Un’informazione falsa nei risultati di ricerca è costata a Google mezzo milione

Google è stata condannata a pagare 500 mila dollari per aver pubblicato informazioni false che hanno compromesso la carriera di un uomo d’affari.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Immagina di essere un uomo d’affari con una carriera ben avviata. A un certo punto qualcuno (un concorrente magari) pubblica un post dove racconta che sei un pedofilo con condanne sulle spalle. Non c’è niente di vero, ma se qualcuno cerca il tuo nome su Google trova quel post. E a un certo punto i clienti cominciano a declinare gli appuntamenti, non rispondono alle chiamate, smettono di essere clienti. E nel giro di qualche tempo la tua carriera è compromessa.

Tutta colpa di quell’autore misterioso, oppure anche un po’ di Google? Ebbene, K.R ha voluto portare in tribunale il colosso californiano, nel 2017, e di recente il giudice gli ha riconosciuto un risarcimento di 500.000 dollari.

Google aveva ripetutamente rifiutato di rimuovere i risultati dalle sue SERP (Search Engine Result Page, la pagina dei risultati), dicendosi “non responsabile” per i contenuti pubblicati da altri.

La giudice Melinda Richards ha tuttavia ritenuto che Google abbia agito in modo negligente e irragionevole nel non rimuovere i link diffamatori dopo essere stata avvisata da K.R. Ha anche rilevato che Google aveva contribuito a diffondere le false accuse contro K.R. mostrando i link ai siti web ogni volta che qualcuno cercava il suo nome.

Google, prevedibilmente, si è detta "delusa" dalla sentenza e ha annunciato di voler fare appello. La società ha sostenuto di aver agito in buona fede e di aver rimosso i link incriminati non appena ne è stata informata dalla corte.

Ancora una volta, al centro del discorso c’è la responsabilità delle piattaforme. Google ne è l’esempio più evidente, ma ci sono anche Facebook e altre. Hanno sempre rifiutano ogni responsabilità per i contenuti, secondo il principio per cui non sono degli editori.

Dall’altra parte, non si può negare il fatto che queste piattaforme esercitano il pieno controllo sui contenuti: Google ha algoritmi che stabiliscono cosa compare nelle SERP, e tutte le piattaforme social manipolano il feed personale di tutti noi.