Solo Skynet può svelarci la sorte del gatto di Schrödinger

Quella del fisico quantistico è una vita difficile, e uno di essi ha pensato di scrivere un programma per creare esperimenti particolarmente complessi. Il suo nome è Melvin, e ha completato il lavoro in una notte. Il suo lavoro risulta però difficile da capire.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

"Chi non è rimasto sconvolto dalla teoria quantistica non l'ha veramente capita"" diceva Niels Bohr a proposito della meccanica quantistica. Gli fa eco Richard Feynman quando afferma "se credete di aver capito la teoria dei quanti, allora non l'avete capita".

Due dei fisici più importanti della storia recente, che ci dicono entrambi la stessa cosa: la fisica quantistica è una cosa complicata. La usiamo tutti i giorni, nei miliardi di transistor all'interno dei nostri dispositivi o con i raggi laser, ma resta una faccenda tremendamente complessa.

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Pensiamo al famoso paradosso del gatto di Schrödinger, e a come la maggior parte di noi fatichi a comprenderlo; i fisici in effetti hanno una spiegazione, ma forse è ancora più difficile da capire. Provate a entrare in un negozio e dire a qualcuno che osservare un oggetto è impossibile perché l'osservazione modifica l'oggetto stesso. Il fatto è che una scienza che funziona sulla probabilità e non sull'esattezza (o erroneità) delle sue previsioni ci risulta del tutto aliena.

E allora forse ci vuole qualcosa di altrettanto alieno per comprendere e padroneggiare questa disciplina. E la cosa più aliena con cui possiamo avere a che fare, come esseri umani, è l'intelligenza artificiale. Un cervello che non abbia i limiti di quello umano potrebbe riuscire a comprendere la complessità di onde e particelle meglio di noi?

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È quello che ha pensato Anton Zeilinger (Università di Vienna) e il suo team; il loro algoritmo Melvin si è dimostrato capace di progettare esperimenti efficaci in ambito di fisica quantistica, un'attività che per gli esseri umani si è rivelata particolarmente difficile, per non dire impossibile.

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Niels Bohr

"Ho definito l'obiettivo, ho scritto il programma e l'ho lasciato in esecuzione durante la notte. La mattina dopo c'era un file chiamato solution.txt", ha raccontato Mario Krenn, studente di dottorato che ha progettato Melvin.  

È abbastanza semplice spiegare cosa fa Melvin: prende gli elementi dell'esperimento (laser e specchi in questo caso) e l'obbiettivo (lo stato Greenberger-Horne-Zeilinger, GHZ). Poi crea diversi esperimenti (51 in questo caso) finché non ne trova uno che funziona, e a quel punto lo semplifica. Questo algoritmo può anche imparare dall'esperienza, e ricorda quale risultato genera ogni configurazione - può usare queste informazioni per sviluppare nuove idee.

Ancora più strabiliante del risultato è il fatto che è "difficile capire intuitivamente cosa sta succedendo di preciso", come ha commentato lo stesso Krenn. E se lo dice un esperto del settore, deve essere davvero molto complicato. Visto che parliamo di fisica quantistica, comunque, convivere con una buona dose di cose incomprese fa parte del mestiere. L'impostazione dell'esperimento scelta dalla AI è insolita, "diverso da ciò che potrebbe tentare un umano", si legge sulle fonti.

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Richard Feynman

Nicolas Gisin dell'Università di Ginevra ha definito questa esperienza "originale e insolita", ma crede anche che l'automazione della progettazione di esperimenti aumenterà in futuro ma non sostituirà gli esseri umani, almeno a breve termine. Terry Rudolph (Imperial College, Londra) aggiunge che questa tecnica potrebbe portare una rinnovata tensione tra fisica classica e quantistica - proprio mentre altri cercano nella teoria delle superstringhe uno strumento unificante.

Il ruolo dell'umano nella ricerca scientifica al momento non è minacciato, quindi. Questo è tuttavia solo un primo esempio, e gli algoritmi potranno creare esperimenti ben più complessi. A un certo punto, forse presto, nessuno riuscirà a capirli, e dovremo "accontentarci" del risultato. 

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