Perché gli incentivi per le auto elettriche potrebbero non bastare

Gli incentivi dedicati all'acquisto di un'auto elettrica o ibrida saranno presto disponibili, ma basteranno per rinnovare il parco circolante e adeguarsi ai limiti imposti?

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a cura di Luca Rocchi

Managing Editor

In seguito a diverse consultazioni, il Governo è ormai vicinissimo a finalizzare le prime misure di intervento dedicate alla transizione ecologia, per incentivare quindi il rinnovamento del parco circolante in Italia che secondo studi ha una età media di 12 anni. Secondo le prime indiscrezioni, il nuovo tesoretto dovrebbe essere di 650 milioni di euro e dovrebbe estendersi, senza modifiche, per tutto il 2022, 2023 e 2024. I nuovi incentivi, salvo modifiche dell’ultima ora o smentite, dovrebbe riguardare tre fasce e non sono previsti aiuti economici per le aziende che decidono di rinnovare la propria flotta.

La classificazione delle tre fasce dovrebbe seguire quella precedentemente introdotta; pertanto, è lecito attendere una dedicata alle elettriche (0-20 g/km di CO2) e due pensate per le ibride (21-60 g/km di CO2) o endotermiche di nuova generazione (61-135 g/km di CO2). Il fondo non sarà distribuito equamente ma sarà dedicato in proporzione maggiore alle vetture meno inquinanti; ad esempio, la bozza del decreto, prevede che la fascia 61-135 g/km di CO2 avrà a disposizione 170 milioni iniziali, 150 milioni nel 2023 e, infine, 120 milioni nel 2024. Il sostegno sarà quindi progressivo per le elettriche e ibride, mentre meno sostanzioso per le endotermiche pure. In ogni caso, per informazioni più dettagliate riguardanti gli incentivi, il campo di applicazione, le modalità di richiesta e i modelli disponibili vi suggeriamo di consultare il nostro approfondimento; a questo proposito ricordiamo che gli incentivi saranno disponibili anche per le due ruote elettriche.

Cosa succede al mercato

Nell’attesa della disponibilità delle linee guida degli incentivi e della stessa disponibilità, il mercato sembra ormai congelato fatto salvo per alcune piccole eccezioni. A marzo, infatti, le immatricolazioni sono crollate registrando uno spaventoso -29% rispetto all’anno precedente (marzo 2021); nel Bel Paese le nuove auto sono state circa 119mila, praticamente 50mila in meno rispetto allo stesso mese dell’anno prima.

Il risultato è una conseguenza diretta dell’assenza degli incentivi alla mobilità, annunciati in più occasioni ma non ancora ufficialmente pubblicati. A questo aspetto, purtroppo, si aggiunge anche la scarsa disponibilità di alcuni modelli (o accessori!) che ha reso la vita degli acquirenti ancora più complicata. Alla crisi dei semiconduttori si è ora aggiunta la guerra in Ucraina (e il relativo stop in Russia di alcune fabbriche), che hanno portato ad una ripresa ancora più difficoltosa. Per farvi un esempio più pratico, fino a qualche mese fa era necessario attendere fino a 3 mesi per una Ford Puma, 5 mesi per una Audi A4 e 6 mesi per una Volkswagen Golf. Discorso analogo per le italiane: 3 mesi per Alfa Romeo Stelvio, 4 mesi per Fiat Tipo e 5 mesi per Fiat 500 L.

Forse anche a causa dell’aumento del prezzo dei carburanti, a marzo 2022 si è registrato un segno positivo per le auto a GPL (+9%), sottotono invece diesel e benzina in continua contrazione. E per le elettriche? Qui il discorso si fa più complicato, con le ibride che riescono a mantenere il passo mentre le elettriche pure faticano ad affermarsi. Situazione diversa però per Tesla che riesce a posizionarsi al vertice della classifica delle elettriche più vendute con Tesla Model Y e mantenere salda alla quarta posizione con Model 3. Numeri davvero importanti quelli di Musk, soprattutto se si considera il prezzo di acquisto senza incentivi.

Le preoccupazioni

Secondo Francesco Naso, segretario di Motus-E, i nuovi incentivi auto potrebbero non essere adeguati complice la rimodulazione rispetto all’anno precedente. Le ultime informazioni, non ancora ufficialmente confermate, riportano la disponibilità di incentivi fino a 5mila euro per le elettriche pure con una soglia massima di spesa di 35mila euro. Per le ibride plug-in, invece, il bonus è fino a 4mila euro con una spesa massima di 45mila euro. A questo proposito vi ricordiamo che la precedente manovra permetteva di acquistare anche alcune Tesla, modelli che ora risulterebbero fuori dai canoni a causa del prezzo.

Per il segretario, si tratterebbe di una mossa incoerente con l’obiettivo di diffondere su larga scala i veicoli non inquinanti e con le politiche dedicate all’infrastruttura di ricarica. Come sappiamo, se da un lato il Governo ha intenzione di installare oltre 20mila colonnine di ricarica per l’Italia utilizzando un tesoretto di 740 milioni di euro, dall’altro potrebbe non essere efficace il fondo dedicato alle auto elettriche stesse.

Questo è incoerente con la prontezza degli sviluppi tecnologici in gioco e con le politiche sulle infrastrutture di ricarica messe in campo sinora: infatti da una parte lo stato finanzierà con 740 milioni di euro le infrastrutture di ricarica ad alta potenza, dall’altra incentiverà auto che non ricaricano ad alta potenza. Servirebbe coerenza fra le misure.

In aggiunta sempre per il segretario, un’altra frenata potrebbe arrivare a causa dell’assenza di un incentivo per le flotte aziendali. Questo rappresenta un’occasione persa e potrebbe creare possibili ripercussioni su tutti i settori che si affidano a questo genere di trasporto. Tuttavia, non sarebbe l’unico problema; con l’introduzione del Pubblico Registro Veicoli Esteri, una manovra che rende più facile guidare un’auto estera in Italia, potrebbe presentarsi un drenaggio fiscale da altri Paesi. In altre parole, le società potrebbero acquistare, con benefici, auto nuove al di fuori dall’Italia e aggirare il problema.

Per UNRAE la soluzione è semplice: introdurre una detrazione graduale dell’IVA e incentivi mirati in base all’emissioni di CO2, eliminando via via le soluzioni più inquinanti. Nel dettaglio, l’associazione chiede di aumentare la detrazione al 100% (dal 40% attuale) per le vetture puramente elettriche.

Situazione colonnine ricarica

Come accennato, per rendere sostenibili gli obiettivi europei in merito alla diffusione di auto elettriche non bastano solo gli incentivi all’acquisto ma è necessaria anche una solida infrastruttura di ricarica. A questo proposito, secondo un’indagine realizzata da McKinsey, per i prossimi anni servirà una netta accelerazione in merito sia in Europa sia, ovviamente in Italia. Come riportato di recente dall’ACEA, nel corso degli ultimi 5 anni le vendite di auto elettriche sono decuplicate in Europa; contestualmente, però, la diffusione dei punti di ricarica è stata molto limitata crescendo solo di 2.5 volte.

Con questa crescita, secondo il report, sarà necessario in media installare 14mila nuovi punti di ricarica pubblica ogni settimana per i prossimi 9 anni per centrare gli obiettivi legati alla diffusione di auto (e veicoli in generale) elettrici. In Italia, come evidenziato da più fronti, la situazione è ancora più problematica con una disposizione non omogenea, più localizzata al nord-centro piuttosto che al sud. Inoltre, il problema in Italia non è legato solo al posizionamento ma anche alla potenza stessa che mediamente è compresa tra i 7 e i 22 kW, un valore decisamente limitante per consentire una ricarica veloce.

Nelle ultime settimane però sono giunti piccoli segnali di speranza da parte della startup Free to X di Autostrade per l’Italia, che ha comunicato di essere al lavoro su nuovi cantieri autostradali così da coprire da nord a sud la penisola. Il progetto prevede 100 stazioni di ricarica entro il 2023, così da garantire una distanza massima di 50 km l’una dall’altra. Ogni colonnina funzionerà 24/7 con una potenza massima di 300 Watt.

Cosa aspettarci in futuro

Il futuro sembra possa dipendere tutto dal Governo e dalla situazione dell’industria dell’automotive; la speranza è che quest’ultima possa riprendersi velocemente e tagliare nettamente i tempi di attesa per la consegna delle nuove vetture. Dal Governo, invece, è necessaria una manovra importante sia per consentire una iniezione continua di incentivi sia per modificare e migliorare l’infrastruttura di ricarica che appare, al momento, sufficiente solo nel nord Italia.

La transizione ecologica non è necessaria solo per rispettare gli obiettivi imposti dall’Unione Europea, ma fondamentale anche per alcuni marchi, come Stellantis, che ha deciso di rendere l’Italia come punto cruciale nello sviluppo del marchio. A questo proposito, tutti gli stabilimenti (tra cui gli italiani) si trasformeranno in strutture dedicate alla costruzione di auto elettriche.