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The Ascent | Recensione, il lato cyberpunk di Blade Runner

La nostra recensione di The Ascent, shooter isometrico cyberpunk sviluppato dai neonati Neon Giant.

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Avatar di Marco Piccirilli

a cura di Marco Piccirilli

Pubblicato il 31/07/2021 alle 19:07 - Aggiornato il 23/08/2021 alle 09:23

C'era una volta il cyberpunk, nato pochi decenni fa grazie alla penna di scrittori, come William Gibson, sbocciati proprio quando le opere di un mostro sacro della fantascienza come Philip K. Dick iniziavano ad essere rivalutate. La corrente letteraria che avrebbe influenzato gran parte della narrativa moderna muoveva i primi passi proprio negli anni in cui i videogiochi cominciavano il loro percorso verso la maturità, e non è un caso: è negli anni ottanta, infatti, che ritroviamo le radici della società come la conosciamo oggi, tutta abbarbicata alla tecnologia, dipendente da quest'ultima e dai suoi sviluppi, e continuamente intenta a dibattere delle implicazioni a livello sociale di un simile legame. Come facilmente intuibile, cyberpunk e fantascienza in generale sono sempre andati parecchio d'accordo coi videogiochi, andando anche oltre il chiacchiericcio generato negli ultimi anni dal titolo omonimo che tutti senz'altro conoscerete. The Ascent è uno degli ultimi esempi: legato sin da subito a Microsoft, per via dell'esclusiva console e dell'inserimento in Xbox Game Pass, lo shooter dei Neon Giant, neonato team composto da appena dodici anime, ha generato non poca curiosità attorno a sé.

Le premesse per dar vita a un videogioco più che buono c'erano tutte, anche perché tra i fondatori del piccolo studio svedese si nascondono diversi veterani dell'industria, e perché The Ascent si è presentato benissimo fin dai tempi del suo annuncio, avvenuto nel 2018, anche grazie a un'estetica da cartolina, di livello formidabile, che ha fatto innamorare diversi appassionati a prima vista. D'altro canto, però, gli autori si sono posti un obiettivo davvero ambizioso, ovvero quello di realizzare uno shooter isometrico di stampo open world, cioè qualcosa che è molto difficile gestire bene avendo a disposizione risorse limitate: ci saranno riusciti, nonostante tutto?

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Una metropoli tentacolare e bellissima da vedere

Tenendo fede alle sue premesse narrative, The Ascent comincia in maniera piuttosto netta e in medias res, lanciandovi senza troppi complimenti nel più classico dei mondi transumanisti propri dell'immaginario cyberpunk: la città di Veles, un ecosistema enorme e tentacolare fatto di costruzioni futuristiche sovrapposte le une alle altre e totale assenza di verde, in cui le insegne al neon generano continui contrasti cromatici con l'opprimenza del buio e della pioggia. Nello sconfinato sottobosco cittadino, voi impersonate un mercenario al soldo del The Ascent Group, una megacorporazione che - in un mondo senza più governi né ideali - si è sostituita al potere costituito, e il cui collasso rappresenta l'incipit narrativo, rendendo il protagonista (personalizzabile, nel sesso e nel vestiario, tramite un semplice editor) un reietto, che, per convenienza e necessità, si ritrova ad indagare per scoprire cosa sia successo.

Benché i primi momenti suggeriscano una trama di ampio respiro, la storia di The Ascent non è certo il piatto forte del titolo, e rimane piuttosto tradizionale sia nel modo in cui viene raccontata che nell'effettivo svolgimento. I punti più "alti" della narrativa, di fatto, non sono altro che dialoghi piuttosto semplicistici, gestiti tramite una regia un po' troppo incerta e zoppicante, che vi porteranno a conoscere svariati personaggi secondari, alcuni dei quali (perlopiù esseri umanoidi dal linguaggio colorito) anche ben caratterizzati e inseriti nel contesto.

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Ciò che vi spingerà ad andare avanti non è tanto la voglia di scoprire come va a finire la storia, quanto il puro e semplice gusto nell'esplorare l'arcologia di Veles in tutte le parti che la compongono: ogni anfratto della città, che poi è la vera protagonista, è talmente ben curato nei dettagli da lasciare quasi esterrefatti. Le varie zone, da cui si dipanano poi alcuni dungeon in cui si svolgono determinate quest, sono tutte molto ben interconnesse tra loro, in una rete che rimanda un po' alla struttura dei metroidvania, e trasudano grande identità visiva e personalità, lasciando al tempo stesso intuire quanta conoscenza e quanto amore gli sviluppatori nutrano per il relativo genere letterario.

Nel complesso, la produzione fornisce un'interpretazione dell'open world piuttosto semplice (vista l'esiguità del team di sviluppo era impossibile fare miracoli), che però fa abbastanza bene quel che può. In molti aspetti, l'avventura preferisce andare sul sicuro e proporre meccaniche derivative e al tempo stesso consolidate, come avviene per la componente RPG, che fonda il potenziamento del personaggio su un sistema di loot non troppo profondo e diversi tratti potenziabili. Questi ultimi si rifanno agli RPG pen&paper e sono legati anche all'immaginario cyberpunk, con cyberdeck e innesti tecnologici che rappresentano la ciliegina sulla torta delle build che è possibile costruire (e si, se ve lo state chiedendo, c'è il respec dei punti abilità, ma si paga).

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Nella pratica, The Ascent è uno shooter con visuale isometrica, che vi mette in mano un paio di bocche da fuoco e vi lancia addosso orde di nemici inferociti e pronti a farvi la pelle. La difficoltà, che comunque è selezionabile per cercare un maggior grado di sfida, rimane piuttosto gestibile a livello normale, anche perché parliamo di un titolo che, pad alla mano, non è così complesso nelle meccaniche e non arriva alle vette degli interpreti più arcade del genere (come i passati giochi di Housemarque, per esempio), capaci di mantenere un ritmo infernale dall'inizio alla fine. Il titolo di Neon Giant, al contrario, rimane ben più permissivo ed equilibrato, ma ciò non vuol dire che le sparatorie non siano capaci di divertire.

Il protagonista, come dicevamo, può contare su due armi equipaggiabili, una granata o altri dispositivi tattici e due abilità speciali a ricarica, eseguibili tramite i grilletti, di potenza volutamente esagerata. Ci è parso, poi, piuttosto interessante il sistema legato alle coperture ambientali: con un tasto, infatti, si può decidere di alzare la traiettoria di tiro, così da cercare di colpire un bersaglio nascosto dietro un riparo. L'IA, comunque, presenta luci e ombre: oltre a saper usare le coperture, i nemici sono piuttosto aggressivi e capaci di attaccarvi in gruppi numerosi, ma tendono talvolta ad andare un po' in confusione e a "dimenticarsi" quel che stavano facendo, restando magari piantati sul posto e diventando bersagli facili.

Tutto sommato, diverse meccaniche funzionano e riescono anche a divertire, ma nel suo complesso The Ascent resta piuttosto basilare, anche a livelli avanzati, mancando soprattutto di diversificazioni marcate nel gameplay, tolte quelle (comunque piacevoli) rappresentate da qualche sporadica boss fight; per il resto, i nemici standard si limitano a pattern ristretti agli attacchi melée e a proiettili o granate, e davvero poco altro. Talvolta venite messi di fronte a nemici meccanici, come ad esempio le torrette, contro cui determinati tipi di armi (quelle elettriche) sono più efficaci, ma si tratta di situazioni troppo limitate e che avrebbero potuto essere sfruttate molto meglio nel contesto generale: ciò sminuisce un bel po' il peso tattico degli scontri, portando ad affrontare la gran parte delle situazioni a fucile spianato e senza pensare troppo.

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Dicevamo poc'anzi che l'intento degli sviluppatori è stato fin dall'inizio quello di rendere The Ascent un action RPG open world con tutti i crismi: sebbene su scala ridotta e con diverse semplificazioni, anche evidenti, determinate dal suo livello produttivo, tutto sommato il gioco riesce nello scopo prefissato, calandovi per davvero in una città che sembra "viva", sia per le evidenti qualità a livello visivo, sia perché ai giocatori viene effettivamente data una buona libertà di scelta nel completamento delle missioni e nel potenziamento del protagonista.

Nulla vi vieta, per esempio, di recarvi in anticipo ad affrontare nemici di livello più alto del vostro, o di ignorare totalmente le missioni secondarie, che pure sono presenti: in buona parte non sono un granché (per non parlare delle taglie, semplicissime fetch quest), ma qualcuna - sempre, lo ripetiamo, considerato il livello produttivo del gioco - riesce a raggiungere il livello di alcune fra le principali. In generale, le attività secondarie non sono poi moltissime come sembrerebbe in un primo momento, ma colmano in maniera più che degna il vuoto generato da eventuali momenti di stanca, oltre a elargirvi ricompense che danno un reale senso al loro completamento.

Scorrazzando tra una zona e l'altra troverete un po' di tutto, dai tradizionali mercanti dove fare acquisti, agli armaioli per potenziare le armi, passando per chirurghi in cui modificare gli impianti cibernetici di cui siete dotati, baristi da cui riscuotere le ricompense per le taglie e così via. La città, nella sua interezza, raggiunge dimensioni davvero notevoli: per semplificarvi le cose sono presenti due distinte opzioni di fast travel, una gratuita (le stazioni della metropolitana, presenti in punti fissi) e una a pagamento (un servizio di taxi richiamabili sul posto).

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Il comparto estetico, dal canto suo, è un aspetto in cui The Ascent è praticamente impossibile da criticare: Veles è assolutamente splendida, ed è stata realizzata con il chiaro intento di diventare la vera "protagonista non giocante". Le atmosfere noir che la pervadono strizzano chiaramente l'occhiolino a Blade Runner: in giro per la città ci sono una quantità quasi imbarazzante di riferimenti, dalle scritte in cinese agli stessi cromatismi, a determinati tipi di architetture, che si rifanno alle enormi piramidi della Tyrell Corporation. In generale, The Ascent è un atto d'amore non solo verso il cyberpunk, ma pressoché nei confronti di ogni genere fantascientifico, cinematografico e/o letterario, da cui il cyberpunk stesso ha avuto origine.

L'Unreal Engine 4 è stato utilizzato da Neon Giant in maniera pressoché perfetta a livello visivo: una nota di merito va anche all'implementazione di alcuni effetti visivi avanzati e legati alla spiccata distruttibilità ambientale. L'engine del gioco, infatti, fa un uso egregio anche della fisica, e presenta un numero davvero enorme di oggetti che è possibile distruggere, generando esplosioni a go-go e un tripudio di effetti particellari. Peccato che tutto ciò renda il titolo abbastanza pesantuccio da gestire, anche dalle configurazioni più moderne, e che il sistema legato alla fisica generi svariati problemi di ottimizzazione, in buona parte dipendenti anche dalle (pesanti) librerie DirectX 12.

Il ray tracing, presente su PC (almeno nella versione Steam) insieme al DLSS di NVIDIA, è invece assente su Xbox Series X e Series S. Nulla da dire, invece, sul comparto audio, davvero ben curato sia nei suoni e negli effetti che nelle musiche, ben contestualizzate (anche qui, i rimandi al cinema di genere sono evidenti) e composte da Pawel Blaszczak, già autore della colonna sonora di Dying Light.

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