Secondo Sam Altman, CEO di OpenAI, se un lavoro può essere sostituito dall'IA oggi, "non è vero lavoro". Ha poi aggiunto che molte attività oggi considerate essenziali per i "lavoratori della conoscenza" diventeranno presto superflue o, peggio, un mero "gioco per riempire il tempo".
Una boutade che potrebbe sembrare eccessiva, ma non è del tutto assurda: considerate le limitate capacità delle IA moderne, se ci scopre minacciati da esse, un possibile motivo è che il lavoro in questione è davvero a bassissima competenza. Certo, capita anche che un dirigente troppo zelante sostituisca le persone con le macchine prematuramente, ma in quel caso sarà lui a pentirsene - probabilmente dopo poco tempo.
Tornando ad Altman, secondo lui (e altri) l'automazione interesserà presto circa il 40% delle mansioni, e ridefinirà radicalmente il valore e il significato della produzione umana. Altman aveva predetto in precedenza che l'IA avrebbe "cancellato milioni di posti di lavoro" nel servizio clienti, affermando che intere aree di attività umane "saranno totalmente, totalmente eliminate".
La tesi di Altman si basa su un'analogia potente. Un agricoltore vedrebbe i moderni lavoratori intellettuali come persone che "giocano a un gioco per riempire il tempo" invece di svolgere un lavoro essenziale come produrre cibo. Allo stesso modo i posteri, o l'IA stessa, guarderanno indietro al nostro knowledge work con il medesimo scetticismo.
Bisogna però stabilire un confine per poter comprendere ciò che sta accadendo: alcuni lavori "intellettuali" sono in effetti attività basilare che anche una macchina "stupida come ChatGPT" può svolgerli con successo. Ed è di queste mansioni che stiamo parlando.
L'effetto diretto che sia le aziende sia i lavoratori devono uscire dalla mentalità di "fare il compitino", perché quello può farlo perfettamente un LLM. Bisogna concentrarsi sul lavoro di valore, sull'alta qualità, sulla correzione degli errori, sulla creatività... insomma su tutte quelle cose che le IA non sanno fare, e fortunatamente oggi sono ancora parecchie. Bisogna tentare sul significato del lavoro in età IA e sul "risolvere il problema strategico".
Sì ma come si fa? Con la formazione si impara a fare le domande giuste e a usare la GenAI per creare valore, e con la competenza si impara a stabilire se un output è accettabile oppure no. Se una persona non ha nessuna di queste due competenza, allora non è la persona che ci serve in quella posizione.
In concreto, avere personale efficiente non ci interessa più, perché le IA saranno sempre più efficienti. Ci servono persone che possano e sappiano creare valore con la qualità. L'IA rende economico l'output e costosa la visione: se il tuo valore è replicabile attraverso un Large Language Model (LLM), quella mansione si basava probabilmente sull'efficienza; le si attribuiva poco valore in termini di innovazione radicale o sensibilità umana.
Oggi, dunque, è verto che milioni di lavoratori si trovano e si troveranno a competere con una macchina su metriche di velocità e costo. È una partita impossibile da vincere, ma alcuni di noi possono cambiare campionato.
Il problema è che tutti possono ricoprire mansioni "a valore aggiunto". E anche se fosse, non ci sarebbero abbastanza posti per rimpiazzare quei milioni di knowledge workers che perderanno la gara dell'efficienza.
L'imperativo etico e la governance del progresso
Altman si definisce uno "scettico ottimista". L'ottimismo risiede nel potenziale per i nuovi lavori e le nuove industrie che emergeranno, come accade in ogni rivoluzione tecnologica. Lo scetticismo si concentra sull'impatto a breve termine. L'era dell'intelligenza cancellerà una "massa critica" di lavori intellettuali prima che i nuovi vengano creati, segnando una rottura con la graduale introduzione di nuove professioni (come sviluppatori e marketer) vista nell'era di internet.
Questo solleva una domanda cruciale sull'etica e sulla responsabilità del progresso. Sicuramente reskilling e upskilling della forza lavoro fanno parte della risposta, ma non ci salveranno - anche se Altman sembra pensarlo, mostrando una certa ingenuità (o mala fede).
A un certo punto, possibilmente presto, dovremo iniziare a ragionare su cosa faremo quando la gran parte di ciò che oggi definiamo "lavoro" cesserà di richiedere l'intervento umano. La nostra preparazione è, al momento, quella di un naufrago che osserva l'onda anomala: sappiamo che arriverà, ma stiamo ancora discutendo se è meglio imparare a nuotare o a costruire una zattera. Nessuna delle due opzioni ci assicura la sopravvivenza, ma qualcosa bisogna pur fare.
La sfida vera, sia per i singoli professionisti che per le aziende, è navigare in questo scenario mantenendo il controllo sulla governance dell'innovazione. L'obiettivo consiste nell'integrare l'IA come uno strumento che liberi l'ingegno umano per affrontare sfide che richiedono visione culturale e intelligenza emotiva, attributi che i LLM dimostrano incapacità a replicare. È fondamentale evitare la competizione con l'IA sulle sue capacità (velocità, volume, precisione).