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Intervista a Giacomo "Keison" Bevilacqua

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Avatar di Raffaele Giasi

a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Pubblicato il 01/07/2021 alle 10:00
  • I videogiochi sono arte? L'ho chiesto a quattro artisti italiani
  • Intervista a Giacomo "Keison" Bevilacqua
  • Intervista a Lorenzo "LRNZ" Ceccotti
  • Intervista a Mauro Perini
  • Intervista a Cristian Steve Scampini
  • In conclusione, il videogioco è arte?

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Giacomo "Keison" Bevilacqua

Giacomo partiamo proprio dalle basi: secondo te perché i videogame non riescono ad essere considerati arte?

Allora, secondo me ci sono due problemi fondamentali: il primo è che c'è ancora un fraintendimento generale, su quale sia il target dei videogiochi. È un po' come quello che si diceva sui fumetti, ovvero che sono una roba per i ragazzini. L'80% della popolazione mondiale, (in Italia, poi, non ne parliamo), è ancora convinta che i videogiochi siano solo roba da ragazzini, e che quello sia l'unico target di riferimento. Tant'è che c'è anche una larga fetta di persone che ritiene che gli adulti che giocano ai videogiochi siano persone che sprecano il loro tempo, nonostante, di fatto, l'industria videoludica crea molti più contenuti per gli adulti che per i bambini, anche quando sembrerebbe il contrario, pensa ad esempio Nintendo che, nonostante faccia da sempre dei prodotti dal look talvolta infantile, possono essere tranquillamente usufruiti anche da adulti. Per questo, da anni è costante nelle vendite, e continua a crescere, perché riesce sempre a tirare fuori prodotti fruibili ad un numero elevatissimo di persone, adulte e non.

E che mi dici del secondo problema?

Il secondo è un problema strettamente economico. Perché è quello, che sprona l'interesse della società nei confronti dei nuovi media. Prendi ad esempio quegli artisti (fumettisti/e ma anche illustratori/trici ecc) che sono diventati qualcuno grazie allo sprono dei social e che, da quel momento, hanno cominciato ad attirare l'attenzione anche di quelle realtà (aziendali, ministeriali, imprenditoriali ecc) che, di punto in bianco, si sono rese conto che c'era un fenomeno lì fuori a cui poter attingere. Ecco, per il videogame questa cosa non c'è, perché non è considerata una forma d'arte “da mungere” ma già ora con l'e-sport, con molti youtuber e gamer, le cose si stanno smuovendo, e vedrai che, fra qualche anno, questa cosa espolderà, bisogna aspettare il ricambio generazionale. Per la prossima generazione, tutte le forme d'arte con cui sono cresciuti (anime, fumetti, videogames) smetteranno di avere delle linee nette di demarcazione, tra queste ci sarà anche il videogioco e in quel momento, magari, smetterà di essere percepito come “per bambini” ma verrà visto come una forma d'arte come tante.

Prima hai detto una cosa che mi interessa tirando in ballo il fumetto. Perché anche il fumetto come “medium” è passato attraverso non solo innumerevoli trasformazioni, ma anche innumerevoli critiche anche se oggi siam tutti più o meno coscienti del fatto che nomi come Pazienza, o Manara, siano degli artisti. Allora ti chiedo: quali dovrebbero essere i passaggi culturali e, poi, psicologici per cui anche il videogioco posa subire questa trasformazione e, un domani, anche chi non è strettamente addetto ai lavori, possa dire che, ad esempio, un director di videogame è un artista?

Il discorso evolve sempre attorno al pubblico, perché è il pubblico che deve acquisire la consapevolezza del fatto che quello che sta vivendo non è un media passivo al 100%, come può esse' un bellissimo film, che è considerato video arte, un bellissimo quadro, o un bellissimo libro, nonostante poi, il libro, paradossalmente, sia molto meno passivo del un fumetto.

In che senso?

Nel senso in cui se anche l'attività è del tutto sovrapponibile, è a livello celebrale che c'è una differenza sostanziale. Il libro è più difficile, è meno passivo, perché tu devi immaginare con la tua testa quello che stai leggendo. Il fumetto invece no, perché l'autore ti offre la sua fantasia già impacchettata, quindi, devi fare uno sforzo minore. Per poter leggere e capire un fumetto però hai bisogno delle decodifiche, per poter acquisire queste decodifiche devi leggere un fumetto, poi ne devi leggere un altro, poi ne devi leggere un altro ancora e al quinto, forse, inizi a capire come funziona. È questo slancio iniziale che manca alle persone. Il videogioco è, più o meno, la stessa cosa, con, in più, il discorso che (molto spesso) non solo devi partecipare attivamente al suo svolgimento (quindi richiede un'attenzione diversa) ma non puoi nemmeno pensare di finirlo dopo poche ore da quando l'hai iniziato, quindi, in una società in cui l'attenzione è sempre minore e le cose “o si fanno subito, o sono una perdita di tempo” è tutto ancora più difficile. Del resto su questo principio ci hanno modificato un intero mercato: le puntate della stagione di una serie TV ora spesso escono tutte insieme, così puoi fare binge watching e dettarti i tuoi tempi. Il videogioco, invece, non si riesce a collocare all'interno di questa mentalità, a meno di un cambio generazionale che, almeno nei fumetti, c'è già stato. Uno dei motivi per cui adesso i fumetti sono (spesso) considerate forme d' arte è perché tante di quelle persone che ci sono cresciute hanno acquisito naturalmente tutta una serie di decodifiche, e non fanno distinzione tra quelle, e quelle che usano per capire altre forme d'arte già “canonizzate”.

Capisco cosa intendi, ma allora ti chiedo, come artista, secondo te com'è percepita in questo momento l'arte in Italia? Ma non semplicemente l'arte del videogioco, l'arte del fumetto, ma proprio l'arte in generale. Te lo chiedo perché mi sembra di vivere un paradosso in un paese che è considerato la patria dell'arte, al netto della scarsa cultura artistica di molti italiani.

Indubbiamente, venendo noi dall'arte classica, abbiamo una tradizione che affonda le sue radici in una moltitudine di meriti. Pensa all'arte rinascimentale ed a quanto ha innovato dal punto di vista globale, introducendo concetti come, ad esempio, la prospettiva. Il punto è che, almeno mentalmente, molti di noi sono rimasti ancora un po' legati a un tipo di arte del genere, ovvero figurativa. Ma voglio dire, anche nel fumetto è così: noi siamo uno dei paesi che esporta più artisti all'estero, anche all'interno di realtà immense come Marvel e DC. Perché?

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Già, perché?

Perché se vai a vedere, per esempio, nei fumetti italiani popolari classici come Tex o Zagor, il canone di disegno è molto diverso da quello americano. Le nostre tradizioni grafiche, sono (in parte) ancorate a dei parametri molto “classici”, diversi da quelli del fumetto USA e di quello che, forse, molti artisti vorrebbero davvero disegnare, chi si discosta fortemente da quello stile, cerca altre strade, è normale. Ma questo succede anche perché, in parte, è difficile discostare il “lettore classico” italiano da un certo tipo di immagini. Per fortuna da molti anni a questa parte è in atto una sorta di “colonizzazione” da parte del fumetto straniero, che ci permette di conoscere e studiare anche canoni completamente diversi dal nostro, come il manga che, oltre al disegno, può insegnarci una serie di nuovi linguaggi che si stanno sovrapponendo al nostro, cambiando così non solo la percezione dell'arte nei lettori del futuro, ma il mercato stesso.

Ok, e questa è la situazione fumettistica, ma che mi dici dell'arte in generale?

Se intendi quella che, ad esempio, vai a vedere alle mostre, noi, come buona parte del mondo, siamo legati ad un certo tipo di arte visiva, e qui torniamo al discorso di prima relativo alle decodifiche. Per capire un qualcosa che non conosci, o che è difficile da interpretare, tu hai bisogno di alcuni fondamentali strumenti di codifica. Se questi mezzi non ti vengono dati dalla scuola o dalla famiglia, ad esempio, tu non potrai mai sviluppare la sensibilità per guardare e capire un'opera di Pollock, o Fontana, o Mondrian, giusto per citare gli esempi più classici di artisti le cui opere vengono spesso commentate col classico: “vabbe' ma questo lo so fa pur'io”.

Quindi mi stai dicendo che ci manca la “scolarizzazione” dell'arte?

Ci manca la consapevolezza che è arte anche quella che noi, personalmente, non consideriamo arte. Molti italiani hanno l'innata e macchiettistica presunzione che, col fatto che siamo quelli che l'arte l'hanno cavalcata e esportata per centinaia di anni, possiamo sentenziare continuamente su cosa sia arte e cosa no.

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Capisco, però, da questo punto di vista, ma se è davvero così che stanno le cose, allora siamo destinati ad un buco nero di ignoranza?

Andremo in quella direzione se non faremo nulla per creare un'eco che “spezzi” il silenzio che si crea attorno all'arte. Ci manca una scolarizzazione dei mezzi che stiamo utilizzando adesso. Siamo più impegnati, per dire, a fare un' app in VR che ci porti in giro per i musei (che è una cosa fichissima eh, non fraintendermi), invece di provare ad insegnare davvero il senso di quello che ci sta dentro, ai musei, e del perché ha un valore per noi e per tutti quelli che li vanno a visitare. Noi dobbiamo educare i giovani, soprattutto, ad avere capacità di discernimento, perché, attualmente, esattamente, come molta gente non riesce a distinguere se una notizia su internet è vera o falsa, allo stesso modo non riesce a capire il senso di un quadro di un certo tipo, quando lo guarda. Il discorso è tutto qua. L'arte risente parecchio delle lacune culturali, soprattutto scolastiche, e forse servirebbero delle persone che si prendono la responsabilità di tornare a far innamorare i giovani dell'arte, perché io sono d'accordo sul fatto che fra qualche anno i videogiochi e i fumetti saranno considerati arte al 100%, ma l'arte è un percorso, e se si saltano alcune tappe fondamentali, si rischia, a un certo punto, di non avere abbastanza mezzi per comprenderlo

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