La morte, raccontata nel mondo dei videogiochi

Videogiochi e morte: un binomio di certo particolare, ma che ci ha regalato negli anni alcuni racconti davvero unici. Scopriamoli insieme!

Avatar di Michele Pintaudi

a cura di Michele Pintaudi

Editor

Uno dei punti forti del videogioco è quello di essere un’esperienza capace, con tutti gli elementi che la caratterizzano, di trasmettere emozioni praticamente d’ogni genere. Si tratta del resto di un medium in grado di agire su più livelli, e di lasciare così un impatto pressoché unico nella mente e nel cuore del fortunato giocatore. Gioia, dolore, ansia ma persino sollievo: giocare può significare vivere queste e decine di altre sensazioni, e allo stesso tempo comprendere meglio alcuni di quegli aspetti che fanno parte della vita di tutti noi. Belli o brutti che siano.

Quello che vogliamo fare oggi è analizzare come, nel corso degli ultimi anni, abbiamo assistito a diversi modi di raccontare una tematica come la morte all’interno del videogioco. Un argomento serio e che è bene trattare in maniera attenta, per non rischiare di apparire banali o scontati agli occhi dell’utente finale: proprio per questo abbiamo raccolto alcuni esempi che, a nostro parere, risultano particolarmente significativi nello spiegare il legame tra morte e videogiochi. Buona lettura!

Morte e videogiochi: una questione di approccio

Partiamo con una piccola premessa: non parleremo di morte nella sua concezione più improntata all’intrattenimento, come accade ad esempio in Resident Evil o in titoli simili. Opere di questo genere hanno infatti un’impostazione totalmente diversa rispetto a quelle che andremo a trattare, nelle quali si parla di morte in quanto vero e proprio concetto parte della vita di ognuno di noi. Volendo metterla sul filosofico possiamo infatti affermare che sì, la morte è con tutta probabilità la sola certezza che abbiamo: uno sguardo forse un po’ crudo ed eccessivamente tranchant, ma che va a rispecchiare la semplice realtà dei fatti. Ciò che cambia non è lo stato delle cose, quanto la maniera utilizzata per raccontare il tutto.

Prendiamo come primo esempio To the Moon, titolo indipendente del 2011 realizzato da Freebird Games. Una toccante avventura in pixel art capace di conquistare il pubblico per un approccio semplice, ma a suo modo del tutto unico di parlare di determinati argomenti. Nel gioco vestiremo i panni di Eva e Neil, due dipendenti della Sigmund Agency of Life Generation: una singolare azienda nata per aiutare le persone in fin di vita a esaudire un desiderio tramite l'impianto di ricordi artificiali, in modo da garantire loro una fine senza rimpianti.

I due si troveranno a doversi occupare di Johnny Wyles, un anziano che ha sempre desiderato di andare sulla Luna: parte qui un viaggio nei ricordi dell’uomo, dove faremo conoscenza della defunta moglie River e di tutte le circostanze che li hanno portati a incontrarsi. L’intera vicenda prende una piega inaspettata nel momento in cui emergono alcuni problemi nella psiche dell’uomo, danneggiata per ragioni che i nostri protagonisti scopriranno in prima persona, i quali hanno compromesso molti dei suoi ricordi. Alla fine verremo a conoscenza del vero motivo per cui Johnny ha sempre desiderato così tanto andare sulla Luna, e il messaggio che ci lascia To the Moon è molto chiaro: la morte è sì la conclusione di qualcosa, ma questo non significa che quel qualcosa non debba mantenere tutto il suo valore.

Un’altra concezione è quella narrata in Grim Fandango, avventura grafica LucasArts dove ci troviamo catapultati nella Terra dei Morti: un luogo dove si finisce al termine della propria vita, e dove transitare in attesa di poter finalmente raggiungere il Nono Aldilà. Il gioco riprende la visione atzeca di ciò che vita e morte rappresentano, e lo fa in una maniera davvero molto particolare.

Con quello che è forse il suo più grande capolavoro, Tim Schafer riesce ad affrontare la tematica della morte con il tono sarcastico che da sempre contraddistingue le sue produzioni… Senza però mai sminuire o ridicolizzare la portata della stessa. Il protagonista Manny Calavera e i vari personaggi (tutti, di fatto, morti) tendono infatti a ironizzare sulla loro situazione, ma allo stesso tempo sollevano riflessioni interessanti in quello che è un viaggio che ogni videogiocatore dovrebbe vivere almeno una volta. Come dice proprio Manny, del resto: «Amore? L’amore è per i vivi…».

Molto interessante è l’approccio adottato da Giant Sparrow in What Remains of Edith Finch, avventura del 2017 che fa della morte il vero sottofondo che accompagna l’intera narrazione. Nei panni di Edith, ultima rimasta della dinastia dei Finch, andremo a rivivere le storie di tutti i componenti di questa singolare famiglia. Nelle diverse sezioni ci troveremo letteralmente nei panni del cugino, del bisnonno, della zia, della madre della protagonista e via dicendo: un viaggio drammatico che racconterà, un passo alla volta, come ognuna di queste persone ha incontrato la morte.

I Finch sembrano infatti soggetti a una maledizione per la quale, spesso in età molto giovane, un evento sconvolgente va a causare il decesso di ogni membro della famiglia. Assistiamo qui a tanti modi diversi di percepire, di vivere e di raccontare la morte: un’opera geniale che, senza esagerare, possiamo ritenere davvero come rivoluzionaria per tutto ciò che riguarda la narrazione nei videogiochi. E non solo.

Il lutto, e ciò che ne consegue

Nei tre esempi appena citati, abbiamo potuto osservare una particolare visione della morte all’interno dei videogiochi: nelle casistiche in questione essa è vista come un rito di passaggio, a conclusione della strana esperienza che è la vita. L’enorme quantità di titoli presente sul mercato lascia però ovviamente spazio a tante, tantissime altre interpretazioni.

È qui impossibile non citare una produzione come Brothers: A Tale of Two Sons, sviluppata da Starbreeze Studios e datata 2013. I personaggi principali sono qui due fratelli che, già orfani di madre, si trovano ad affrontare un lungo viaggio alla ricerca dell’unica cura che può salvare la vita del padre malato. Un’avventura dove il tema della morte verrà toccato in tre concezioni differenti: si parlerà infatti della defunta madre dei due ragazzi, del rischio di perdere anche l’altro genitore e di cosa succederebbe a uno dei fratelli se l’altro venisse a mancare.

Un’opera toccante e il cui stile semplice potrebbe trarre in inganno, ma che nasconde un messaggio molto profondo: la vita è fatta di tante cose, molte delle quali sono purtroppo negative. Sta a noi affrontarle e andare avanti potendo contare sì, sugli altri ma prima ancora su noi stessi.

È poi con un pizzico di orgoglio che possiamo menzionare, all’interno di questa breve lista, un titolo tutto italiano qual è Last Day of June. Ideato dal team di Ovosonico, e con una colonna sonora magistralmente composta da Steven Wilson, il gioco è un vero e proprio capolavoro in grado di colpire duro chi si trova a viverlo per la prima volta. Questa avventura ci racconta la storia di Carl: un uomo intento a perdersi nel viale dei ricordi pensando agli ultimi istanti di vita della moglie June, scomparsa in un tragico e improvviso incidente d’auto.

Il viaggio di Carl lo porterà, tramite una serie infinita di enigmi e di decisioni da prendere (a ogni azione corrisponderà una reazione, seguendo la logica dell’effetto farfalla) a cercare di evitare la morte della compagna: un’impresa chiaramente impossibile, ed è proprio questo ciò che il gioco vuole comunicare. L’assenza di una qualsivoglia forma di dialogo verbale all’interno del gioco rende tutto in qualche modo ancor più efficace, lasciando che siano pensieri e gesti a esprimere le emozioni legate al trovarsi faccia a faccia con un lutto. Accettarlo è difficile, e il finale del gioco ci riesce a regalare qualcosa di straordinario anche nell’aiutarci a comprendere davvero l’importanza di questa fase.

Abbiamo visto tutta una serie di casistiche di come, all’interno di un videogioco, si può parlare di morte in tante maniere diverse. Si tratta di un tema che è importante affrontare, e farlo nel modo giusto - senza minimizzare, o in qualche modo alterare la portata del messaggio - è fondamentale anche come elemento nella crescita di ognuno di noi.

Con gli anni siamo riusciti a osservare tutti quelli che sono i diversi modi di percepire il videogioco, che può essere uno strumento per educare, comunicare valori e addirittura un mezzo utile a un’analisi sociologica. Diversi studi hanno iniziato a valutare il ruolo che un’esperienza del genere può arrivare a ricoprire, ovviamente in senso generale e che ancora necessita di essere approfondita, nell’affrontare e processare un tema come la morte (ne ha parlato qualche tempo fa la versione americana di Wired).

Del resto stiamo parlando di un medium in grado di fondere linguaggi diversi e di indirizzarli a un pubblico che, oggi più che mai, risulta variegato e ricco di caratteristiche peculiari. Solo il futuro ci mostrerà se e come questa interessante ipotesi risulterà effettivamente fondata, ma nel frattempo quel che vogliamo è lasciarvi invitandovi a dirci la vostra. Quali sono, a vostro parere, quei videogiochi che meglio di tutti riescono a raccontare la tematica della morte?