Il videogioco può essere uno strumento di integrazione?

Come può un videogioco agire nella creazione di un legame tra due o più persone? Riflettiamo insieme, analizzando il suo ruolo nella società odierna.

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a cura di Michele Pintaudi

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Sulle pagine di Game Division ci siamo trovati più e più volte a riflettere su quali siano, al netto del costante e potenzialmente infinito progresso tecnologico, i ruoli che uno strumento come il videogioco va a ricoprire nella società di oggi. Un videogioco è innanzitutto un mass medium, ossia un mezzo attraverso il quale è possibile mettere in atto forme di comunicazione di vario genere.

Un videogioco può essere una sfida, dove il giocatore si trova di fronte a degli obiettivi che si prefissa di raggiungere anche e soprattutto per intrattenersi. Abbiamo poi parlato di come importante sia il ruolo anche in materia di educazione, piuttosto che della sua continua e ingiusta risonanza all’interno dei media tradizionali.

Quello che vogliamo fare oggi è però analizzare il videogioco, in tutte le sue componenti, come uno strumento di integrazione: come può, insomma, agire nella creazione di un legame tra due o più persone? Riflettiamoci insieme, iniziando con un salto indietro di qualche decennio…

Il videogioco agli albori…

A livello prettamente commerciale, possiamo notare come il vero e proprio exploit dell’industria videoludica avviene a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta: se da una parte proliferavano in maniera sempre più importante sale giochi e contesti simili, iniziarono a ritagliarsi una buona fetta di mercato anche i primissimi esemplari di console domestiche.

Analizzando l’etimologia della parola “videogioco” possiamo agevolmente notare come essa sia composta da due termini: “video” e “gioco”. Il primo sta ad implicare l’utilizzo di una componente hardware, mentre il secondo fa riferimento all’aspetto ludico del prodotto in questione. Ed è proprio su questo elemento che ci vogliamo soffermare in queste prime battute: inizialmente il videogioco non era infatti altro che una forma di intrattenimento, così come può esserlo il cinema o la musica.

E allo stesso modo di questi due media anche il videogioco è riuscito, proprio sfruttando la forte componente ludica che lo va a caratterizzare, a generare interazione tra soggetti. Incontrarsi semplicemente per trascorrere del tempo insieme giocando divenne infatti una pratica sempre più comune, diffusa sia all’interno delle mura domestiche dei pochi fortunati a potersi permettere una console, sia nelle precitate sale giochi.

Il videogioco divenne dunque una passione, e in quanto tale mise in contatto tra loro le molte persone che la condividevano. Così come può esserlo ad esempio il calcio, anch’esso diventò un argomento di conversazione: qualcosa in grado di unire, anche soltanto per scambiare due parole, individui magari fino a quel momento sconosciuti. Questa, nella sua essenza più pura, è la definizione pratica di integrazione.

Integrazione che d’altro canto si fece sempre più forte considerando tutti i vari aspetti che caratterizzano il mondo dei videogiochi. Pensiamo ad esempio a come, soprattutto con il boom avvenuto negli anni Novanta, divenne sempre più comune prestare e scambiare gli ultimi titoli usciti sul mercato con i propri amici.

Si andava così a rafforzare un legame, premendo sulla condivisione di quei interessi che, come detto prima, erano diventati qualcosa di cui poter parlare in ogni occasione. Ecco dunque che, semplicemente scambiandosi dei giochi, due persone possono iniziare a conoscersi meglio e a instaurare un legame. Quest’ultima parte, con tutta probabilità, è il racconto di un episodio realmente avvenuto nella vita di tutti noi giocatori: pensateci.

… E come parte della nostra cultura.

Grazie ad uno sviluppo sempre più evidente dei social media e in generale di internet, il ruolo del videogioco come un qualcosa di appartenente in pianta stabile all'immaginario collettivo odierno è, numeri alla mano, ormai un dato di fatto. Oltre ai modelli di condivisione e integrazione più “concreti” di cui vi abbiamo parlato, ne troviamo altri appartenenti in tal senso ad una sorta di macrocosmo: quello della cultura.

Già perché i videogiochi sono stati in grado, come del resto tutti gli altri media del genere, di creare delle proprie comunità: sono stati capaci di entrare nella cultura popolare. Nascono così occasioni per riunirsi non soltanto all’interno della propria cerchia di amici e conosccenti, ma ad un livello ancora più grande: nascono convention e fiere a tema dapprima come costola di importanti eventi in ambito elettronico, per poi evolversi in dei contesti dedicati esclusivamente al videogioco.

Soltanto a cavallo tra gli anni Sessanta e il decennio seguente nascono tutta una serie di manifestazioni che ancora oggi, seppur evolute in qualcosa di diverso, riescono a catalizzare l’attenzione di milioni di appassionati da tutto il mondo. Nel 1967 a Las Vegas nasce il Consumer Electronics Show (anche noto come CES) seguito tre anni dopo dal Comic-Con di San Diego e dal GenCon di Indianapolis.

Occasioni del genere hanno poi continuato a proliferare sempre di più e oggi ci troviamo a osservare, a cadenza annuale, alcuni appuntamenti ormai considerati imperdibili: E3, Gamescom, Tokyo Game Show e persino eventi nostrani come Lucca Comics & Games e la Milan Games Week. Tutti, insomma, abbiamo oggi occasione di condividere la nostra passione per i videogiochi con migliaia e migliaia di altre persone. Tutti, attraverso il potere del videogioco, possiamo riuscire a sfruttare queste occasioni per integrarci in modo sempre più naturale.

Altro fattore che rende il gaming uno strumento per l’integrazione è, molto banalmente, il multiplayer: la possilità di condividere reali momenti di gioco con una o più persone, in modi tra loro molto differenti. Inizialmente, come detto, troviamo contesti come le sale giochi dove due giocatori si trovavano spesso a sfidarsi o a cooperare per raggiungere un medesimo obiettivo: in seguito le console domestiche introdurranno una nuova concezione di multigiocatore, rendendolo un’esperienza riservata ad un gruppo più ristretto di utenti.

È ancora una volta con l’avvento di internet che le cose cambiano in maniera radicale, quando viene introdotta a piccoli passi la possibilità di sfidare altri giocatori senza dover necessariamente condividere la stessa stanza. A superare il modello proposto dalle LAN arrivarono dunque i multiplayer su larga scala, dove chiunque disponesse di una rete internet poteva facilmente confrontarsi con giocatori provenienti da ogni parte del mondo.

L’integrazione in tal senso avviene nel momento in cui, perlopiù in titoli online volti alla cooperazione, si formarono gruppi di giocatori che a cadenza regolare si incontravano per vivere insieme un’avventura sempre nuova. Persone magari lontane tra loro arrivavano dunque ad unirsi e a creare un rapporto, sempre condividendo quella che era la loro grande passione: il videogioco.

In conclusione possiamo dunque affermare che le situazioni trattate, seppur diverse tra loro, appaiono in grado di ricoprire una vasta gamma di modelli riguardanti le tematiche in questione. Il giocare e tutto ciò che vi sta intorno è però un qualcosa che possiamo toccare con mano anche e soprattutto nella quotidianità: nelle scuole ad esempio, dove forse sarebbe necessaria una maggior formazione in proposito per evitare spiacevoli uscite da parte della stampa generalista, il videogioco è spesso tra gli argomenti più comuni tra coetanei e può dunque essere un primo passo per favorire la progressiva integrazione. Il videogioco può insomma cambiare le nostre vite, e le può cambiare in meglio se sappiamo usarlo nella maniera corretta e responsabile che merita.

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