Noir addio

Recensione di Max Payne 3, gioco d'azione in terza persona di Rockstar Games.

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a cura di Manolo De Agostini

Noir addio

New York, scene d'intermezzo a fumetti e stile noir: Rockstar Games ha preso i punti cardine dei primi due titoli e li ha gettati nel cestino della spazzatura.

A prima vista un'eresia, ma più che irriconoscenza è da vedersi solo come una pura scelta di rilancio: i primi due capitoli avevano più o meno chiuso una storia e non serviva a nessuno un copia e incolla di quanto fatto in passato. Perciò Rockstar Games ha fatto tabula rasa ed è ripartita da una nuova storia, da una nuova ambientazione e dal suo stile, che ricorda l'ultimo Grand Theft Auto, quanto ad atmosfere e scene d'intermezzo.

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Per chi come noi ha amato i primi due titoli, il cambiamento lascia sulle prime un po' disorientati. Luci stroboscopiche, discoteche, belle donne e canzoni sudamericane. Max è in Brasile a fare la guardia del corpo al riccastro di turno, Rodrigo Branco, e di giorno è vestito con gessati degni di un damerino. Dov'è finito il vecchio impermeabile nero?

Sotto le spoglie di un Max all'apparenza ripulito però c'è un uomo la cui vita corre sul filo del rasoio. La sera, quando le luci si spengono, tornano i ricordi e Max finisce puntualmente sbronzo e impasticcato, chino sul tavolino del suo squallido appartamento. Sarà proprio questa sua "amicizia" con l'alcol a impedirgli di proteggere Fabiana, la moglie di Rodrigo Branco, da una gang delle favelas chiamata Commando Sombra, che la rapisce.

Da lì parte l'azione vera e propria, con colpi di scena che si susseguono senza sosta. E, grazie a qualche intermezzo (giocato) a New York per spiegare il legame di Max con l'amico poliziotto Raul Passos e il suo sbarco a San Paolo, il gioco inizia a entrare nel vivo e a conquistarci sempre più.