Cosplay e copyright: quando la fanart sfocia nell'illegalità?

Il governo Giapponese ha intenzione di creare delle leggi per il cosplay, ma è davvero attuabile una regolamentazione su questo mondo sempre più popolare?

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a cura di Francesca Borrello

Il cosplay non è sempre stato un hobby molto popolare. In effetti, si può dire che solo negli ultimi anni ha acquistato una fama crescente, anche grazie a quella parte del mondo nerd che ha ricominciato ad riconquistare l’interesse del grande pubblico. Basti pensare alla Marvel e alla saga cinematografica creata attorno agli Avengers, alle serie televisive come Il Trono di Spade o più semplicemente alle case di produzione di videogiochi che collaboravano con alcuni dei più cosplayer più famosi per portare in vita i propri personaggi.

Apprendere quindi che il governo Giapponese sta pensando di introdurre alcune leggi contro la violazione del copyright per i cosplayer ha scosso diverse persone all’interno di questo mondo, domandandosi fino a che punto sia effettivamente possibile una regolazione in tal senso. Insomma, quand'è che il cosplay passa dall'essere un semplice hobby al violare i diritti d'autore?

La situazione attuale

C’è da dire che per ora la cosa sembra essere ferma fondamentalmente al solo paese del Sol Levante, dove effettivamente i cosplayer sono considerati ben più di semplici appassionati che amano indossare i panni dei loro beniamini. Visti come veri e propri lavoratori, alcuni di quelli con più successo possono guadagnare cifre da capogiro. Ad esempio, la cosplayer Enako, una tra le più famose in Giappone, è arrivata a guadagnare in un anno attorno ai 400.000 €, come da lei stessa rivelato qualche mese fa. Il suo lavoro consiste principalmente in apparizioni pubbliche a fiere ed eventi, sponsorizzazioni di merchandise e vendita delle proprie foto indossando cosplay dei personaggi da lei interpretati.

Di questi guadagni però, niente finisce nelle tasche dei creatori dei personaggi interpretati dai cosplayer, nonostante quest’ultimi paghino regolarmente le tasse in Giappone. Per questo motivo Enako è stata interpellata dal governo del suo paese proprio per trovare una soluzione di comune accordo tra i due mondi.

Chi riguarda questo cambiamento?

Quello che sembra essere certo, è che queste leggi riguarderebbero tutti quei cosplayer che traggono un profitto nell’indossare i panni di alcuni personaggi. Ad esempio la vendita di foto, o il presentarsi in gare con premi in palio e tutte quelle situazioni che determinati costumi garantiscono un ritorno economico al cosplayer. Enako stessa ha ammesso che a tutti quegli eventi in cui viene pagata per presenziare, indossa solo cosplay di personaggi da lei inventati (detti original characters), proprio per evitare qualsiasi problematica riguardante la violazione dei copyright. Inoltre, ha fatto presente che ogni volta che indossa un costume di un personaggio creato da altre persone, ne chiede sempre il permesso, prima di realizzarlo.

Questa pratica è utilizzata anche da parte di alcuni dei cosplayer europei come Maul Cosplay o Kamui Cosplay, come da loro stessi dichiarato. Tuttavia, sarebbe impensabile per tutti i cosplayer al mondo chiedere il permesso per indossare ognuno dei propri costumi ai creatori degli stessi. Si spera quindi che tutti gli appassionati che praticano questo hobby con il solo scopo di partecipare alle fiere non vengano toccati da queste possibili leggi.

Se però vogliamo fare un’analisi un po’ più approfondita del cosplay come fenomeno, non possiamo di certo dire che i più famosi nel campo abbiano guadagnato la loro popolarità per un solo cosplay. Più che altro, ciò che rende celebri alcuni di loro sono le proprie abilità nella creazione dei costumi, nella loro interpretazione e non nel personaggio che hanno scelto in sé. La stessa questione può riguardare le foto che molti di loro vendono: i loro fan non acquistatno gli scatti per i personaggi che interpretano, per quello basterebbe comprare un poster. Queste foto sono richieste per ciò che il cosplayer è riuscito a creare, esibendo così diverse abilità e magari vendendo anche il processo creativo per farli, come ad esempio tutorial e pattern.

Si può quindi definire il cosplay come una sorta di fanart, dato che in ogni costume creato ci sarà sempre il tocco personale del cosplayer, pur rappresentando un dato personaggio ben preciso. A questo punto però, non si dovrebbero più regolamentare solo i cosplayer, ma anche tutti quei creativi che hanno un ritorno economico grazie ai personaggi creati da altri. Basti pensare agli artisti, che magari vengono conosciuti per aver disegnato un certo personaggio con il proprio stile e di conseguenza vendono le proprie abilità sotto commissione degli acquirenti. Non solo, chiunque crei fanzine (pubblicazioni personali e non ufficiali) rientra nella categoria fanart, ma dovrebbe essere regolamentato esattamente come i cosplayer per aver utilizzato dei personaggi creati da altri. Perfino gli streamer, che guadagnano semplicemente giocando ai videogiochi potrebbero essere compresi nella violazione di copyright, dato che non hanno creato loro quei giochi! Dunque dove verrebbe tracciata la linea per separare chi viola i diritti d’autore da chi non lo fa?

Collaborazioni e pubblicità

C’è anche un altro punto da tenere in considerazione: molti videogiochi hanno acquistato il proprio successo grazie anche (e in alcuni casi soprattutto) ai cosplayer che hanno deciso di vestire i panni dei protagonisti. Basti pensare a Horizon Zero Dawn e ai kit per i cosplayer estremamente dettagliati creati appositamente da Guerrilla Games, o anche solo alla Blizzard e a tutte le gare ed i contest che organizzano annualmente al Blizzcon.

Sia i cosplayer che le case di produzione ci guadagnano sia in pubblicità gratuita che in ritorni monetari, quando viene dato il via ad una collaborazione di questo tipo, aprendo il prodotto ad un mondo così vasto e creativo come quello del cosplay. Specialmente sui social media come Instagram e TikTok, i cosplayer riescono a far diventare un prodotto virale, data la loro portata di followers, cosa che spesso le campagne di marketing non riescono a fare. Se dovessero esserci delle restrizioni in tal senso, le case di produzione che intendano impugnare queste leggi andrebbero in contro a delle importanti ripercussioni in cui rischierebbero anche di perdere gran parte dei propri compratori, che finirebbero col boicottarli per non incappare in qualche spiacevole causa legale.

In conclusione

Non è ben chiaro come si evolveranno le cose, dato che non è la prima volta che in Giappone si pensa ad una regolamentazione a riguardo. Il governo del paese asiatico ha avanzato anche l’ipotesi di un database che racchiuda tutte le informazioni per contattare i proprietari delle varie creazioni, in modo da semplificare la richiesta di utilizzo da parte dei cosplayer, accennando anche alla possibilità di un pagamento per i diritti d’immagine.

Tuttavia, non sembra che la cosa sia destinata a risolversi in breve tempo. Se siete quindi dei semplici appassionati che fanno del cosplay un hobby del tempo libero, non preoccupatevi e continuate a creare i vostri costumi!

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