SSD mSATA, l'hard disk diventa minuscolo

Recensione - Test e analisi del Samsung MZMMPA064, il nuovo SSD mSATA dell'azienda coreana.

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a cura di Patrick Schmid e Achim Roos

Introduzione

Pochi anni fa nessuno si sarebbe preoccupato del formato di un supporto d'archiviazione. In passato c'erano gli hard disk tradizionali da 3,5", usati in server e desktop, e quelli da 2,5" per i notebook. C'erano anche dischi da 1,8" e 1" (IBM Microdrive) destinati ai dispositivi più piccoli.

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Nel corso degli ultimi anni sono cambiate molte cose. Oggi i dischi da 2,5" hanno conquistato i data center, grazie a una maggiore densità dati, migliori prestazioni e consumi più contenuti. Inoltre le dimensioni più piccole rendono più facile anche la gestione termica. Gli SSD hanno poi dato il colpo di grazia ai dischi da 3,5 pollici, che sono ormai avviati a un declino inevitabile. Ma quanto possiamo ridurre le dimensioni senza sacrificare prestazioni, capacità e flessibilità?

La Serial ATA International Organization ha annunciato nel settembre 2009 il formato mSATA, che sta per mini-SATA.  Non ha nulla a che fare con il micro connettore per interfacciarsi con hard disk da 1,8". È basato sull'interfaccia fisica mini PCI Express, ma lavora con il segnale elettrico convenzionale SATA 3 Gb/s.

Un prodotto mSATA è l'SSD Intel 310, e troverete lo stesso formato fisico nei MacBook Pro (anche se non è compatibile con l'mSATA). Intel ha adottato recentemente lo standard e Samsung sta lavorando per offrire un numero maggiore di queste unità all'industria: crediamo che lo standard mSATA abbia reali possibilità di essere ampiamente adottato.

Perché l'mSATA è necessario?

Bella domanda. Dopotutto abbiamo già visto che è possibile usare i collegamenti PCI Express per collegare memoria flash e un controller SATA sullo stesso piccolo PCB. Potrebbe essere un buon approccio quanto si tratta di prodotti ad alte prestazioni come il RevoDrive di OCZ, ma solo su un desktop.

Se si prendono in considerazione notebook, netbook o tablet allora bisogna dare rilievo alla massima integrazione. Ad oggi nei notebook troviamo tre o quattro chip al massimo: processore, chipset, wireless ed eventuale chip grafico dedicato; ma i futuri design mirano a ridurre questo numero per contenere i costi.

Usare un SSD che richiede un proprio controller aggiungerebbe quindi una complessità decisamente non necessaria. Sarebbe anche difficile integrare un dispositivo di archiviazione mini PCI Express con sistemi come il chipset Z68 Express, che permette di usare gli SSD come cache.

I drive mSATA permettono (ma non è l'unica possibilità) di usare un piccolo SSD come cache anche su un computer portatile, ed è anche a questo che servono i drive Intel e Samsung.