Il fascismo elettronico in Rete

Il trolling online non è solo un problema culturale, è anche frutto del perverso meccanismo economico e pubblicitario che sta dietro al web. Ne abbiamo parlato con Duccio Facchini, giornalista di Altreconomia che ha scritto il libro-inchiesta "No Comment" sul fenomeno del trolling online.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Un consiglio ai lettori educati: vale ancora il vecchio "don't feed the troll"?

"Sì, e a chi si occupa di moderazione ricordo di non rinunciare a segnalare alle autorità competenti anche i commenti che non vengono accettati, perché non si può eternamente sospendere il giudizio e trincerarsi dietro al proprio ruolo, altrimenti si legittima la concentrazione di questo fenomeno. Chi si occupa di moderazione dovrebbe delegare alla Polizia Postale o a chi per essa la persecuzione dei commenti che violano la legge".

Ci saranno sempre i troll o prima o poi saranno destinati all'estinzione?

"Credo sia molto difficile immaginarsi che questo tipo di comportamento sparisca dalla Rete, però il problema dei troll c'è e va regolato. Da una parte con la punizione della diffamazione in Rete, che noi abbiamo chiamato l'oligopolio dell'insulto, e di un certo fascismo elettronico che si manifesta sulla Rete. Dall'altra con la responsabilizzazione di quei comportamenti portati avanti da coloro che consentono al troll di esprimersi, e che sono magari politicamente ed economicamente molto più influenti di lui.

I gestori devono rispondere a norme di legittimazione democratica di trasparenza e di rispetto dei diritti fondamentali, anche degli stessi troll, ossia di chi ha scambiato la Rete per una cloaca senza accorgersi di essere profilato dalla mattina alla sera. Questi individui infatti si sentono liberi di insultare il prossimo senza rendersi conto che in realtà sono consumatori profondamente conosciuti, e che ogni banner pubblicitario che vedono gli è stato cucito addosso magari senza chiedergli nemmeno il permesso e violando (in quel caso sì) la loro sfera personale. Quindi intervenire è una tutela per tutti, anche per chi davanti alla prospettiva delle regole si sente minacciato".