Il futuro di Star Wars sono le serie, non il cinema

Dagli annunci del D23 Expo, emerge un interrogativo: il futuro di Star Wars è nelle serie e non più al cinema?

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a cura di Manuel Enrico

Non poteva certo mancare una ricca presenza di Star Wars al D23 Expo, l’annuale evento in cui Disney svela piani e anticipazioni sulle future avventure delle sue principali IP. Durante il panel dedicato alla galassia lontana, lontana si è parlato con un certo trasporto delle future produzioni del franchise, passando dalla terza stagione di The Mandalorian, a oggi la serie di maggior successo di Star Wars, alle produzioni animate come Tales of the Jedi o la seconda stagione di The Bad Batch. L’hype per tutti questi annunci, però, non deve farci sorvolare su un aspetto particolarmente interessante: non si è parlato di nuovi film. Quasi tutte le produzioni legate a Star Wars, infatti, sembrano essere destinate a Disney+, il servizio streaming del colosso dell’entertainment, un dettaglio che spinge a chiedersi se il futuro di Star Wars non siano proprio le serie.

L’ultimo film sul grande schermo della saga è L’Ascesa di Skywalker, capitolo conclusivo della Trilogia Sequel avviata con Il Risveglio della Forza. Pur comprendendo come LucasFilm sia abbastanza tiepida all’idea di tornare al cinema dopo l’accoglienza non proprio esaltante della Trilogia Sequel, l’assenza di notizie in merito a nuove pellicole della saga si presenta come un segnale importante. Considerata anche la non eccellente performance di prodotti come Obi-Wan Kenobi e The Book of Boba Fett, siamo sicuri che la serialità debba essere la Via per il futuro di Star Wars?

Dagli annunci del D23 Expo, emerge un interrogativo: il futuro di Star Wars è nelle serie?

L’era dello Star Wars cinematografico

Quando nel 1977 George Lucas rivoluzionò il modo di intendere la fantascienza con Star Wars, il mondo dell’entertainment era profondamente diverso. Sul finire degli anni ’70, la New Hollywood di Scorsese, de Palma, Spielberg e Lucas stava mostrando un nuovo modo di intendere il cinema, diverso da quanto visto in precedenza sia per stilemi narrativi che per tecniche realizzative. Se cult come Lo Squalo o Apocalypse Now puntavano principalmente a una concezione narrative di rottura sul piano del racconto, con Una Nuova Speranza Lucas fece molto di più.

Già in precedenza produzioni come Star Trek avevano mostrato che era possibile raccontare un’altra fantascienza, lontana dalle paure che nei decenni precedenti avevano portato alla creazione di storie dai toni cupi e con la presenza costante di una minaccia aliena, metafora del nemico reale degli States. Lucas decise, dopo l’esperimento con THX-1138, di abbandonare questa visione opprimente, affidandosi a una storia basata sui personaggi, capace di mostrare ironia e speranza, cogliendo anche aspetti da epica tradizionale, mutuati dalle opere che avevano contribuito alla formazione stessa del regista californiano, come La Fortezza Nascosta di Kurosawa. A questo, Lucas aveva unito la presenza di una nuova modalità di intendere anche il racconto visivo, facendo progredire non poco la tecnologia degli effetti speciali, che furono uno dei tratti di maggior impatto per Star Wars.

A sostenere questo sforzo titanico, era anche la concezione del periodo che il cinema fosse il medium di prestigio dell’immaginario cinematografico, mentre la serialità televisiva era vista come un intrattenimento prettamente domestico e meno remunerativo e di impatto sul grande pubblico. La serialità era profondamente diversa rispetto a quella odierna, la vasta offerta portava a una vita piuttosto breve di alcune produzioni che difficilmente andavano oltre le tre stagioni, salvo rare eccezioni come cult dal calibro di A-Team, Supercar o McGyver (che per l’epoca raggiunse il ragguardevole traguardo delle sette stagioni), mentre era più probabile una vita media di una stagione sola, come nel caso di Automan o Manimal. Facile quindi comprendere come il successo al cinema divenisse immediatamente un motore incredibile per consolidare un brand, tanto che Star Wars divenne anche uno dei primi casi di fenomeno culturale associato a un merchandising imponente.

L’uscita prima di altri capitoli (L’Impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi) e di una Trilogia Prequel (La Minaccia Fantasma, L’Attacco dei Cloni e La Vendetta dei Sith) continuava a consolidare il feeling tra Star Wars e il grande schermo. Ma i fan, nei lunghi anni di assenza al cinema della saga, avevano continuato a seguire l’evolversi di questo universo su altri media, dai romanzi ai fumetti, senza dimenticare il comparto videoludico. Questo aveva contribuito a radicare nel fandom la convinzione che ci potesse essere molto di più oltre alla famiglia Skywalker in Star Wars, altre storie, altre avventure.

E improvvisamente, i film potevano non essere più sufficienti.

Serie TV: da intrattenimento minore a nuova frontiera dell’entertainment

Prima di arrivare alla serialità di Star Wars, meglio ricordarsi che Lucas aveva già provato a portare nel comparto televisivo un altro progetto a lui caro: Indiana Jones. Tra la Trilogia Classica e la Trilogia Prequel, infatti, il buon Lucas si era imbarcato nella realizzazione de Le avventure del giovane Indiana Jones, una produzione titanica e di alto budget, per l’epoca, con cui aveva raccontato infanzia e adolescenza del suo avventuroso archeologo. Questo passaggio, specialmente in un periodo in cui il rapporto tra spettatori e serialità stava mutando verso una maggior interazione, ha fatto da apripista non solamente a una nuova visione della realizzazione tecnica del racconto, ma è stato anche un primo passo verso la concezione di un racconto crossmediale che rendesse anche il piccolo schermo maggiormente attivo nella definizione di un complesso universo narrativo come quello di Star Wars.

Ben prima dell’arrivo di Disney nella galassia lontana, lontana, si era tentato di avvicinare il pubblico più giovane con due esperimenti di animazione, Droids e il più celebre Clone Wars. Lontani dalla moderna visione seriale della saga, queste due serie animate avevano comunque gettate il seme di una narrazione crossmediale che contribuisse ad ampliare la galassia di Star Wars, andando ben oltre i confini della sala cinematografica.

Le successive uscite cinematografiche della saga, specialmente nel periodo post-disneyano nato con Il Risveglio della Forza, sembrano aver mostrato un limite dei film della saga. Scritture poco ispirate e, soprattutto, un diverso gusto della fruizione delle proprie saghe preferite dal pubblico si sono rivelate dei punti deboli dell’evoluzione della saga, che cercando di riparare in alcuni casi con opere derivate come fumetti e romanzi, ha comunque rischiato di perdere parte del proprio pubblico cinematografico, rimasto parzialmente escluso da quel gap temporale di trent’anni creatosi tra Il Ritorno dello Jedi e Il Risveglio della Forza.

Quello che pareva essere un problema, si è invece rivelato una golosa opportunità con il dilagare dello streaming, sostenuto dalla nuova passione del pubblico per la serialità. Ben prima dell’avvento dello streaming, il concetto stesso di serialità era cambiato, imponendosi sempre più come una più che valida alternativa al grande schermo. Nel comparto della sci-fi, serie come X-Files, Star Trek: The Next Generation o Battlestar Galactica, affiancate da amati titoli di altro genere come Twin Peaks o crime story del calibro di Law & Order, avevano dimostrato come la narrazione seriale, grazie ai suoi tempi più generosi, potesse rivelarsi perfetta non solo per dare pieno respiro a una continuity, ma anche a mostrare una possibilità economica rispetto ai decenni precedenti. E più budget, significa migliori effetti speciali e una produzione di qualità tale da poter rivaleggiare con il cinema. Al culmine di questa progressiva evoluzione della concezione di narrazione seriale, arriva infine lo streaming, che cambia ulteriormente la percezione della fruizione di contenuti seriali.

Se la serialità tradizionale imponeva un’attesa spesso di una settimana per un nuovo episodio, e la visione rigorosamente domestica della nostra serie preferita, lo streaming ha rappresentato il passo evolutivo successivo. Servizi come Netflix hanno fatto del binge watching, ossia la visione fiume di intere stagioni, il proprio tratto distintivo, oltretutto non più vincolato alla fruizione domestica, ma anche mobile, tramite smartphone o altri dispositivi mobili, che ha ulteriormente avvicinato la serialità alla nostra dimensione quotidiana. In Disney, questo evolversi della serialità ha spinto alla creazione di un proprio servizio streaming, Disney Plus, che oltre a vantare un catalogo di IP già disponibili, ha richiesto la creazione di nuovi contenuti ad hoc, un’esigenza che ha spinto i vertici della casa di Topolino a guardare a una delle loro IP di maggior richiamo: Star Wars.

Disney+: la serialità è la nuova Via per Star Wars?

La disponibilità di una piattaforma streaming proprietaria se da un lato consente a Disney di potere trattare in modo autonomo le proprie IP, dall’altro richiede una continua produzione di contenuti che soddisfi le richieste dei sottoscrittori. La disponibilità di franchise cari al pubblico, come il Marvel Cinematic Universe e lo stesso Star Wars, ha fornito una ricchezza di materiale che, grazie anche la dimensione della narrazione seriale, può trovare un’identità affascinante, che ben si adatta alla necessità di espandere contesti narrativi ben oltre il grande schermo.

Non è un caso che il primo prodotto di richiamo di Disney+ sia stato The Mandalorian, serie live action di Star Wars che ha stabilito un precedente: Star Wars non è solo cinema. Se i fan più fedeli del franchise erano già abituati a questo dogma, in quanto fruitori della ricca produzione crossmediale della saga, questo passaggio al piccolo schermo ha rappresentato sia un invito ad appassionati più casual, che un ideale punto di ingresso per una nuova tipologia di spettatori. La serialità, d’altronde, è diventata una modalità di intrattenimento fortemente radicata nella cultura contemporanea, al pari del cinema, come dimostrato da titoli come Stranger Things, Lost, Game of Thrones o Breaking Bad, giusto per citare i più celebri degli ultimi anni. Una crescita figlia di una scrittura più consistente rispetto al passato, accompagnata da budget sempre più generosi che hanno consentito di portare sul piccolo schermo veri e propri spettacoli mozzafiato sul piano realizzativo. In una simile cornice, non poteva certo mancare una saga come Star Wars, che da sempre ha rappresentato un apripista nell’evoluzione del racconto visivo.

A rendere ancora più centrale la serialità nel futuro di Star Wars è anche la generosità dei tempi narrativi rispetto a un semplice film. In una stagione televisiva, infatti, si ha il giusto tempo di sviluppare i personaggi, di creare una trama che non sia iper-accelerata per rimanere nei confini dei tempi cinematografici, ma che sappia coinvolgere maggiormente lo spettatore. Sotto questo aspetto, The Mandalorian, per quanto sostenuto da un innegabile supporto di fan base, ha dimostrato come un contesto narrativo fertile quale è Star Wars possa trovare proprio nella serialità una nuova Via, per parafrasare il motto dei mandaloriani.

Mettiamoci anche che i non convincenti exploit della Trilogia Sequel hanno creato una certa sfiducia nel pubblico, ed è facilmente comprensibile come una produzione seriale, inserita all’interno di un servizio che annovera altri apprezzati franchise, sia una sorta di win-win, per lo spettatore quanto per la major. Se per Disney spostare l’attenzione dei fan dal grande schermo al proprio servizio streaming significa monetizzare maggiormente in abbonamenti, per lo spettatore questa transizione è quasi indolore, considerato come la percezione delle serie tv sia oramai considerata un aspetto quotidiano, usufruibile praticamente ovunque. Tuttavia, questa nuova cultura della serialità ha portato anche a una nuova consapevolezza da parte dello spettatore medio, che oggi ha una richiesta ben precisa in termine di qualità.

Lo hanno capito anche in Disney, dove l’entusiasmo per i risultati di The Mandalorian sono stati ridimensionati dalle tiepide accoglienze per The Book of Boba Fett e Obi-Wan Kenobi. Soprattutto quest’ultima, trattando di uno dei personaggi più amati della saga, ha affrontato un minuzioso scrutinio, dove narrazione e tecniche realizzative sono state spietatamente disaminate e giudicate poco convincenti. Non una battuta d’arresto per il futuro seriale di Star Wars, ovviamente, ma un punto su cui ragionare per i prodotti successivi, visto che i prossimi anni, come accaduto per la Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe, sembrano volerci dare sempre più Star Wars sul piccolo schermo e meno al cinema.

Dopo gli annunci del San Diego Comic-Con e del D23 Expo, sembra infatti evidente che LucasFilm abbia trovato nella serialità il futuro di Star Wars. Scelta meritoria, che porta a sperare in una valorizzazione delle potenzialità del medium, in primis tempi narrativi, che consentirebbero non solo di andare a coprire momenti mai affrontati prima della saga, ma anche di dare vita a capitoli della saga che consolidino quanto già noto, dando ulteriore consistenza al Canon nato con Il Risveglio della Forza. Una speranza che sarà messa subito alla prova a fine settembre con Andor, ma che nei mesi a venire avrà modo di mostrare la propria validità sia nell’ambito dell’animazione (Tales of the Jedi, The Bad Batch) che in quello live action (Ahsoka, The Acolyte, Skeleton Crew). Star Wars è nata e ha raggiunto la fama sul grande schermo, ma sembra oramai evidente che la sua evoluzione sia nella serialità, in attesa di poter tornare nuovamente al cinema con un capitolo che renda pieno onore allo spirito del franchise.

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