I cliché dell'orrore sono solo la superficie

Outlast è un gioco horror che parte dai classici cliché del genere per raccontare una storia intrisa di follia e terrore. L'atmosfera e la direzione artistica sono convincenti, anche se qualche difetto limita il voto finale.

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a cura di Tom's Hardware

I cliché dell'orrore sono solo la superficie

In superficie, Outlast è ciò che ci si aspetta da un classico film o gioco horror: siete intrappolati in un ambiente buio e spaventoso e dovrete riuscire a salvare la pelle prima che le cose diventino troppo pericolose, man mano che la notte prosegue. Il ritmo della storia è eccellente e vi ritroverete costretti ad aprire cancelli arrugginiti, a far partire generatori in scantinati spaventosi e ad appendervi a cornicioni traballanti con i tuoni di una tempesta a farvi compagnia.

Tuttavia il gioco ha una struttura narrativa profonda, che esamina com'è iniziata la follia nel manicomio e ciò che pensa Miles di tutta la situazione. Andando avanti nell'avventura collezionerete referti medici, note e appunti. Se volete concentrarvi a uscire sani e salvi dall'edificio potete saltare i documenti senza troppi scrupoli, ma se volete saperne di più c'è abbastanza carne al fuoco per appassionarsi alle vicende del gioco.

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Questo metodo di raccontare la storia ha i suoi svantaggi. Miles trova i documenti e le note in stanze spaventose, spesso con nemici in bella vista. Fermarsi per dare un'occhiata agli appunti spezza la tensione di una scena, ma conservarli per leggerli in un secondo momento significa che spesso finirete con tre o quattro note da recuperare. Inoltre se salterete un documento non c'è alcun modo di trovarlo in un secondo momento. Le note sono abbastanza verbose e i referti medici o della polizia abbastanza asciutti, al punto che potrebbero scoraggiare chi preferisce l'azione alle parole.

Per quanto riguarda la direzione artistica Outlast è davvero convincente. Foglie che cadono ondeggianti, porte e cancelli scricchiolanti, messaggi scritti con il sangue e corpi straziati sono solo alcuni dei dettagli che impreziosicono il gioco. Nonostante la palette di colori del gioco sia volutamente "spenta", con colori che spaziano nella gamma dei toni di marrone, blu e nero, gli ambienti appaiono sorprendentemente vari.

Nel corso dell'avventura attraverserete viali impreziositi dai ciottoli, invitanti stanze TV, squallide celle con le pareti imbottite, cunicoli stretti, sotterranei allagati e così via, ambientazioni diverse che nascondono nuovi pericoli ed enigmi.

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Degno di nota è il filtro della visione notturna della videocamera, che rappresenta il modo in cui vedrete il gioco per circa metà dell'avventura, se non addirittura di più. Questa funzione annega l'intero mondo di gioco in una spettrale aura verdognoloa, e aiuta a sottolineare la natura surreale degli orrori del manicomio di Mount Massive.

Anche l'audio di Outlast è molto curato, e, come il gameplay, è decisamente minimalista. Non c'è molta musica, ad eccezione di alcuni archi e tamburi che incalzano il giocatore durante le fughe dai nemici. Il silenzio contribuisce a mettere in soggezione il giocatore, facendo risaltare ancora di più i gemiti delle creature e gli occasionali mormorii dei pazienti del manicomio.

Il respiro affannato, i veloci battiti cardiaci e il rumore dei passi non mancheranno di farvi compagnia, contribuendo a darvi una sensazione di fretta e al tempo stesso di pericolo durante l'esplorazione della struttura.