Aggiornamenti e alleanze

Tra il 2010 e il 2011 Android subì una profonda trasformazione. Le versioni per tablet e smartphone, che erano separate, furono fuse in una sola. Cominciò a farsi sentire la presenza di una rinnovata attenzione al design, e furono introdotti nuovi prodotti come il Galaxy Nexus o il primo Samsung Galaxy Note.

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a cura di Tom's Hardware

Aggiornamenti e alleanze

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Jerry Hildenbrand di Android Central ricorda la Google I/O del 2011, in particolare quando fu annunciata la Android Update Alliance. Per chi non lo ricordasse, con essa Google, i produttori di telefoni e gli operatori "promettevano" che i terminali sarebbero stati aggiornati per 18 mesi.

Naturalmente non è mai successo nulla del genere. Non poteva succedere, per il modo in cui viene distribuito Android, e probabilmente non succederà mai.

Android non è come iOS di Apple, con una sola azienda che progetta l'hardware e il software. E non è come Windows, dove chiunque può creare hardware ma il software è prodotto da Microsoft. Android è diverso, sostanzialmente alcune milioni di linee di codice distribuite gratuitamente.

Google non ha controllo su chi potrebbe scaricare il codice sorgente, per poi modificarlo in qualcosa che si può a malapena riconoscere e installarlo sullo smartphone che ha costruito. Ciò che può fare Google è dire alla società che può installare le applicazioni e i servizi di Google (anch'essi gratuiti) solo se il dispositivo soddisfa alcuni requisiti di compatibilità. Molte aziende trovano questo accordo vantaggioso mentre altre, la più famosa è Amazon, preferiscono usare una propria versione di Android senza servizi o applicazioni Google. Ciò che Google non può fare, invece, o non vuole fare è cambiare idea mesi dopo e dire "non hai aggiornato all'ultima versione, quindi restituiscici le nostre cose".

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Ecco perché la Android Update Alliance non poteva funzionare, perché dipendeva da persone che avrebbero dovuto mantenere promesse fatte prima di iniziare a contare i soldi. Le aziende fanno profitto vendendo nuovi telefoni con la nuova versione installata. Ma non guadagnano nulla spendendo tempo e risorse sui modelli più vecchi, che sono già stati pagati.

Eppure la Android Update Alliance fu importante, perché si cominciò a parlare dell'argomento e le persone iniziarono ad aspettarsi e pretendere software aggiornato. Le società coinvolte, compresa Google, sapevano che i clienti si aspettano aggiornamenti frequenti, e per questo iniziarono progressivamente a cambiare il meccanismo degli update. Per esempio le applicazioni integrate sono state separate dal sistema operativo e "spostate" in Google Play proprio per questo. E lo stesso vale per gli aggiornamenti di sicurezza, che Google può installare anche sugli smartphone che non vende direttamente, tramite aggiornamenti mensili che i produttori possono facilmente integrare sulle loro versioni.

Questo fenomeno spinse anche aziende come Motorola o Samsung a pubblicare aggiornamenti principali con troppa fretta, e il risultato fu negativo. Un errore necessario per imparare a gestire questa novità, e con un po' di fortuna ce lo possiamo lasciare alle spalle.

A conti fatti, la Update Alliance non mantenne le promesse. Ciò non significa che fosse una cattiva idea in termini assoluti, o che le aziende coinvolte volessero esplicitamente infrangere le promesse. Era semplicemente una di quelle idee che sembrano fantastiche sul primo momento, ma che poi si rivelano quasi impossibili da mettere in pratica. Ci furono però alcuni cambiamenti ben progettati e ben pianificati che resero più semplice il processo di aggiornamento.