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Bosozoku e Shakotan, le low rider giapponesi nascono così

Un assaggio della cultura shakotan giapponese, la risposta nipponica alle low rider american.

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Avatar di Francesco Daghini

a cura di Francesco Daghini

Pubblicato il 29/11/2020 alle 18:00 - Aggiornato il 06/12/2020 alle 14:34

Parlando di low rider, la mente non può che vagare verso gli Stati Uniti – ricordo ancora a 13 anni il primo ‘incontro’ con le low rider inserite in GTA San Andreas – ma probabilmente non tutti sanno che una sottocultura affine a quella delle low rider americane si è sviluppata anche in Giappone, con un evidente boom tra la fine degli anni ‘80 e durante gli anni ’90.

Il racconto di oggi è la storia di Shin Sato, che più di 20 anni fa fondò a Ebina City il concessionario-officina New Jack, negli anni specializzatosi in lavori molto particolari, riconducibili al genere bosozoku. Il termine ha un significato molto ampio, e si adatta a tutte quelle auto un po’ ribelli, con scarichi rumorosi e sporgenti; il movimento prende ispirazione dalle auto da corsa giapponesi dell’epoca e si è diffuso molto rapidamente tra i cosiddetti shakotan, termine che indica coloro che partecipano a gare più o meno clandestine sulle autostrade giapponesi.

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L’estetica di questo movimento stilistico è stata fortemente dettata – oltre che dallo stile delle auto da corsa, come la Nissan Skyline mostrata in foto – anche dalle restrittive norme imposte dalla legge giapponese: è infatti vietato avere gomme che spuntano al di fuori della carrozzeria della macchina, per cui la soluzione più facile in molti casi si è rivelata quella di aggiungere pezzi di carrozzeria in corrispondenza delle ruote, spesso con rivetti a vista. Negli anni i gusti estetici di questo movimento si raffinarono così tanto al punto da avere diversi stili di bosozoku a seconda della regione del Giappone in cui ci si trovava.

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Ma torniamo a Sato-san: aveva 30 anni quando fondò New Jack, una realtà che ben presto si fece conoscere per le sue modifiche in stile low rider, nonostante Sato-san avesse un passato da shakotan. Da giovane aveva un gruppo di amici motociclisti con i quali si ritrovava alla sera per “fare rumore”, fu così che nacque in Sato la voglia di essere diverso, di distinguersi. Dopo una breve esperienza nel mondo dei kei truck, piccoli furgoncini normalmente utilizzati a fini commerciali, che in Giappone vengono modificati secondo i dettami dello stile bosozoku, Sato-san trovò lavoro in un’officina specializzata in low rider, e capì che quella era la sua strada.

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Photo: Ken Saito

Il lento declino del movimento shakotan permise a Sato-san di specializzarsi nella personalizzazione estetica in stile low rider; a questo punto siamo nella seconda metà degli anni ’90, un periodo in cui l’influenza del movimento hip-hop in America è ai massimi storici. Tutti, all’epoca, volevano un’auto unica e più appariscente, per cui la sua fu una scelta dettata dalla passione ma anche dal business. Le somiglianze tra lo stile shakotan e le low rider non sono poi molte, ma senza dubbio l’utilizzo di ruote piccole che permettono di avvicinare l’auto quanto più possibile a terra resta una caratteristica distintiva di questi stili.

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Photo: Ken Saito

Sato-san però ammette di aver notato una somiglianza tra le persone che apprezzano queste auto: in entrambi i casi si apprezza un’auto non solo per la sua capacità di mezzo di trasporto, ma per la sua unicità.

“Chi ama la personalizzazione, la ama su qualunque mezzo di trasporto, che sia un’auto o una moto.”

Circa 15 anni fa la richiesta di personalizzazioni in stile shakotan è ricominciata a salire, per cui Sato-san ha ricominciato a eseguire lavori su richiesta; non c’era un manuale, né un corso da seguire – Sato ha iniziato lavorando “a occhio” e scambiandosi informazioni con i colleghi. Personalizzare queste auto è sempre stata una sfida per Sato-san, che afferma: “Se si acquista un’auto costosa si può fare qualunque cosa, ma quanto può diventare speciale un’auto economica?”

Come si può immaginare, oggi la scena shakotan non è più quella che era un tempo, nonostante internet e i social abbiano aiutato a diffondere questa cultura in giro per il mondo. Senza dubbio le rigide regole vigenti in Giappone hanno soffocato il movimento shakotan, ma il motivo principale è un altro, molto più semplice: è passata la moda, e ne sono arrivate altre – come spesso accade.

Inoltre, dal 2004 in avanti la polizia ha iniziato ad essere molto severa nei confronti dei gruppi organizzati e dei raduni, specialmente quelli troppo rumorosi dove la gente non si accontenta di ammirare le auto ferme ma le fa rombare in un parcheggio. Nonostante le rigide regole, ancora oggi c’è chi riesce a immatricolare auto realizzate in questo particolare stile, e pare che il paese stia lentamente allentando la presa su questo tipo di eventi.

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Photo: Ken Saito

I raduni degli ultimi anni sono diventati sempre più statici, come esposizioni di pezzi unici, anziché essere delle gare a chi aveva l’auto più rumorosa come poteva essere un tempo. Ci si ritrova in parcheggi dedicati, si parcheggia la propria low rider customizzata e si salutano tanti colleghi e amici che condividono la tua stessa passione. I pochi che ancora cercano di essere rumorosi e casinisti, spesso vengono ostracizzati dal gruppo.

Le mode vanno e vengono, ma lo stile non passa mai; Sato-san continuerà a realizzare le sue personalizzazioni e a diffondere una cultura dell’estetica unica al mondo.

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Fonte dell'articolo: jalopnik.com

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