Ricarica auto elettriche: differenza tra corrente continua (DC) e alternata (AC)

La ricarica per le auto elettriche può avvenire sfruttando la corrente alternata o la corrente continua. Più lenta e diffusa la prima, più veloce ma rara (per ora) e costosa la seconda

Avatar di Tommaso Marcoli

a cura di Tommaso Marcoli

Scegliere di acquistare un'automobile elettrica rappresenta oggi un passaggio visto ancora con incertezza. I principali dubbi che permangono tra gli automobilisti sono legati all'autonomia e al sistema di ricarica. Soprattutto pubblico. Eppure, le soluzioni per sfruttare nella quotidianità l'auto elettrica sono disponibili: alcune applicabili all'uso domestico (come le wallbox) altre sfruttando la possibilità di una ricarica rapida.

Ogni proposta si affida a un'unica fonte di energia: l'elettricità. Le differenze sono relative al modo di erogazione di quest'ultima che può essere in corrente alternata (AC) o corrente continua (DC). Le differenze, benché di fatto non visibili, sono notevoli, sia per quanto riguarda i tempi di ricarica sia per i costi e la possibilità di diffusione.

Corrente alternata (AC)

La corrente alternata alimenta la rete elettrica domestica. La tensione tipica è 230 Volt, valore che consente un'erogazione utile ad alimentare le utenze riducendo al minimo il rischio di scosse mortali. Grazie al trasformatore è possibile passare facilmente da un voltaggio all'altro a seconda del dispositivo e delle esigenze di energia elettrica necessaria.

La corrente alternata alimenta le maggiori strutture per la ricarica di automobili elettriche. Per via della ampissima diffusione e migliore possibilità di distribuzione dell'energia. Collegando il veicolo all'impianto domestico (comunemente con contatore da 3,5 kW) con presa schuko, si ottiene in ricarica in tempi molto lunghi, andando anche incontro a possibili cali di energia o black out. La soluzione migliore consiste nello sfruttare la notte. Per le automobili con batterie molto capienti è consigliato arrivare a casa con almeno il 20% di carica residua.

Questo perché la rete è impegnata a rifornire la batteria dell'auto, la quale si approvvigiona sfruttando la massima quantità di energia disponibile. Inoltre, come detto in precedenza, i tempi per ricaricare la batteria si dilatano molto. Usando la Shuko è possibile sfruttare una corrente nominale fino a 16A, ma non sono adatte a reggere lo sforzo della ricarica per molte ore di seguito. Il rischio è un surriscaldamento o un danneggiamento dell'intero impianto. Per risolvere il problema è sufficiente acquistare una presa industriale che offre molte più garanzie e sicurezze.

La soluzione migliore per una ricarica domestica efficiente è l'installazione di una wallbox in garage. Ciò permette di utilizzare anche connettori industriali fino a un massimo di 32A, monofase o trifase con picco di 22 kW. Le wallbox solitamente utilizzano prese Tipo 3C e Tipo 2, consentendo l'utilizzo di una sola fase con massimo assorbimento di 16 A a 230V e potenza di 3.3 kW.

Le colonnine per la ricarica pubblica il modo migliore per guadagnare tempo quando si è in viaggio: ne esistono di diversi tipi, a seconda della capacità di erogazione dell'energia elettrica. Per la ricarica lenta si tratta di un intervallo di 16A-240V; la ricarica più veloce ha un intervallo di 32A-400V. Per poter ricaricare l'auto presso una colonnina di ricarica pubblica in AC, sono disponibili diverse tipologie di connettori.

  • Tipo 1: monofase che gestisce un massimo di 32A e 230V arrivando a 7.4 kW.
  • Tipo 2: mono/trifase che gestisce un massimo di 32/70A a 230/400V circa. In questo caso si può arrivare ad una potenza massima di 43 kW (in assoluto il più diffuso perché gestisce monofase e trifase grazie all'utilizzo di 7 poli)
  • Tipo 3C: mono/trifase per massimo 32/62A e 230/400 Volt. La potenza massima è di 22 kW
  • Tipo 3A: monofase per massimo 16A e 230V, dedicato ai veicoli leggeri (potenza massima 3.7 kW)

I costi per una ricarica presso una colonnina in AC variano a seconda del fornitore di energia. La concorrenza sta mostrando nuovi protagonisti, anche se a oggi sono ancora poche le vere proposte alternative disponibili e con una diffusione in grado di coprire la maggior parte del territorio nazionale. Prendendo come esempio Enel X: il costo per la ricarica presso una delle colonnine in AC è di 0,40 euro /kWh.

Corrente continua (DC)

Le ricarica in AC, benché molto diffusa, non è la vera risposta al problema della ricarica. I tempi di attesa sono eccessivi, soprattutto se ci si ritrova a dover affrontare un lungo viaggio. La rete autostradale, così come i tratti a scorrimento veloce, dovrebbero integrare stazioni di ricarica a corrente continua (DC).

Il sistema distributivo nazionale eroga in AC l'energia elettrica, le colonnine per la ricarica rapida trasformano in corrente continua a 400 V il flusso di energia permettendo di abbattere i tempi. Le colonnine rapide sono attualmente meno diffuse poiché richiedono un investimento maggiore. Le colonnine rapide per le auto elettriche utilizzano la ricarica DC e convertono l'alimentazione prima che questa giunga al veicolo. Dopo la conversione, l'alimentazione passa direttamente alla batteria della vettura.

La corrente continua consente la ricarica ultra-rapida: in questo caso il connettore è direttamente collegato alla colonnina. Le prese standard sono la CHAdeMO e la CCS COMBO2. La prima è molto diffusa soprattutto in Asia, la seconda è decisamente più presente in Europa e in Italia.

La CCS è un connettore europeo nato dal Tipo2 (quello per la ricarica in AC): il nome "COMBO" è dovuto all'integrazione di una seconda presa, capace di erogare corrente continua. In questo modo si ha la possibilità avere sia la ricarica rapida sia quella tradizionale sfruttando un unico connettore. Attualmente la massima potenza erogabile dalle colonnine in DC è di 200 kW; comunemente la potenza è di 50 kW. Alcuni distributori di energia stanno sperimentando la ricarica fino a 350 kW anche se sono ancora poche le vetture in grado di supportarla.

La presa CHAdeMO è nata in Asia a 50 kW e anch'essa può supportare potenze maggiori, fino a un massimo di 100-150 kW. Il cavo per la ricarica è sempre fissato alla colonnina per praticità e motivi di sicurezza. Il nome ha un'origine curiosa: deriva dall'espressione giapponese "O cha demo ikaga desuka" che in una traduzione approssimativa risulta essere "prendiamoci un the mentre ricarichiamo". Un riferimento ai tempi ridotti di ricarica per merito della corrente continua.

I costi per la ricarica in DC differiscono a seconda dell'erogatore di energia. Trattandosi di un servizio più sofisticato e che richiede investimenti importanti, il costo al kW è maggiore rispetto a una colonnina in AC. Prendendo sempre in considerazione Enel X, il costo per una ricarica presso una colonnina ultra rapida è di 0,50 cent per kWh. Il consorzio europeo Ionity, le cui colonnine potranno erogare energia fino a 350 kW, offrono il servizio per 0,79 cent per kWh.