I Paesi che proveranno a bloccare l'ingresso di Huawei nei loro mercati si faranno del male da soli, alzando anche i costi finali per i consumatori. È questa la previsione di Ken Hu, uno dei quattro presidenti del colosso cinese, che qualche giorno fa ha deciso di incontrare la stampa internazionale a Dongguan (Cina) per fare il punto sulla situazione.
Ormai non passa giorno senza che un Governo, una telco o un'agenzia di controspionaggio si esprima sulle apparecchiature o reti Huawei. Il paventato rischio di spionaggio cinese, sostenuto da Washington, ha già convinto Australia, Regno Unito, Nuova Zelanda e altri Paesi a Puntare su altri fornitori per lo sviluppo delle reti mobili 5G.
"Non esiste alcuna prova che Huawei metta a rischio la sicurezza nazionale di alcun Paese", ha dichiarato Hu. "Noi accogliamo con favore qualsiasi dialogo aperto con chiunque abbia preoccupazioni legittime. Ma ci difenderemo fermamente da qualsiasi accusa infondata e non permetteremo che la nostra reputazione venga offuscata".
La posizione dell'azienda recentemente è stata legittimata anche dal capo dell'Intelligence tedesca (BSI). "Per decisioni cosi serie come un divieto ci vogliono prove”, ha dichiarato qualche giorno fa il proprio Arne Schönbohm.
E il mercato sembra concordare, perché se da una parte quest'anno Huawei si appresta a raggiungere 100 miliardi di dollari di fatturato (erano 87,5 mld nel 2017), dall'altra ha già siglato 25 contratti commerciali per la 5G.
"Il record di Huawei sulla sicurezza è netto", ha affermato Hu. "Nonostante gli sforzi in alcuni mercati per alimentare paura contro Huawei siamo orgogliosi di dire che i nostri clienti continuano a fidarsi di noi".
E per quanto riguarda gli Stati Uniti? "Alla fine il mercato statunitense avrà bisogno delle migliori tecnologie e delle migliori aziende. Quando arriverà quel giorno, non lo so. Noi abbiamo pazienza".