’onta necessaria che, come ben sappiamo, gli ha permesso di avere la meglio sui suoi nemici e liberare l'isola di Tsushima. La storia del Giappone, che resta senza dubbio affascinante, è tuttavia scritta con il sangue come tanti racconti con cui i giocatori hanno avuto a che fare negli ultimi anni.

Rise and the Ronin: un videogioco dalle ottime premesse

I differenti media, oltretutto, sono stati capaci di farci conoscere molte pagine della sua storia, e con i videogiochi, nello specifico, ciò ha contribuito a fare appassionare i giocatori ai racconti provenienti dal Paese più remoto dell’Estremo Oriente. Tornando alla Restaurazione Meiji, Rise of the Ronin mi è sin da subito apparso inquadrato a voler restituire il senso di smarrimento tra il vecchio e il nuovo attraverso un trailer che ha offerto una prova encomiabile nel rappresentare accuratamente il periodo storico, che si estende dal 1868 al 1889. A colpirmi sono state le strade, il traffico di persone e le navi ancorate nel porto di Edo, l’attuale Tokyo, provenienti da ogni angolo del mondo.

Ci sono navi inglesi, pronte a offrire tè e spezie, ce ne sono altre che arrivano dall’Olanda, dalla Francia e addirittura dalla Germania, e ovviamente anche dagli Stati Uniti, per non farsi mancare nulla. Filosofie e modi diversi di commerciare e approcciarsi a un imperatore che, interessato dalla modernità, è pronto a unire il vecchio e il nuovo per permettere al suo paese di fare un passo decisivo verso il futuro.

Il protagonista, di cui non sappiamo molto, è un ronin, che in italiano significa “Uomo alla deriva”, ed è un po’ come mi sono sentito io non appena l’ho visto camminare in mezzo a uomini in giacca e cravatta, stretti nelle loro sicurezze. Perché se le città si stanno ammodernando, cambiando persino il loro modo di essere, i villaggi e le campagne sono ben altra cosa: lì c'è un Giappone rurale e fedele alle antiche tradizioni ai piedi del monte Fuji, tra antichi santuari, idoli e antiche reliquie pronte a dare sollievo a chiunque lo richieda. Mentre visionavo il trailer, restare indifferente è stato impossibile, perché questi due mondi divisi sono in totale conflitto per l’anima stessa del Giappone. Mancano la pace e la saggezza, la compostezza e l’onore, e mancano i sentimenti e le emozioni che, in passato, hanno reso grande un paese che, a differenza degli altri, ha sempre messo davanti le tradizioni davanti a tutto.

Un ronin, a differenza di un samurai, è senza padrone: viaggia su un cavallo e a piedi con abiti sgualciti, nascosto da un cappuccio o da un cappello di paglia, con lo sguardo abbassato per contare ogni passo compiuto. Nessuno lo attende e nessuno lo capisce, eppure un ronin, rispetto a un samurai, può sopravvivere all’onda pronta a sgominare il Giappone. Un’onda che, indomita come le tempeste di Tsushima che hanno fatto naufragare le navi mongole, si dirige verso quelle tradizioni intoccabili per molti, anche per coloro che non sono samurai. Il vecchio e il nuovo che si scontrano, con l’Imperatore Meiji che intende rinunciare alla protezione dei samurai, e Saigo Takamori – il vero ultimo samurai – che non intende rinunciare al suo onore. Ancora non è chiaro se sarà presente ma, considerando il periodo storico, auspichiamo di vederlo in azione.

Tutto passerà, ovviamente, da come Team Ninja vorrà approcciarsi al periodo storico, e ovviamente in che modo vorrà perseguire il suo obiettivo finale, che sarà da esaminare e approfondire al momento opportuno. Il ronin, come è inevitabile, è armato fino ai denti di una katana affilata e, secondo il trailer reveal, può persino planare grazie a un marchingegno molto simile a quello utilizzato da Ezio Auditore in Assassin’s Creed II, con la sola differenza che non c’è Leonardo da Vinci a supportarlo. Al momento, ovviamente, c’è da dire che Rise of the Ronin sembra essere predisposto a non volersi mostrare nella sua interezza per arrivare al 2024 in tutta tranquillità, e che per capirlo appieno servirà attendere il momento opportuno. Al netto di questo, tuttavia, la nuova produzione dei Team Ninja vuole essere un concreto omaggio al Giappone attraverso un approccio differente, cercando di unire appunto i due mondi in maniera omogenea.

È un obiettivo che, senza alcun dubbio, potrebbe in realtà dimostrarsi molto più complesso agli atti di quanto qualcuno possa immaginare. Anche perché di produzioni simile non ne mancano, e le prossime pubblicazioni come Assassin’s Creed Red, che intende seguire finalmente i sogni proibiti dei fan. È complesso esprimersi a riguardo ma, se non altro, Assassin’s Creed potrebbe arrivare in un momento particolarmente saturo di videogiochi ambientati in Giappone, specie se consideriamo l’avvento di Rise of the Ronin, che potrebbe ritagliarsi uno spazio ben più rilevante nel panorama. Guardando il trailer con più accortezza, la produzione di Team Ninja non sembra poi tanto diverso da Ghost of Tsushima, se non per il sistema di combattimento, che appare costruito con maggiore cura.

La lotta, in tal senso, sembra fluida e implementata meglio, il che suggerisce combattimenti spettacolari e tecnici, una buona notizia che, se confermata in futuro, offrirebbe ai più esigenti finalmente combattimenti ancora più action rispetto al passato. Il difficile, in effetti, sarà cercare di seguire in maniera scrupolosa le scelte di game design, di cui ancora sappiamo molto poco.

Cosa aspettarsi dal futuro?

Nel nostro articolo abbiamo parlato, in generale, del Giappone trattato in quasi tutte le sue salse. Avrei in effetti potuto citare Way of the Samurai, o magari gli strategici della serie Total War ambientati durante il periodo Sengoku, nella classica lotta per il potere assoluto.

Rise of the Ronin, proprio come Ghost of Tsushima, è un’opera che intende seguire un percorso totalmente nuovo rispetto al passato, approcciandosi diversamente alle storie provenienti dal Sol Levante e ai videogiochi usciti negli ultimi quindici anni. Team Ninja, e ci teniamo a ricordarlo, è uno studio di sviluppo talentuoso che ha nel suo storico opere come Nioh. Di recente, infatti, abbiamo provato pure Wo Long Dynasty, un’avventura che ricorda l’action del team nipponico ma ambientato in Cina. Come sarà, però, Rise of the Ronin? In che modo verrà approcciato? E ancora, quali saranno i pretesti narrativi? Cosa inseguirà il ronin? Sono domande che, ovviamente, resteranno senza risposta fino al 2024.